Economia

ECONOMIA E LAVORO. Mirafiori, verità e bugie sull’intesa

Pietro Saccò mercoledì 29 dicembre 2010
Due politici e un sindacalista – rispettivamente Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero e Giorgio Cremaschi – hanno detto che l’intesa su Mirafiori è qualcosa che ricorda gli anni del fascismo. Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom, ha sintetizzato le 36 pagine dell’accordo firmato il 23 dicembre in questo mo­do: «Si riducono le garanzie per i la­voratori e si conferma che non si vo­gliono pagare i primi giorni di malat­tia, con sanzioni che possono arriva­re fino al licenziamento per i lavoratori che dovessero decidere di scioperare». I sindacalisti che hanno messo i l loro nomi in calce all’accordo per il rilan­cio di Mirafiori però sono stanchi di essere descritti come i nuovi nemici dei lavoratori. Rocco Palombella del­la Uilm ha chiesto alla Fiom di smet­terla con le «dichiarazioni roboanti» e il «terrorismo nei confronti dei lavo­ratori». Giovanni Centrella dell’Ugl ha invitato i politici a evitare di «gettare benzina sul fuoco». Giuseppe Farina, segretario nazionale della Fim, è con loro. «La stampa tende a dare 'politi­cità' alle trattative tra aziende e sin­dacati e a questo si aggiunge molta ap­prossimazione – dice ad Avvenire – per questo è necessario ribadire quello che per noi è sempre stato chiaro: cioè che questa intesa non mette in discussio­ne in nessun modo i diritti dei lavora­tori». Lunedì la Fim ha deciso di fare ordine: ha messo sul suo sito il docu­mento 'Mirafiori: vero o falso? Miti e leggende del Natale 2010' in cui, pun­to per punto, risponde alle bugie che circolano sull’intesa. La prima falsità è che nell’accordo di Mirafiori «chi farà sciopero sarà licenziato». Non è vero, spiega la Fim, perché l’intesa prevede invece che i sindacati firmatari del­l’accordo non possano dichiarare scio­pero nello straordinario obbligatorio, e in caso contrario sarebbero multati. Non è vero nemmeno che «l’azienda può farti lavorare anche 10 ore al gior­no più una di straordinario», perché questo non è possibile e l’accordo pre­vede invece che si possa sperimenta­re un sistema a turni di 10 ore per 4 giorni a settimana se la maggioranza dei lavoratori lo chiederà. Nell’accor­do c’è scritto che dopo 6 mesi di mo­nitoraggio delle assenze di malattia se l’assenteismo medio rimane sotto al 6% (oggi è al 7,5%) non succederà nul­la, altrimenti dopo 2 assenze brevi le­gate ai giorni di festa (salvi i casi già previsti dal contratto nazionale) la 'Commissionde assentesimo' verifi­cherà il da farsi e potrà decidere di non pagare il primo giorno. Successiva­mente la percentuale dovrà scender al 4% e quindi al 3,5% (la media del set­tore in Piemonte è al 4%).Il nodo vero, però, è quello della de­mocrazia sindacale. La Fiom non a­vendo firmato sarà esclusa dalla Rsu. È vero che così salta l’accordo del ’93 sulla concertazione nazionale, però, aggiunge Farina, «chi si assume la re­sponsabilità di firmare l’intesa deve anche avere più permessi e garanzie per fare funzionare le cose». Poi i protocolli «che ormai hanno vent’anni han­no anche bisogno di una ma­nutenzione straordinaria». Non che il segretario Fim pensi che l’intesa su Mirafio­ri sia un testo fantastico. È anzi un ac­cordo «impegnativo» perché chiede turni più duri ai lavoratori, e non so­lo. «Avrei fatto volentieri a meno di due cose: dell’uscita dell’azienda da Con­findustria e della rottura dell’accordo interconfederale – spiega il sindacali­sta – però l’atteggiamento della Fiom su Pomigliano, con gli scioperi selvag­gi contro un testo approvato dai lavo­ratori tramite il referendum, ha con­vinto Fiat che il contratto tradiziona­le non le avrebbe garantito il rispetto delle intese». E allora la Fim in cambio del miliardo di investimenti ha dovu­to accettare le due 'newco' (a Pomi­gliano e a Mirafiori) ritenendole co­munque realtà «provvisorie», in atte­sa che al tavolo con Federmeccanica si arrivi a un contratto dell’auto capa­ce di fare rientrare la nuova Fiat in Confindustria. Un tavolo che sarà «de­cisivo » anche per la Cgil, che dovrà tro­vare «il coraggio di accettare che le re­gole approvate a maggioranza valgo­no per tutti, e per tutte le categorie». E, dal canto suo, l’amministratore de­legato della Fiat, Sergio Marchionne, ha commentato: «Mi spiace che alla Fiom non si rendano conto dell’im­portanza di questo progetto di Mira­fiori».