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Management. Dai valori al valore: la strada italiana

Massimo Folador mercoledì 19 maggio 2021

Non è facile entrare nell’ordine delle idee, come abbiamo visto nell’ultima rubrica (www.avvenire. it/economiacivile), che non sempre l’utile di un’azienda può essere utile all’azienda stessa e che il profitto, per essere tale, dovrebbe risultare veramente 'pro' qualcuno, 'pro' qualcosa. Tuttavia la storia di alcune aziende lo testimonia e serve partire da questa constatazione per comprendere la parola che ci aiuterà ulteriormente in questo passaggio: 'valore'. Il termine italiano è pressoché simile a quello latino, 'vale', e sottolinea per l’appunto qualcosa che ha valore e a cui teniamo particolarmente. Non per niente con la stessa parola indichiamo anche i gioielli, oggetti per noi 'preziosi' perché racchiudono in sé un valore economico ma anche affettivo e relazionale, tema cardine quest’ultimo della stessa parola. Ma il termine antico ha in sé un altro significato, "stare bene", ed è in virtù di questa accezione che chiamiamo 'valori' alcuni indicatori chiari ed inequivocabili del nostro stato di salute, riferimenti importanti che ci possono dire in anticipo se il futuro ci porterà serenità o grattacapi. Fare riferimento a questi valori ci porta a fare scelte ben precise, di breve e lungo termine, per mantenere il nostro benessere e quello delle persone che ci vivono accanto. I 'veri' valori infatti sono sempre ravvisabili dal grado di benessere individuale e collettivo che contribuiscono a realizzare nel tempo. Dunque la stessa parola letta al singolare indica qualcosa che va oltre la dimensione economica e ha in sé un alto grado di desiderabilità; al plurale invece possiamo dire indichi quel novero di principi che orientano e guidano i nostri comportamenti al raggiungimento di qualcosa di valore: per noi, per le nostre imprese, la società, l’ambiente. Penso a tante aziende familiari con le quali ho avuto il piacere di lavorare, capaci di produrre negli anni un valore economico sostenibile, grazie anche alla capacità di creare relazioni positive con tutti i 'portatori d’interesse', a partire dai membri della stessa famiglia. Accanto ad altre, attraversate da conflitti insanabili causati spesso da valori non condivisi e destinate ad alienare la proprietà o a soluzioni drastiche, per non mettere a repentaglio il lavoro di una vita. Aziende che hanno a lungo prodotto utili ma che, alla luce dei fatti, non hanno creato valore. Quali 'valori' hanno orientato le scelte delle prime e quali "disvalori" quelle delle seconde? Nei nuovi modelli economici giustamente si parla di valore economico ma anche sociale ed ambientale e si pone l’accento sulla necessità di orientare le scelte strategiche e operative verso l’equilibrio di queste tre dimensioni. Ma è possibile sviluppare un valore economico sostenibile senza farsi guidare dai valori, che ne sono il presupposto e lo supportano? Una prima risposta è già nel titolo di questo articolo: 'Dai valori al valore'. La stessa parola che diventa causa ed effetto, origine e risultato. La domanda allora sorge quasi spontanea: quali valori serve vivere in azienda perché il risultato economico possa diventare valore economico e renda sostenibile lo sviluppo di un’impresa? È possibile mantenere un’attenzione costante all’ambiente e alle persone - siano esse collaboratori, clienti, fornitori, comunità locale - senza avere cura del primo e avere care le seconde? Quali vecchi e nuovi valori guideranno le imprese di domani? 'La via italiana alla ripresa' è il sottotitolo dell’ultimo libro 'Verso un’economia integrale' nel quale con Giuseppe Buffon provo a raccontare i valori che hanno guidato per secoli la storia dell’economia italiana, contribuendo allo sviluppo del 'bel paese'. Il presupposto è la consapevolezza che non è possibile realizzare un valore che dura nei secoli come quello che l’Italia offre al mondo, senza che a monte ci siano dei presupposti ben precisi. Gli stessi che a nostro avviso animeranno la vera sostenibilità delle imprese. La prossima parola-guida.

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