Economia

La crisi di Atene. Tsipras ha i voti. Non il partito

Giorgio Ferrari mercoledì 15 luglio 2015
«Questo accordo – dice Alexis Tsipras in un’intervista televisiva – è migliore rispetto a quello del 25 giugno: prima si parlava di 18 miliardi per 5 mesi e poi un nuovo piano di austerità, ora dopo il referendum ci siamo assicurati entrate maggiori e stiamo parlando di crescita. Quando ho fatto il referendum ero convinto che gli europei ci avrebbero dato un po’ di tempo. Non sono stati molto buoni, sono stati un po’ vendicativi». «L’Italia ha insistito ad aiutarci. Non mi sono sentito solo», ha dichiarato Tsipras aggiungendo che la Grecia è stata appoggiata anche da Francia, Cipro e Austria. «La verità – spiega il premier – è che Troika o no avremmo dovuto affrontare il nodo delle pensioni. Non è normale che una persona vada in pensione a 45 anni e che le madri vadano in pensione 15 anni prima dell’età prevista ». Ed è questa è la battaglia più difficile per Tsipras: convincere il partito ad approvare un piano in cui lui stesso, come ha ammesso ieri, non crede («l’ho firmato solo per evitare un disastro al Paese»), per quanto sia determinato ad applicare i termini dell’intesa. Perché Syriza è spaccata e i numeri in Parlamento non ci sono.  Ma arrivano i soccorsi. Il voto di To Potami è assicurato. «Voteremo secondo gli impegni assunti con i nostri alleati», fanno sapere i centristi. Il leader Stavros Theodorakis ha invitato i deputati di tutti i partiti ad agire con responsabilità. Se dunque aggiungiamo la falange di Nea Demokratia e del Pasok, il confronto parlamentare di oggi dovrebbe garantire al premier Tsipras una rassicurante maggioranza tale da approvare le misure – è il caso di dirlo – draconiane richieste dall’Eurogruppo affinché la Grecia, benché ridotta sostanzialmente a un protettorato, continui a esistere. Un mezzo appoggio viene anche dai greci indipendenti di Anel.  Non c’è invece concordia all’interno di Syriza. A cominciare dalle dichiarazioni di Yannis Varoufakis. Il problema di Tsipras è convincere i suoi ad approvare il piano di pesanti tagli di spesa e gli aumenti fiscali e soprattutto i 50 miliardi di euro di asset greci da privatizzare. L’ala più oltranzista della coalizione guidata dal ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis gli chiede di «ripudiare l’intesa con i brutali ricattatori e assassini finanziari, perché questo è un nuovo memorandum che distruggerà la Grecia e noi lotteremo per non farlo passare». In tutto almeno una trentina di parlamentari di Syriza voteranno quasi sicuramente contro il pacchetto di misure. A Tsipras basterebbero anche solo 45 voti sui 149 disponibili, perché il sostegno dell’opposizione sarebbe sufficiente a garantirgli la maggioranza. Ma c’è chi, come il capogruppo Nikos Filis, esorta i deputati a sostenere Tsipras per evitare che Syriza diventi «la parentesi di sinistra al potere e per non fare il gioco del nemici di Atene», definendo ciò che è avvenuto a Bruxelles «un colpo di Stato». C’è aria di un rimpasto di governo, dopo il voto di oggi. Gli scenari possibili sono svariati. Si ipotizza una sorta di governo di scopo che reimbarchi l’opposizione, ma in compenso è escluso che Tsipras rassegni le dimissioni subito dopo aver ottenuto il voto favorevole del Parlamento. I sondaggi gli assegnano ancora un 40% di gradimento popolare. Mentre la città prende felpate contromisure anti-sommossa schierando reparti scelti attorno al Parlamento e alle sedi del governo (il rischio di una deriva violenta da parte delle frange più turbolente è palpabile anche perché lo stesso Tsipras ha annunciato che le banche potrebbe stare chiuse ancora un mese), una sottile certezza s’insinua fra gli ateniesi: la convinzione che ci saranno presto nuove elezioni. Con il duplice rischio di ritrovare le stesse facce che portarono la Grecia a sprofondare nella crisi – quelle del Pasok e di Nea Demokratia – o quelle nuove di Alba Dorata, che si proclama sicura di rimpiazzare Syriza nel cuore esasperato dei greci umiliati e sconfitti.