Economia

LO SFOGO DEL PREMIER. Berlusconi: «Grondo sangue, ma tasse inevitabili»

Marco Iasevoli sabato 13 agosto 2011
Ha ceduto, e lo ammette senza infingimenti. «Il mio cuore gronda sangue...», dice Berlusconi al termine di una delle giornate più dure della sua lunga stagione politica. «Ero sceso in campo promettendo di non mettere mai più le mani nelle tasche degli italiani, ma abbiamo dovuto farlo. Sono addolorato, davvero addolorato...». Le smorfie del premier dicono chiaramente che il «dolore» è reale, mentre la «soddisfazione» per l’approvazione-lampo del decreto è più di maniera che sentita.Nel volto del Cavaliere c’è una stanchezza fisica evidente. A ora di pranzo novanta minuti tesissimi con gli enti locali, sotto il fuoco amico di Formigoni e Alemanno, «più spietati di qualsiasi amministratore di sinistra», confida il premier ad un collaboratore. Poi, subito dopo, una seduta infinita con Tremonti e la Lega a palazzo Chigi, dalla quale i ministri escono ed entrano alla spicciolata con la stessa drammatica ammissione: «Si discute molto, c’è da lavorare ancora a lungo». Tradotto: ci si accapiglia, ci si blocca sui singoli capitoli, e soprattutto non la si spunta su Bossi. Il Senatur è prima paladino dei pensionati (telefonerà a Bonanni per rassicurarlo: «Non ti preoccupare, vigilo io, nessuno ha il pugno più duro di me...»), e nel complesso "vince", riducendo il danno - secondo le prime dichiarazioni ufficiali sul decreto - a un miliardo di euro (nell’impostazione base la previdenza era il motore del manovrone). Poi prova a placare gli amministratori locali, ma a quel punto il tempo che stringe e la domanda delle domande («Umberto, ma dove li prendiamo questi soldi?») conducono verso la quadra. Tanto, dice un parlamentare leghista, «c’è ancora tutto il lavoro in Aula...». Proprio sul nodo dei tagli a comuni e regioni viene convocato più volte il sindaco di Roma, Alemanno, cui, secondo fonti di palazzo Chigi, viene chiesto un supplemento di responsabilità. In cambio, la promessa di un tavolo con gli enti locali durante l’iter parlamentare.Se Bossi si dice apertamente «soddisfatto», Berlusconi, nel complesso, ha meno da esultare. Ci sono più tasse per gli autonomi a reddito medio, c’è la "patrimoniale" per i ricchi, e la sua idea di fare cassa con uno-due punti di Iva viene bocciata. E allora scattano le scuse, insieme all’ammissione di aver agito sotto pressione europea: «Abbiamo ottemperato alle richieste Bce». Agli amministratori anticipa ciò che ripeterà senza veli alla stampa: «Germania, Olanda e Francia hanno minacciato di non far comprare i nostri titoli di Stato». Un’affermazione che forse oggi scatenerà un polverone con i capi di Stato, ma nelle ultime ore, nell’esecutivo, ha prevalso il desiderio politico di tenere lontana l’ira dei cittadini.Per questo motivo, afferma un capogruppo che ha seguito l’evoluzione del Cdm, il pacchetto sui costi della politica ha avuto proprio nelle ultime ore un’accelerazione forte e improvvisa. «Forse abbiamo anche esagerato», dice Berlusconi. Ma l’intento è chiaro: dare risposte all’opinione pubblica, e mettere spalle al muro le opposizioni, che non potranno muovere un dito contro misure «richieste dai cittadini» (sono ancora parole del premier).Nelle ultime ore si è lavorato anche con un occhio agli sviluppi in Aula. Troppe le minacce nella maggioranza di non votare. In particolare, preoccupa la posizione di Micciché sui tagli alle rinnovabili. E l’articolo viene stralciato. Rispetto alle dure posizioni nate nel Pdl, infatti, Berlusconi ritiene la minaccia dei siciliani più concreta e legata a scenari politici che guardano oltre la fase attuale.La conclusione del Cdm serale, durato due ore spaccate, è un monito a ritrovare «unità» ed evitare ogni esternazione pericolosa. Stop alla fronda dei ministri anti-Tremonti (a partire da Galan) di nuovo arrabbiati per aver visto troppo tardi la bozza. Stop alle rivendicazioni in chiave elettorale del Carroccio. Stop ai brontolii dei ministri e dei parlamentari meridionali. Anche perché, come confida in piena notte, con addosso una delusione ancora viva, «anche stavolta la faccia ce l’ho messa io, e il prezzo più alto l’ho pagato io».