Economia

INTERVISTA. Sangalli: «Letta cambi subito rotta o il 2014 sarà un anno tutto di tasse»

Eugenio Fatigante sabato 2 novembre 2013
Un «deciso cambio di rotta». È quello che Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, chiede al governo Letta per evitare un 2014 «a tutto-tasse», nel giorno in cui la sua organizzazione lancia l’allarme per la Tari sui rifiuti.Pur fra continue insidie, il governo prosegue il lavoro affermando che bisogna pensare ai problemi degli italiani. Lo sta facendo?Il governo Letta è partito col piede giusto, mettendo al centro dell’azione il ruolo delle piccole e medie imprese con l’idea di valorizzare il terziario di mercato e l’artigianato. E i suoi primi provvedimenti - alludo al blocco dell’Iva del giugno scorso, all’accelerazione dei pagamenti dei debiti della P.A., alla prima rata Imu cancellata - confermavano la giusta direzione di marcia. Ma ora c’è stato un rallentamento e anche un cambio di rotta che, di fatto, peggiora il quadro economico e le prospettive di ripresa.Il ddl Stabilità è stato presentato affermando che per la prima volta è basato più su minori spese che su nuove tasse. È così?No, e purtroppo non possiamo essere smentiti, né noi né tantomeno Bankitalia e la Corte dei Conti. L’operazione di sottrazione che noi ci attendevamo, cioè meno tasse e meno spesa pubblica, purtroppo non compare in questo provvedimento. Anzi, nonostante la prevista riduzione, in tre anni, della pressione fiscale dal 44,3% al 43,3% - che è davvero poco più di un’intenzione - imprese e famiglie nel 2014 si troveranno a dover pagare oltre 4 miliardi di euro di maggiori imposte a causa del trascinamento dell’incremento dell’Iva e delle accise sugli alcolici, oltre che per diversi provvedimenti che entreranno in vigore dal 1° gennaio. Senza contare che la Trise nel suo insieme potrebbe costare 2,4 miliardi in più rispetto all’Imu. Insomma, tutto fa pensare che anche il 2014 sarà l’anno delle tasse.Il governatore Visco ha detto che «l’incertezza resta elevata».E pesa. Già a metà ottobre, con l’indicatore Censis-Confcommercio, avevamo rilevato come l’aumento dell’Iva avrebbe avuto effetti depressivi sul clima di fiducia di famiglie e imprese. E questo danneggia il capitale fiduciario accumulato nei mesi scorsi.L’Iva portata al 22% ha già prodotto delle conseguenze?Nella filiera produttiva e distributiva le imprese, laddove possibile, stanno adottando comportamenti virtuosi per evitare di trasferire sui prezzi finali questo aumento. Che - vorrei ricordarlo -  produce però tre effetti: uno scalino inflazionistico dello 0,3%, in questa fase assorbito dal calo dei prezzi degli alimentari e dell’energia; poi, la chiusura di imprese e l’aumento della disoccupazione.Cosa va fatto secondo voi?Occorre fare di tutto per evitare ulteriori aumenti di tasse perché già oggi abbiamo un livello di pressione fiscale da record mondiale, che è incompatibile con qualsiasi ipotesi di crescita e di ripresa. La priorità resta, dunque, quella di attuare una vera riforma fiscale, anche per semplificare un barocco sistema di pagamenti e adempimenti. Non ci sono scorciatoie, è da qui che bisogna passare se vogliamo affrontare seriamente il problema di fondo della nostra economia: ridare potere d’acquisto per risollevare la debolezza strutturale della domanda interna che è ferma da troppo tempo e che rappresenta ben l’80% del Pil. E il commercio vive esclusivamente di domanda interna. Qualche segnale positivo viene soltanto dal segmento dei negozi alimentari di vicinato, dall’informatica ed elettronica di consumo, dal comparto della cura della persona.Il tetto al contante sembra archiviato.Era un’ipotesi che ci allontanava dal resto d’Europa e che penalizzava in particolare il turismo, settore in cui i nostri competitor<+tondo> stranieri sono abituati a pagare con limiti ben più ampi.Avete suggerimenti per il nuovo commissario alla spending review, Cottarelli?Non abbiamo formule o ricette miracolose, ma siamo convinti che la strada da perseguire sia quella già indicata dai suoi predecessori, e cioè che sugli oltre 800 miliardi di spesa pubblica ce ne sono 100 che risultano "aggredibili" e che potrebbero liberare risorse preziose. Occorre concentrarsi, con coraggio e determinazione, su questi temi, mentre troppe volte la politica è stata vittima di sterili conflitti muscolari. È evidente che il Paese oggi ha estremamente bisogno di stabilità politica per evitare che la crisi economica si trasformi in crisi sociale.