Economia

Tecnologia. Radio in automobile: il digitale diventa per tutti

Fabrizio Carnevalini venerdì 20 dicembre 2019

L’autoradio con la banda digitale, spesso proposta come optional sulle auto nuove (a prezzi che possono superare i 400 euro) o integrata in pacchetti di accessori, dovrebbe essere di serie dall’1 gennaio 2020. Il condizionale è d’obbligo, perché se molti grandi gruppi automobilistici hanno già adeguato i propri modelli in anticipo (tra questi Fca e Volkswagen), la normativa (legge 55 del 14 giugno 2019) ha concesso la possibilità di vendere anche nel 2020 una minima quota di vetture con la sola radio analogica FM purché prodotte nel 2019 ed entro il limite del 10% degli esemplari immatricolati. Quindi è sempre meglio accertarsi con il rivenditore che l’auto che ci propone disponga della gamma digitale.

Che cosa si ascolta? I programmi nazionali diffusi con lo standard Dab+ (l’acronimo sta per Digital Audio Broadcasting) sono 50, veicolati da tre operatori di rete: Dab Italia ed Eurodab (che raggruppano i principali network commerciali) e la Rai. I programmi sono quasi sempre identici a quelli in modulazione di frequenza (alcuni differiti di un’ora, come nella tv digitale) a parte quelli di RTL 102.5, che oltre al canale principale propone sei radio tematiche (tra le quali una dedicata alle notizie sulla viabilità) e della Rai, che ne ha nove considerando le tre non diffuse in tutto il Paese (Rai Radio Classica, GR Parlamento e IsoRadio). Il segnale, tuttavia, non si riceve ovunque: complessivamente oggi raggiunge l’84% della popolazione, ma mentre le reti commerciali superano l’80%, la Rai è ferma al 55%. A restare “scoperte” sono soprattutto la fascia appenninica dell’Italia centromeridionale ed ampie zone di Sicilia e Sardegna.

L’offerta è più ricca dove trasmettono anche le radio locali. La Campania è la regione più digitale con 50 programmi (in FM ce ne sono 66), seguita dalla Sardegna (con 39), Toscana e Umbria (entrambe con 33) e Piemonte (32). Molto variegata la proposta anche in Alto Adige, con 38 stazioni, 22 delle quali sono emittenti in lingua tedesca di Austria, Germania e Svizzera diffuse dalla Ras, ente pubblico che gestisce la diffusione dei programmi radiotelevisivi nella provincia autonoma. In Calabria, Emilia Romagna, Lazio e nella provincia di Trento l’offerta arriva al massimo a una ventina di canali locali, che in diverse regioni si ricevono solo nel capoluogo. Nel resto della penisola ci si deve accontentare dei programmi nazionali (Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia).

Le emittenti locali sono in ritardo perché le frequenze dove potrebbero trasmettere (nella banda VHF) sono occupate dalle televisioni, e l’Agcom (Autorità Garante per le Comunicazioni) le assegnerà dall’1 luglio del 2022, quando le emittenti televisive completeranno la transizione al nuovo standard di trasmissione del digitale terrestre, il DVB-T2. Ma i canali non si potranno usare tutti: per non interferire le stazioni che operano negli stati confinanti, le normative internazionali ne hanno riservate all’Italia solo una parte, e il ministero dello Sviluppo Economico sta negoziando con gli stati esteri per ottenere qualche canale in più.