Economia

Lavoro povero. Il Cnel sceglie la contrattazione collettiva al posto del salario minimo

Cinzia Arena giovedì 12 ottobre 2023

Il Cnel manda in soffitta il salario minimo e sceglie la strada della contrattazione collettiva. L'Assemblea del Cnel, nella seduta che si è svolta questa mattina a Villa Lubin, alla quale hanno partecipato 62 consiglieri su 64, ha approvato il documento finale sul lavoro povero. Il via libera al testo è stato a larga maggioranza, con 15 voti contrari. A votare contro Cgil, Uil e Usb e i 5 consiglieri di nomina presidenziale che avevano presentato in mattinata la proposta, respinta dall'assemblea, di una sperimentazione della tariffa retributiva minima da affiancare alla contrattazione salariale. Dal voto si è astenuta invece Legacoop contestando l'eccessiva strumentalizzazione politica del dibattito.

Il Cnel ha tagliato in tempo il traguardo indicato dalla premier Giorgia Meloni che aveva fissato in 60 giorni il tempo per approntare una proposta sul salario minimo al centro di un infuocato dibattito politico alla luce delle proposte di legge di Pd e M5s.

La proposta respinta dei 5 consiglieri. Nel dibattito tra i consiglieri di Villa Lubin ieri è spuntata la proposta, avanzata da cinque membri nominati dal presidente Sergio Mattarella, di far coesistere un rafforzamento della contrattazione con una sperimentazione del salario minimo a favore di giovani, donne e migranti, le categorie più fragili ed esposte a retribuzioni non dignitose. Proposta che è stata però respinta dall'assemblea di oggi.

Cosa sostiene il Cnel nel documento. "La mera introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la pratica del dumping contrattuale, né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva" scrive il Cnel nel documento finale approvato a maggioranza, sottolineando come la contrattazione collettiva "è la sede da privilegiare e valorizzare per la fissazione dei trattamenti retributivi adeguati".

Il nodo dei contratti scaduti. Secondo il Cnel il vero problema è il ritardo nel rinnovo dei contratti scaduti che oggi riguarda circa il 50% dei lavoratori: si dovrebbe lavorare ad un nuovo accordo sulla politica dei redditi come accadde nel 1993 con quello Ciampi-Giugni per gestire i rinnovi contrattuali e prevedere meccanismo di salvaguardia del poter d'aquisto. Altro tema spinoso quello dei contratti pirata che vanno contrastati. Non viene del tutto esclusa l'ipotesi di una tariffa minima per categorie di lavoratori poveri non coperti dal contratto (occasionali, stagisti, falsi autonomi, ecc) mentre sul fronte del lavoro domestico, settore con retribuzione oraria al di sotto dei 9 euro, l'introduzione del salario minimo rischierebbe, secondo il Cnel, di far crescere il lavoro nero.

Brunetta: necessaria molteplicità di interventi. "C'è chi dice che basta una legge e chi, come questa casa, dice che fondamentale è la contrattazione. Noi non abbiamo fatto una scelta duale ma la scelta di dire che serve una molteplicità di strumenti specifici mirati per aiutare la contrattazione nei settori più fragili, dagli appalti al lavoro domestico, dai tirocini all'agricoltura. Conosciamo anche il da fare ma per questo non basta un salario minimo di 9 euro" ha detto il presidente del Cnel, Renato Brunetta, che nel pomeriggio ha consegnato la relazione alla premier Giorgia Meloni.

Landini: salario minimo serve, rinnovare i contratti. Il leader della Cgil Maurizio Landini ha sottolineato la necessità di fare una legge sulla rappresentanza per cancellare i contratti pirata e sancire una soglia oraria sotto alla quale nessuno può essere pagato. Per noi va fatto sia il salario minimo, all'interno di una legge sulla rappresentanza che misuri anche la rappresentanza dei sindacati". "Bisogna aumentare i salari, quindi c'è bisogno di rinnovare i contratti nazionali con aumenti dei salari che siano proporzionali all'inflazione" ha aggiunto.