Economia

Automotive. Serviranno 26 anni per svecchiare il parco auto italiano

Redazione Economia mercoledì 27 marzo 2024

La produzione di Fiat Pandina a Pomigliano d'Arco

Un parco auto datato che si rinnova molto lentamente. L'Italia fanalino di coda in Europa quando si parla di transizione green. "Il parco circolante in Italia è uno dei vecchi d'Europa, quasi un quarto del parco circolante è ante euro 4 con un'età media di 12,5 anni: con dimensione del mercato attuale attorno a 1,6 milioni ci vorrebbero 26 anni per sostituirle, è un problema piuttosto serio sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista della sicurezza" è l'allarme lanciato da Andrea Cardinale dell'Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri) in audizione in Senato sullo stato dell'automotive in Italia.

Secondo l'associazione dei costruttori esteri, il parco circolante ha in Francia una media di 11 anni, in Germania di 10,1, e nel Regno Unito di 8,6. In passato i numeri erano più incoraggianti, con un'età media in Italia di 7,9 anni ma dopo il fallimento Lehman Brothers e la conseguente crisi del 2008 c'è stato un rallentamento consistente delle vendite. Va ancora peggio negli altri comparti con un'età media dei commerciali leggeri di 18 anni, dei veicoli industriali 14,5 anni, degli autobus 11,6 e di 17 anni dei rimorchi.Nei prossimi anni l'Unrae non vede il ritorno a 2 milioni di immatricolazioni. "I numeri delle immatricolazioni mostrano che siamo ancora nei grandi mercati ma siamo ancora molto lontani dai livelli del passato - 1,6 milioni contro i 2,5 milioni di immatricolazioni degli anni precedenti" ha detto Cardinale.

Lontani anni luce anche i livelli produttivi del passato perché l'Italia produce poco più di mezzo milione di vetture, la Germania 4,1 milioni, nonostante sia in forte calo e la Spagna 2 milioni. Per questo "se confrontiamo le dimensioni del mercato con le dimensioni della nostra capacità produttiva è evidente che c'è un'enorme potenziale non saturato tra quello che produciamo e quello che immatricoliamo in Italia, tenendo conto che esportiamo 413.000 vetture, quindi non tutto quello che produciamo in Italia viene immatricolato". Alla luce di questa situazione, ha concluso Cardianle "c'è ampio spazio per produrre di più anche e non solo da parte del costruttore cosiddetto nazionale".

L'Italia è molto indietro sulla diffusione di auto elettriche: nel primo bimestre del 2024 l'elettrico puro è al 2,7% e l'ibrido al 3% mentre negli altri paesi sono a livelli decisamente superiori, addirittura a doppia cifra, pari in media al 12,5%, anche a causa di incentivi italiani molto più tardivi e meno ingenti. L'Unrae ha rilevato che gli incentivi sono stati introdotti in Francia da 15 anni, in Spagna da 14 anni, nel Regno Unito da 13 anni, in Germania da 8 anni e in Italia solo da 5 anni. E dopo due anni di importi per altro abbastanza timidi in termini di importi unitari, nel 2022 gli incentivi sono stati affossati perché sono state escluse le aziende, vero motore della transizione ecologica. Per questo in due anni sono stati infatti accumulati 600 milioni di incentivi non spesi. Il responsabile dell'Unrae ha spiegato che i paesi leader della transizione energetica nel 2023 sono arrivati a una penetrazione del 40,4% dell'elettrico mentre l'Italia l'anno scorso si è fermata al 4,2%. Uno dei problemi è il costo elevato delle auto e a tal proposito "il nuovo schema di incentivi messo a punto dal governo va sicuramente nella giusta direzione", ma le modifiche sono state preannunciate a dicembre 2023, poi ufficialmente presentate a febbraio e ad oggi il Dpcm è ancora alla firma dei ministri. "Si è quindi creato l'effetto annuncio con il consumatore che sta aspettando che i nuovi incentivi diventino operativi e si è creata cosi una paralisi del mercato che sta diventando un problema sempre piu serio" ha aggiunto Cardinale.

Secondo l'Unrae inoltre le infrastrutture devono essere capillari ma anche distribuite omogeneamente sul territorio nazionale perché oggi c'è un gap sostanziale tra nord e sud. L'associazione chiede infine di prevedere per le infrastrutture private di ricarica fast un credito d'imposta del 50%. E propone per le auto aziendali di modulare la detraibilità dell'Iva, che oggi è al 40%, in base alle emissioni, e di considerare detraibili anche i rimborsi per la ricarica come sono i rifornimenti di carburante per i dipendenti.