Economia

quanta strada. Nuove equazioni italiane per il «materiale delle meraviglie»

di Marco Girardo mercoledì 30 marzo 2016
N ei fendenti con cui Novak Djokovic ha trionfato agli Australian Open 2013, oltre all’inopinabile talento del tennista serbo, c’era pure tutta la potenza del 'materiale delle meraviglie'. A debuttare in quello Slam, impugnato da Djokovic, fu il grafene della sua racchetta Head. Una racchetta in grado di sprigionare una forza dirompente duecento volte superiore a quella dell’acciaio. Incredibile per l’unico materiale oggi esistente a essere costituito da un solo strato di carbonio. Gli atomi del grafene, questa la meraviglia, si dispongono uno accanto all’altro a formare degli esagoni con angoli di 120 gradi. Garantendo così la resistenza meccanica del diamante sposata con la flessibilità della plastica. E tutto questo grazie a un foglio monoatomico 'spesso' quanto un metro diviso per dieci miliardi di volte. Tanto per rendere l’idea: se ingrandissimo un’arancia fino alle dimensioni della Terra, gli atomi di cui è fatta avrebbero la taglia di una ciliegia. La scoperta del grafene era valsa tre anni prima, nel 2010, il premio Nobel a Andrej Gejm e Konstantin Novoselov dell’Università di Manchester. I due fisici erano riusciti a creare un doppio strato di promettenti esagoni da utilizzare nei transistor, i dispositivi elettronici che ci hanno catapultato nell’era digitale. L’Europa ha deciso di investire un miliardo di euro in questa scoperta. Con il progetto 'Flagship Grafene'. E l’Italia sta facendo – piuttosto bene, va detto – la sua parte. Marco Polini, scienziato dei Graphene Labs presso l’Istituto italiano di tecnologia, ha coordinato ad esempio uno studio sperimentale, pubblicato su Science, che coinvolge la stessa Università di Manchester, quella di Nijmegen, la Scuola Normale Superiore e il Cnr. L’équipe di fisici ha esaminato transistor di eccezionale qualità basati su fogli di grafene incapsulati tra cristalli di nitruro di boro. E ha dimostrato mediante misure di trasporto elettrico a temperature non criogeniche – ben superiori, cioè, alla temperatura dell’azoto liquido – come gli elettroni in questi cristalli ultra- puliti abbiano un comportamento che richiama quello dei liquidi viscosi. Detto in altri termini: è possibile descrivere il movimento degli elettroni con equazioni idrodinamiche simili a quelle che illustrano il comportamento dell’acqua in un fiume con ostacoli o dell’aria vicino all’ala di un jet. Il 'surf' delle particelle elementari nei transistor, combinato all’utilizzo di radiazione di grande lunghezza d’onda, apre la strada ad applicazioni che spaziano dall’ambito biomedico alla sicurezza, dalle comunicazioni wireless a banda larga fino al monitoraggio ambientale. Partendo dalle equazioni scritte sulla lavagna italiana del’Iit. © RIPRODUZIONE RISERVATA