Economia

Il Rapporto. Più welfare in azienda, la risposta al Covid

Maurizio Carucci venerdì 10 settembre 2021

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando

Al tempo della pandemia le piccole e medie imprese hanno risposto con il welfare alle esigenze dei lavoratori e dei loro familiari. Ma soprattutto è aumentata la consapevolezza dell’impatto sociale delle aziende sui territori e sulle comunità. Oggi le pmi sono fondamentali per la ripresa e la rinascita del Paese e le loro strategie di welfare sostengono le priorità del Piano nazionale di resilienza e ripresa: salute, donne, giovani, famiglie e comunità. È quanto emerge dal Rapporto Welfare Index Pmi 2021, giunto alla sesta edizione, che ha coinvolto più di 6mila imprese di tutti i settori produttivi e di tutte le dimensioni. Nell’occasione, a 105 aziende è stato assegnato il Welfare Champion, il rating5W (erano 22 nel 2017). L’iniziativa è promossa da Generali Italia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio. «Il Pnrr è una grande opportunità per potenziare il welfare – spiega il ministro del Lavoro Andrea Orlando –. Che il welfare sia importante e non sia una cosa che viene dopo la competitività lo ha dimostrato, purtroppo, la pandemia, visto che i Paesi che stanno reagendo meglio al trauma del virus sono quelli che hanno un welfare più forte. Il welfare può fare molto per i lavoratori in termini di promozione, di protezione, di valorizzazione. È molto importante guardare a come in questi anni è cresciuto un welfare anche aziendale che integra e deve integrare quello pubblico».

Secondo il Rapporto 2021il welfare continua a crescere: oltre il 64% delle pmi ha superato il livello iniziale. In sei anni le imprese con un livello di welfare elevato sono più che raddoppiate, passando dal 9,7% del 2016 all’attuale 21%. Per affrontare la pandemia sono state attuate numerose iniziative: in ambito sanitario, dai servizi diagnostici per il Covid-19 (43,8%) ai servizi medici di consulto anche a distanza (21,3%) a nuove assicurazioni sanitarie (25,7%); nella conciliazione vita-lavoro, con maggiore flessibilità oraria (35,8%) e nuove attività di formazione a distanza (39%) e aiuti per la gestione dei figli e degli anziani (7,2%); a sostegno dei lavoratori e delle famiglie, con aumenti temporanei di retribuzione e bonus (38,2%) e sostengo nell’educazione scolastica dei figli (4,8%); ma anche offrendo contributi alla comunità esterna, come donazioni (16,4%) e sostegni al Sistema Sanitario e alla ricerca (9,2%). La gran parte di queste iniziative sono tuttora in corso e per il 42,7% delle imprese sono strutturali e permanenti. Inoltre, emerge che il 54,8% delle imprese che hanno inserito il welfare nella strategia aziendale ha registrato ritorni positivi sulla produttività.

«Le imprese hanno dimostrato che il welfare oggi può e deve uscire dall’azienda – conclude Marco Sesana, Country manager & ceo Generali Italia e Global Business Lines –. Il welfare è lo strumento di un’azienda che cresce, che prospera, che sta bene e quindi è indice di stato della salute dell’azienda. E se questa azienda esce anche fuori dal proprio ambito con azioni di welfare vuol dire che gli imprenditori capiscono che un’azienda prospera in un territorio prospero».