Economia

Talenti. Così si attraggono e trattengono in azienda

Maurizio Carucci martedì 26 dicembre 2023

Anche il volontariato in azienda attira i talenti

Le imprese italiane continuano ad avere difficoltà a trovare talenti. Secondo un'indagine condotta da Manpowergroup, il 75% dichiara di aver avuto qualche problema ad assumere candidati con le competenze richieste. Ben una su quattro afferma che è difficile individuare le giuste capacità informatiche (25%) e per quasi una su cinque ci sono problemi con le competenze nei reparti produttivi (19%). Seguono poi quelle ingegneristiche (17%), amministrative (16%) e logistiche (16%). Le aziende stanno valutando come non perdere i talenti già presenti e come attirarne di nuovi. Il 45% pensa di offrire maggiore flessibilità su luogo e orario di lavoro, il 22% considera di aumentare gli stipendi, il 20% ritiene di cercare possibili candidati tra i lavoratori più esperti. Quasi un’azienda su cinque (19%) ritiene vantaggioso mantenere in organico lavoratori non necessari al momento, pur di averli disponibili in prospettiva futura. Per il nuovo anno le priorità indicate dai datori di lavoro in ambito risorse umane sono le assunzioni in ruoli specializzati (per il 71% degli intervistati), il benessere dei propri dipendenti (per il 68%) e ottimizzare l’uso di lavoratori a tempo determinato e in somministrazione (65%). Per quanto riguarda le sfide poste da intelligenza artificiale e transizione ecologica, l’83% delle organizzazioni italiane sta riflettendo su come gestire le sfide legate ai nuovi lavori e mansioni dovuti allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il 23% pensa di formare il personale già in azienda e sempre il 23% vuole assumere nuovi professionisti qualificati. Il 17% ritiene di dover definire meglio quali mansioni possono trarre vantaggio dall’intelligenza artificiale e il 16% di dover capire quali competenze attuali dovranno essere aggiornate. Il 15% sta valutando se creare importanti programmi di formazione e aggiornamento per il proprio personale. Per quanto riguarda la transizione ecologica, la maggioranza delle imprese italiane pensa che gran parte delle competenze in ogni settore aziendale dovrà cambiare per adeguarsi a pratiche più sostenibili ed ecologiche. Per esempio, secondo i datori di lavoro italiani tutte le funzioni It e Operation dovranno mutare il 66% delle loro competenze tecniche, aggiornandole in chiave "verde". Per questo l'offerta di benefit aziendali diventa sempre più cruciale. Per Reverse si riconfermano al primo posto la flessibilità e il lavoro agile. Nel 100% dei casi risulta essenziale la presenza di smart working contrattualizzato per l’invio di un cv da parte del potenziale candidato e per la valutazione dell’offerta in fase avanzata del recruiting; anche la previsione di orario flessibile in azienda incide positivamente nell’attrarre nuovi talenti per l’84%. Ancora rilevante la possibilità di possedere l’auto aziendale, con incidenza confermata dal 68%, al 28% invece la presenza di supporto psicologico. Per quanto riguarda i benefit minori vengono apprezzati dall’80% dei candidati buoni acquisto e rimborso spese per i mezzi di trasporto. Il 90% degli intervistati conferma poi che la richiesta di flessibilità è al primo posto soprattutto per le figure junior e per le donne, spesso più restie nella richiesta di benefit materiali privilegiando invece la possibilità di avere più tempo per conciliare vita privata e lavoro. Le figure senior invece tendono a prediligere benefit economici come l’auto aziendale e incentivi assicurativi più sostanziali.

Millennial e Generazione Z, molto attenti ai valori aziendali

Millennial (nati tra il 1980 e il 1994) e Generazione Z (nati dal 1995-2010 in poi) sono molto attenti ai valori e alla mission dell’azienda per cui lavorano: entrare a far parte di ambienti inclusivi e stimolanti è per i giovani talenti una priorità. E le imprese? Il 18,6% riserva al talent management una funzione specifica e separata, il 36,52% dedica al tema un’attenzione parziale, mentre un terzo delle aziende fa attività di brand reputation, utilizzando leve quali la sostenibilità (prioritaria per il 41,6% delle imprese, non prioritaria per il 44,19%), la D&I (tuttavia per il 51,6% degli intervistati, per niente o non molto rilevante), un ambiente di lavoro piacevole e che include la diversità (il 17,27%) e, infine, la crescita delle soft skill (il 16,36%). Sono queste alcune delle evidenze che emergono dalla survey di Inaz e Business International. Alla domanda “in che modo cercate di migliorare il benessere dei talenti?” le aziende si dimostrano concentrate sulla formazione (32,65% delle risposte), mentre il 19,39% considera anche leve come il coaching e il supporto psicologico per i propri talenti. Più basse le percentuali con riferimento alle agevolazioni per azioni di well-being (11,22%) e opportunità di esperienze professionali internazionali (12,24%). E se per rendere i talenti protagonisti del successo aziendale si mettono in campo team building, job rotation e progetti di comunicazione interna (adottati da circa un quarto dei rispondenti), il 18,6% delle imprese ha attivato anche programmi di leadership mentoring e di reverse mentoring. Una domanda specifica riguarda la digitalizzazione per il talent management: dalle risposte emerge in modo chiaro che per le imprese italiane questo tema incide nella fase di attrazione (estremamente importante per il 16,28% degli intervistati e molto importante per il 32,56% che è molto importante) e acquisizione (per il 9,30% è estremamente importante e per il 39,53% è molto importante). Mentre un’indagine di Reverse che coinvolge un campione di 100 persone tra Millennials (circa il 57%) e Generazione Z (oltre il 34%) mette in luce come per gli intervistati l’impegno sociale da parte delle aziende sia importante e necessario nel medio-lungo termine. Infatti, nonostante l’84% delle persone non tenga inizialmente conto delle attività di volontariato nella scelta di un’azienda, il 73% ritiene che la presenza di tali iniziative rappresentino un valore aggiunto nella valutazione delle società. Il volontariato può diventare così un incentivo e un elemento di soddisfazione nel lavoro come attestato dall’87% delle persone che hanno partecipato ad iniziative di solidarietà: avere la possibilità di contribuire a queste attività non solo migliora la percezione dell’azienda, ma influisce positivamente sulle persone coinvolte, sia in termini personali sia in termini di competenze utili a livello professionale. Più in generale, il 96% delle persone coinvolte raccomanderebbe comunque l'adozione di questa pratica come norma generale nel contesto lavorativo.

