Economia

OneSight. Cure oculistiche e occhiali per 9 milioni di persone in 46 Paesi

Monica Zornetta lunedì 2 marzo 2020

Daniele Cangemi, senior manager America Latina di OneSight

Per molte persone il mondo è tutto ciò che sta al di là della porta di casa, per molte altre è il mondo ad essere la propria casa. Per Daniele Cangemi, 44enne Senior manager dell’America Latina di OneSight, la Ong partner di Luxottica con sede a Mason, Ohio, è così da sempre. Partito nel 2005 da Rimini con, in tasca, una laurea in Scienze politiche conseguita all’università di Bologna e un master in Relazioni internazionali e studi diplomatici ottenuto alla Lumsa di Roma, ha girato in lungo e in largo l’Africa per Médecins Sans frontières, prestando soccorso alle comunità locali messe in ginocchio da carestie, epidemie e guerre civili. Al termine della sua prima missione, avvenuta in Angola (in cui ha conosciuto la futura moglie Claudia, operatrice umanitaria delle Nazioni Unite), è diventato responsabile di vari progetti in Guinea, Kenya, Somalia e in altri Paesi dell’Africa centrale e occidentale come, per esempio, la Nigeria, dove è arrivato nel 2012, anno delle stragi di Boko Haram contro i cristiani, nelle chiese.

«In Angola, devastata da quasi trenta anni di guerra civile, eravamo l’unico ospedale funzionante della provincia più centrale del Paese: nei villaggi, dove non c’erano nemmeno i servizi, abbiamo fatto costruire le latrine e abbiamo curato malati di tbc e di malaria. Prima di approdare a MSF ero stato in Cameroon, dove ho avuto l’opportunità di lavorare fianco a fianco con una suora laica, ex collaboratrice di Raoul Foullereau». «Posso dire di avere da sempre la vocazione all’aiuto degli altri», ammette: «Da bambino ero boy scout e ricordo che già allora dare una mano alle persone mi faceva stare bene». Per lui l’approdo a OneSight è arrivato nel 2012 dopo una serie di circostanze. «La prima è stata una brutta avventura capitata in America Latina, dove mi trovavo per conto di MSF: lungo una strada isolata che attraversava la fitta giungla, sono scampato per pochi minuti a un conflitto a fuoco, rivelatosi poi mortale, tra l’esercito del Paese in cui operavo e la frangia di insorgenti che, solo un attimo prima, mi aveva fermato e rilasciato», ricorda. «La seconda circostanza è stata la nascita di mia figlia Victoria, la terza il trasferimento a Cincinnati, dove viviamo ancora oggi».«In questi sette anni in OneSight, dapprima come Global clinic manager girando il mondo e poi come Senior Manager per l’America Latina e Caraibi compresi, ho capito che una visione chiara è sinonimo di futuro migliore: grazie alla vista le persone possono imparare un mestiere, guadagnare, relazionarsi con gli altri, sperimentare l'uguaglianza e l'emancipazione e aiutare la propria comunità a crescere ed elevarsi».

L’obiettivo di quest’organizzazione no profit nata nel 1988 – associatasi dopo poco a Luxottica, e fino al 2017 - è, infatti, quello di offrire a chi abita nella parte più povera del mondo la possibilità di accedere a cure oculistiche e all’uso degli occhiali. Nonostante se ne parli davvero poco, quella della perdita della vista è un’urgenza reale che interessa all’incirca un miliardo di persone, la quasi totalità delle quali potrebbe risolvere il problema grazie ad un semplice paio di occhiali. A oggi, le persone assistite e curate gratuitamente da OneSight sono più di nove milioni in quarantasei Paesi diversi – compresi gli Stati Uniti, dove molte comunità, non solo di nativi e afroamericani, continuano a non poter accedere a controlli e a trattamenti per i disturbi visivi –: il lavoro quotidiano si svolge con il supporto di medici, optometristi e in partnership con le organizzazioni sanitarie locali, i governi, i distretti scolastici e gli ottici. «In ogni missione portiamo con noi i macchinari per fare i test oculistici e quelli per tagliare le lenti, forniamo gratuitamente le montature che ci dona Luxottica», spiega ancora Daniele Cangemi, «e allestiamo cliniche temporanee, o mobili. OneSight fa anche ricerca ed esegue screening oculistici nelle scuole e nei centri collettivi. In quest’ultimo anno, per esempio, stiamo assistendo una grossa comunità originaria e gli abitanti di un villaggio un tempo florido e oggi, purtroppo, senza prospettive di sviluppo, entrambe nella foresta amazzonica brasiliana; abbiamo organizzato la prima clinica medica umanitaria su una barca e stiamo lavorando per allestire una sala chirurgica, anch’essa “galleggiante”, in cui i medici possono intervenire per risolvere i casi di pterygium e altre patologie oculari».