Economia

IL CASO. Porto Torres, la Sardegna contro L'Eni I vescovi: «Difendere i posti di lavoro»

lunedì 20 luglio 2009
Dal Sulcis Iglesiente all’area industriale di Porto Torres, passando da Cagliari e il centro Sardegna. La crisi del comparto industriale, e non solo, nell’isola dei nuraghi sembra non avere tregua sul versante lavoro. Un disagio che sta segnando l'aumento della disoccupazione e la ripresa dell'immigrazione, con fabbriche e comparti che chiudono o minacciano di chiudere. Ultimo, eloquente terremoto che ha investito l'isola, proprio quello della vertenza del polo chimico di Porto Torres, per l'annunciata fermata da parte dell’Eni dell'impianto di cracking per due mesi, a partire dal primo agosto. E questo nonostante l'ad del colosso industriale abbia ancora assicurato che si tratterà di un provvedimento temporaneo. A contrastare questa eventualità si è sollevata l’intera Sardegna. Regione, sindacati , sindaci e presidente della provincia di Sassari hanno fatto sentire alta la protesta. E anche la Chiesa si è mossa preoccupata. In un documento la conferenza episcopale sarda ha chiesto al governo di ritirare subito il provvedimento di chiusura degli impianti di Porto Torres. Così la vigilia del vertice sulla chimica tra la Regione, il ministro Scajola e l'Eni, previsto per martedì a Roma, diventa rovente. L'intervento della Conferenza episcopale sarda. I vescovi sardi, nel chiedere lo stop al provvedimento di chiusura, sottolineano l'esigenza di un piano straordinario per i prossimi cinque anni, lo stanziamento di risorse aggiuntive e considerano un dovere dell'Eni di non modificare la sua presenza nell'Isola prima della riconversione: «I vescovi della Sardegna - recita il documento - esprimono la loro preoccupazione per lo smantellamento del polo chimico isolano, sono vicini a tutti coloro che hanno perso il lavoro o rischiano di perderlo, alle loro famiglie e a quanti chiedono di avere un salario per vivere dignitosamente.[...] Chiedono anche loro al Governo nazionale "l'immediato ritiro del provvedimento dell'Eni di chiusura dell'impianto di cracking di Porto Torres e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali". Condizione indispensabile per evitare che migliaia di famiglie si ritrovino sul lastrico e altrettante migliaia di giovani siano costretti ad emigrare. I vescovi [...] ricordano con premura e preoccupazione le gravi difficoltà attraversate dal mondo agro-pastorale. Migliaia di aziende sono sotto procedura fallimentare per responsabilità che non sono addebitabili a loro. Subiscono una palese ingiustizia che va ad aggiungersi ai prezzi decisamente modesti pagati ai produttori per il latte e l’ortofrutta». Martedì il giorno decisivo. Il governatore Ugo Cappellacci invita il mondo politico all'unità mentre i sindacati confermano che lo sciopero continuerà finché non saranno trovate soluzioni. Ma se martedì a Roma non sarà ritirato il provvedimento di chiusura del polo petrolchimico di Porto Torres, i sindaci di Sassari, Alghero e Porto Torres e il presidente della Provincia di Sassari hanno annunciato le dimissioni , invitando tutti i rappresentanti delle istituzioni e delle forze sociali a fare altrettanto. A Cagliari invece si sono riunite le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil. “Pronti a nuove iniziative di mobilitazione già alla fine di questo mese”: è stata la decisione assunta al termine della riunione. Quello che Cgil, Cisl e Uil è quasi un ultimatum se non ci saranno risposte adeguate, come la revoca del provvedimento e nuovi investimenti per il rilancio del polo petrolchimico. I sindacati sono pronti a nuove iniziative di mobilitazione già alla fine di questo mese. I sindacati ritengono però, che a questo punto, che non sia sufficiente la sospensione del provvedimento ma che il governo e l'Eni debbano rilanciare con degli investimenti e con nuove tecnologie l'intero comparto industriale messo al centro di una vertenza che riguarda tutti i settori dall'agricoltura, al turismo.