Economia

AZIENDA ITALIA. Imprese: «Basta inerzia» Un Manifesto per la crescita

venerdì 30 settembre 2011
Tutte le imprese insieme per la crescita. Grandi, piccole, banche e cooperative firmano lo stesso manifesto, indicando cinque capitoli da affrontare subito: spesa pubblica e riforma delle pensioni; riforma fiscale; cessioni del patrimonio pubblico; liberalizzazioni e semplificazioni; infrastrutture ed energia. I toni sono perentori, le riforme vanno fatte ora, ma il fronte comune impone cautela rispetto alla sorte del governo, "non ci vogliamo sostituire alla politica". Ma quando Marcegaglia parla per Confindustria l'ultimatum torna chiaro: "senza risposte, via dai tavoli per la crescita".
 
Le parole di oggi, come del resto le misure stesse del Manifesto, scontano necessariamente un lavoro di sintesi fra le diverse anime del mondo imprenditoriale. Il risultato è una piattaforma di interventi, prendere o lasciare, che viene accolta con valutazioni diverse da governo, opposizione e sindacati. A presentare il Manifesto è il presidente di Rete Imprese Italia, Ivan Malavasi. I suoi sono i concetti generali che costituiscono la premessa della proposta. "Non si può assistere inerti a questa spirale. È in gioco più della credibilità del governo e della politica. Sono a rischio anni e anni di sacrificio", dice, sintetizzando: "salvare l'Italia non è uno slogan retorico. Non intendiamo sostituirci ai compiti del governo, della politica ma chiediamo di agire senza indugi".
 
Sugli stessi toni il leader degli industriali Emma Marcegaglia, attenta a misurare le parole quando parla per tutti ma pronta ad affondare quando si concede delle parentesi introdotte da un eloquente "parlo per Confindustria". "Non c'è più tempo, servono riforme coraggiose, subito. La situazione è complessa e preoccupante, siamo pronti a fare la nostra parte ma serve una politica economica diversa", scandisce, sposando l'impostazione 'misuratà condivisa con tutte le altre imprese.
 
Dunque, aggiunge, "non ci vogliamo sostituire alla politica, non spetta a noi dire che il Governo deve cambiare ma diciamo che il momento è complesso e c'è una grave urgenza". Per Marcegaglia, dunque, gli industriali "non sono interessati a una via spagnola" per risolvere l'emergenza politica quanto piuttosto ad indicare la strada delle riforme: "se lo spread Bund-Btp resta questo arriverà una restrizione di credito significativa per le banche che si ripercuoterà sulle imprese e quindi sui cittadini. Le nostre proposte prevedono sacrifici ma anche vantaggi perchè le risorse che si libereranno potranno essere investite per la crescita". Lo schema è quello di mettere in campo sacrifici per ottenere risorse. Come avverrebbe con la patrimoniale. Confindustria dice sì "ma solo per abbattere Irpef e Irap". Il 'manifestò prevede un prelievo dell'1,5 per mille su tutti gli attivi mobiliari e immobiliari, esenti quindi i patrimoni inferiori a 1,5 mln di euro. Si può stimare che la misura comporti un maggior gettito per l'erario di circa 6 miliardi di euro annui.
 
Marcegaglia tiene però ferma la posizione di Viale dell'Astronomia, dopo gli strappi delle ultime settimane rispetto all'azione del Governo. "Nell'ultima giunta gli imprenditori mi hanno affidato una delega per lasciare i tavoli di crescita con il Governo in caso di mancate risposte alle proposte coraggiose elaborate da Confindustria", dice, ufficializzando quanto trapelato dopo la riunione del parlamentino degli industriali. Così come il leader degli industriali non fa mancare il suo appoggio all'iniziativa del presidente dei Giovani di Confindustria, Jacopo Morelli, che ha annunciato la scelta di non invitare politici sul palco del tradizionale convegno di Capri: "rispetto e condivido la scelta".
 
Rispetto a queste posizioni, marcano la loro indipendenza banche, assicurazioni e cooperative. "Non siamo qui per mettere in crisi il governo. Abbiamo, invece, fatto uno sforzo per mettere a punto misure per la crescita del Paese. La democrazia parlamentare va rispettata", puntualizza il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari. In linea il presidente dell'Ania, Fabio Cerchiai. "Questa proposta è rivolta solo a fare, siamo portatori di soluzioni", dice, spiegando "lo spirito" che anima il documento comune tra le imprese per lo sviluppo, che "non è di opposizione". Ancora più esplicito il leader dell'Alleanza delle cooperative, Luigi Marino: "non vogliamo che il governo interpreti il nostro documento comune come una sfida o una sfiducia all'esecutivo".
 
Proprio dal governo, però, arrivano valutazioni piuttosto scettiche nel merito delle principali proposte avanzate. A parlare è il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. La patrimoniale "colpisce una larga platea" e il corrispondente taglio di Irpef e Irap avrebbero effetti "poco percettibili". L'intervento sulle pensioni comporterebbe "più oneri" che benefici. E, comunque, a decidere sarà il governo nel pieno della sua autonomia. "Alla fase di doveroso ascolto di tutti dovrà ancora una volta seguire quella delle decisioni per il bene comune e non di singole parti della società", avverte il ministro.
 
Piena disponibilità, invece, dall'opposizione. "Siamo pronti a confrontarci già nei prossimi giorni con il nostro progetto", assicura il leader del Pd Pier Luigi Bersani, che ricorda come alcuni dei punti esposti oggi "a partire da quello sul fisco, vanno nella stessa direzione di quanto abbiamo presentato anche nei nostri emendamento".
 
Attento alle mosse delle imprese anche il fronte sindacale. Marcegaglia assicura che "non c'è nessuna intenzione" di escluderlo ma, evidentemente, alcune posizioni sono diverse. La Cgil "apprezza lo sforzo" ma ritiene che "su pensioni e privatizzazioni dei servizi non può esserci alcuna convergenza, perchè si continuerebbe a scaricare sui lavoratori il prezzo della crisi e questo non è per noi condivisibile", spiega il leader Susanna Camusso. "Hanno fatto bene le imprese a presentare un manifesto comune per la crescita che per molte parti condividiamo", dice il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, che aggiunge: "anche per noi il tempo è scaduto".