Economia

Asvis. Sviluppo sostenibile, serve un altro passo

Alessia Guerrieri giovedì 29 settembre 2016
L'insostenibilità dell’attuale sistema di crescita è ormai certificata da più parti. Per invertire la rotta e centrare gli obiettivi dell’Agenda 2030, però, l’Italia ha bisogno sin d’ora di un sussulto di responsabilità e di puntare su scelte lungimiranti per assicurare un futuro migliore a tutti. A dodici mesi dall’adozione da parte degli Stati aderenti alle Nazioni Unite dei 17 obiettivi dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile, infatti, il nostro Paese è ancora lontano dagli impegni sottoscritti all’Onu un anno fa. Per questo, è necessario «un piano d’azione e misure concrete» di lungo periodo, al più presto. È questa la richiesta dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) – la rete di 130 realtà della società civile nata a febbraio scorso – che ieri ha presentato a Montecitorio il primo rapporto della situazione italiana rispetto ai 17 obiettivi e 169 target dell’Agenda 2030. «Non c’è più tempo da perdere» insomma, spiega il portavoce dell’Asvis Enrico Giovannini, «e non abbiamo alternative che cambiare direzione per il bene del Paese». L’augurio adesso è che «non solo l’Italia nel 2017 si presenti ai summit internazionali con una propria strategia per lo sviluppo sostenibile», anche approfittando della presidenza tricolore al G7, ma si doti di «un fondo per lo sviluppo sostenibile» per finanziare le azioni specifiche della strategia. E, inoltre, trasformi il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) in Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile, perché sarebbe «un segnale forte» di attenzione.Il cambiamento passa per l’eliminazione della povertà, la crescita economica e la buona occupazione, per il consumo responsabile fino alla riduzione delle disuguaglianze, attraverso poi il contenimento del cambiamento climatico e l’educazione di qualità per tutti, senza dimenticate la lotta a tutte le forme di discriminazione contro le donne accanto l’impegno contro la corruzione. Non stupisce perciò, guardando agli impegni internazionali sottoscritti, che la strada da percorrere per il nostro Paese sia ancora lunga. E ogni anno che passa si ha l’8% in meno di possibilità di raggiungere la meta tra quindici anni. L’Italia, difatti, "vanta" ancora oltre 4,5 milioni di poveri assoluti, un tasso di disoccupazione femminile superiore al 50%, 2 milioni di Neet, investimenti in ricerca e sviluppo inferiori all’1% del Pil, tassi di abbandono scolastico del 27% nelle famiglie con genitori poco istruiti (in quelle più colte è del 2,7%). Come se non bastasse, il 36% della popolazione lungo lo Stivale vive in zone ad alto rischio sismico e 59mila persone ogni anno muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico. Eppure è ancora troppo lento il passaggio alle rinnovabili e la messa in cantiere delle decisioni siglate a Parigi.L’obiettivo del governo è arrivare a una strategia «entro l’anno», per potersi presentare al G7 e all’anniversario dei 60 anni dai trattati di Roma «con un’immagine diversa di Italia e soprattutto di Europa, più sostenibile», spiega il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Sandro Gozi, annunciando la volontà dell’esecutivo di creare «una cabina di regia interministeriale per lo sviluppo sostenibile» finalizzata al monitoraggio degli indicatori. «Mettere in atto senza indugi gli obiettivi dell’Agenda 2030», è dunque l’auspicio della Presidente della Camera, Laura Boldrini. Anche gli enti locali tuttavia vogliono fare la propria parte, assicura il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, «verificando il raggiungimento degli obiettivi globali a livello regionale». Ma la priorità resta smettere di ragionare «per compartimenti stagni e avere una voce sola a Bruxelles». La via giusta, per il presidente dell’Accademia dei Lincei Alberto Quadrio Curzio, è «fare investimenti nelle infrastrutture rendendoli compatibili con lo sviluppo sostenibile. È cruciale». Ecco perché, conclude, per una crescita duratura servono «scelte funzionaliste in grado di generare solidarietà di fatto».