Generazione Z, tra stipendio e lavoro dei sogni

In Italia, già il 20% del totale degli assunti appartiene alla Generazione Z. Per questo motivo Adecco approfondisce quali sono i motivi principali nella loro scelta del lavoro. Al primo posto, per distacco, lo stipendio, che raccoglie il 61% delle preferenze. Seguono a pari merito la volontà di fare un lavoro in linea con i propri studi e i propri interessi e il bilanciamento vita-lavoro, entrambi al 32%. Fra gli indicatori che riscuotono meno interesse, a sorpresa, emerge l’attenzione verso il dipendente, che si ferma al 12%. Ancora meno successo l’allineamento fra valori personali e aziendali, l’impegno verso la sostenibilità e l’ambiente, e i benefit aziendali proposti, tutti fermi al 9%. Buone performance ottiene invece il tema della flessibilità oraria, che è individuato come componente fondamentale per la scelta del lavoro dal 30%. Nonostante lo stipendio sia la motivazione principale delle scelte, la Generazione Z non rinuncia ai propri interessi e alla crescita professionale: ben sei su dieci sono infatti disposti ad accettare uno stipendio più basso per un ruolo gratificante e in linea con gli studi compiuti. Probabilmente anche per questa ragione ben il 74% dei giovanissimi che già lavorano si dichiarano soddisfatti della propria occupazione e ben il 40% afferma di aver proprio trovato il lavoro della vita. Più che sul lavoro, infatti, sembra che sia la ricerca dello stesso a creare preoccupazioni alle giovani generazioni: per il 68% questa ricerca viene effettuata con sentimenti negativi, legati principalmente a preoccupazione (38%), ansia (31%) o rassegnazione (12%). Per comprendere più nel dettaglio quali sono le leve che le aziende devono mettere in campo per attrarre i talenti della Generazione Z, la ricerca di Adecco ha inoltre evidenziato alcune differenze che intercorrono fra uomini e donne e fra le diverse aree geografiche. Sia per gli uomini che per le donne, lo stipendio è il primo fattore determinante nella scelta del lavoro, indicato al primo posto dal 63% dei primi e dal 60% dalle seconde. Le similitudini, tuttavia, finiscono qui. Al secondo posto, infatti, per il 31% degli uomini si trova la tipologia di contratto, mentre per le donne, nel 39% dei casi, la possibilità di fare un lavoro in linea con i propri studi e i propri interessi. Al terzo posto gli uomini mettono nel 29% dei casi la possibilità di fare carriera, mentre le donne il bilanciamento vita-lavoro, al 35%. Alcune altre differenze interessanti si notano nell’importanza che viene data agli aspetti di inclusività in azienda, che per le donne risulta decisamente più importante che per gli uomini, con un 16% vs 10%; e nell’allineamento fra i valori dell’azienda e quelli personali che, invece, risulta più importante per gli uomini, con un 11% vs un 6%. Lo stipendio risulta al primo posto in tutta Italia nelle scelte del lavoro per la Generazione Z, seppur con alcune differenze: 68% delle preferenze nel Nord Ovest, 55% nel Nord Est, 57% nel Centro, 62% al Sud. Guardando il bilanciamento vita-lavoro, invece, nel Nord Est è un fattore fondamentale per il 34% dei rispondenti alla ricerca, contro il 33% del Nord Ovest, il 28% del Centro e il 31% di Sud e Isole. Sia al Centro che nel Sud e nelle Isole, poi, la Generazione Z risulta più attenta verso le tematiche ambientali. L’impegno del datore di lavoro è considerato derimente nel 10% dei casi per entrambe le aree geografiche, che non si discosta molto dal 9% del Nord Est, ma che invece inizia mostrare un gap decisamente più ampio con il Nord Ovest, dove questo aspetto si ferma al 7%.