Economia

Maxi-commesse, ma Piaggio Aero va in cassa

PAOLO PITTALUGA giovedì 31 marzo 2016
INVIATO AVILLANOVA D’ALBENGA (SV) La sua storia inizia nel 1884 a Sestri Ponente, nel Genovese, come Rinaldo Piaggio e dopo 132 anni rimane un’azienda di eccellenza, che porta il made in Italy in giro per il mondo con pochissima concorrenza. Oggi si chiama Piaggio Aerospace – dal 2014 – ed è di proprietà del fondo di investimenti, di proprietà del governo di Abu Dhabi, Mubadala. Questo fatto dovrebbe garantire sonni sereni ai dipendenti dell’azienda. Ma non è così visto l’aria di cassa integrazione che tira a Villanova d’Albenga, nel Savonese, dove il sito è stato trasferita in pompa magna – con l’obiettivo dichiarato di poter crescere in quanto azienda strategica e la realizzazione di un cluster regionale tecnologico aerospaziale – con pesanti sacrifici dei dipendenti nel maggio 2014 abbandonando la storica sede di Finale Ligure. E, travolgendo gli accordi iniziali, costringendo anche molti dipendenti di Sestri al viaggio in questa piana dove confluiscono i torrenti Arroscia e Lerrone e dove sorge un aeroporto molto poco sfruttato e un ippodromo. Contesto turistico che dovrebbe convivere con un’azienda innovativa. Che produce aerei noti ed apprezzati come il P180, o il drone (e qui la concorrenza è quasi nulla perché questa tipologia di velivoli la realizza solo Israele e gli Usa, con un mercato destinato a crescere...) P1HH in partnership con Selex ES e l’MPA con Adasi-Abu Dhabi. Per non parlare della manutenzione dei motori. Ora però arriva la cassa integrazione seppur ci siano commesse a volontà. Secondo l’azienda c’è un problema di liquidità nonostante il 23 marzo scorso il Mise abbia comunicato l’erogazione di 9,2 milioni di euro (più altri 5 entro 15 giorni). I rappresentanti della Rsu si chiedono invece dove siano finiti i 150 milioni di euro dell’azionista arabo. Temono, a questo punto, che ci siano prove di spacchettamento dell’azienda, d’altra parte è confermato che è stato avviato un confronto con Finmeccanica che è stato detto «entrerà in azienda dalla porta principale». Oggi di 900 dipendenti – eccellenze qualificate dall’età media di circa 40 anni – sono in cassa 250 che, vista la mancanza di liquidità, raddoppiano a rotazione. Si respira un’aria pesante, allora provano a convocare tutti i parlamentari liguri e il ministro della Difesa, pure ligure, Roberta Pinotti, per venerdì 8 aprile. «Vogliamo essere parte attiva delle trattative – dicono i componenti della Rsu – per capire quanto sta accadendo». E ieri mattina ecco che la protesta prende forma concreta, nello sciopero e nel sit-in davanti ai cancelli dei lavoratori al termine dell’assemblea. E una contestazione a base di fischi per l’Ad Carlo Logli accusato di «non essere più un interlocutore credibile ed affidabile». Una nuova tappa di una strana vertenza il cui prossimo appuntamento al Mise – il 22 aprile – deve necessariamente individuare una via d’uscita a questa empasse. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso