Economia

Il dibattito fra le agenzie. La selezione ai tempi del web 2.0 Sempre più social. "Ma serve un professionista"

Carmen Morrone mercoledì 17 aprile 2013
Linkedin ha superato i 200 milioni di membri, distribuiti in oltre 200 Paesi, numeri record per il più famoso network dove si incontrano offerta e domanda di lavoro. Un colosso da 300 milioni di dollari secondo i dati dell’ultimo bilancio pubblicati dal quartiere generale di Montain View, in California. Con un incremento dell’81% rispetto all’anno precedente. Al giorno ci sono 172mila registrazioni: significa che ogni secondo due persone si aggiungono alla community. Negli Stati Uniti i membri sono 74 milioni, in Gran Bretagna 11 milioni, in Canada 7 milioni e in Italia ancora relativamente "pochi", ma comunque ben 3 milioni. Accanto a Linkedin sono nati altri network professionali, anche se al momento sono meno conosciuti. Ma l’esplosione dei social network e delle community professionali cancellerà le società di selezione del personale? Queste realtà, infatti, stanno già combattendo contro la crisi economica che ha rallentato i ritmi del mercato del lavoro e ora devono far fronte al fai da te di molte imprese che cercano e trovano il personale sui social network. Solo una moda passeggera o l’avvio di una rivoluzione irreversibile?Le società italiane di selezione difendono il valore di metodi consolidati, ma non possono fare a meno di adeguarsi al mondo del lavoro nel web 2.0. «Stiamo vivendo tempi in cui pare che la tecnologia possa sostituire la relazione umana. Ma non si può schiacciare un bottone e dire di avere trovato un collaboratore. Per la complessità del mondo, devi conoscere chi hai di fronte e lo puoi fare solo con metodologie umanistiche e non tecnologiche», afferma ad esempio Eduardo Salvia, managing in Italia di Odgers Berndtson, tra le prime cinque società mondiali di executive research. «In questo periodo si sta confondendo lo strumento con il metodo. I social network sono degli strumenti per raccogliere profili, li utilizziamo anche noi, ma il lavoro di selezione è diverso da quello di identificazione delle persone. Internet offre decine, centinaia di curricula per una posizione, ma non è detto che corrispondano al lavoratore che l’azienda ha bisogno. Il nostro metodo prevede una ricerca ad ampio e approfondito raggio di referenze, prima di incontrare il candidato. Così in sede di colloquio i dati raccolti sono verificati direttamente. Ci avvaliamo anche di uno psicologo, perché ad esempio, temperamento, resistenza allo stress, empatia non si riescono a leggere dal curriculum». «In tempi di crisi economica, la tentazione di bypassare la selezione professionale è molto forte nelle aziende che pensano di risparmiare, ma non è così. Risentono di un generale appiattimento, di superficialità. Ci sono anche agenzie che hanno abbandonato i metodi tradizionali e lavorano solo attraverso i social network, per loro si tratta di una scelta più semplice, ma non so quanto sia efficace per le aziende». Strumenti o metodi veri e propri di selezione, i social network per la ricerca di lavoro sono una realtà che sicuramente ha cambiato le modalità di contatto fra azienda e aspirante lavoratore. «Per anni le società e le aziende hanno pubblicato annunci sulle pagine dei quotidiani. Ai tempi d’oro c’erano anche dieci pagine dedicate sui principali quotidiani. I social network hanno sostituito, in parte, questo spazio d’incontro», afferma Maria Rita Costantino, responsabile area Risorse umane, formazione, ricerca e selezione, outplacement di Confindustria Assoconsult, associazione che raggruppa le società di consulenza. Non solo. Questo spazio è molto diverso da una pagina di giornale. «Per quanto riguarda i candidati, questi pubblicano il curriculum scolastico, le competenze, gli interessi, ma c’è anche la possibilità di dare testimonianza del valore della persona, aggiungendo un commento al curriculum. Non compare solo la storia della persona, ma su di lei si apre un dialogo. Lo stesso dinamismo caratterizza gli annunci delle imprese che possono aggiornare le richieste, modificarle, fare rete con altre realtà produttive e dialogare con gli aspiranti collaboratori». In questa nuova piazza del lavoro, le agenzie di selezione mantengono il loro ruolo. «Il nostro compito è quello di formare gruppi di lavoro. All’azienda non dobbiamo fornire premi Nobel, ma il lavoratore adatto in quel momento, per quella mansione. Questa valutazione la possono fare solo dei professionisti». Nessuna differenza fra tipologie di lavoratori. «Non c’è un lavoro più importante di un altro. Non è vero che i social network sono sufficienti con riguardo ai profili cosìddetti "bassi" oppure per periodi di lavoro limitati. In questo caso ci si rivolge alle società di somministrazione – conclude la Costantino –. I social network stanno rivoluzionando il punto di partenza della ricerca, hanno introdotto abbondanza di informazioni, ma i canali in cui si reperisce personale sono rimasti gli stessi».«I social media sono una straordinaria opportunità, hanno un altissimo potenziale di cui, in Italia, non c’è ancora completa consapevolezza», afferma Silvia Zanella, Marketing & Communication Manager di Adecco Italia. «Nel nostro Paese, i social network per la ricerca di lavoro sono utilizzati ancora in maniera acerba da parte dei lavoratori che si iscrivono per cercare la singola offerta di lavoro, non considerando che questi siti servono per gestire il proprio posizionamento digitale».Adecco in collaborazione con l’Università cattolica ha curato lo studio "Il lavoro ai tempi del #socialrecruiting e della #digitalreputation" che rivela le ultime tendenze della ricerca del lavoro nell’era del web 2.0. «Il 77% dei recruiter, al momento della selezione, inserisce il nominativo di un candidato su un motore di ricerca per raccogliere maggiori elementi di valutazione e nel 12% dei casi si sono trovati a escludere dei candidati per le informazioni che hanno reperito in rete. È quindi importante curare la digital reputation». Anche se in Italia i membri dei social network dedicati al lavoro aumentano, le modalità di ricerca risentono ancora della tradizione.
La ricerca pubblicata da Adecco-Università Cattolica rivela un mix che comprende in primo luogo gli annunci online (40%), le agenzie per il lavoro (34%) e la rete di parenti e amici (32%). Più preparate a cogliere le opportunità della rete sono le aziende. Secondo i dati della ricerca, il 42% dei responsabili delle risorse umane utilizza Linkedin, il 29% Facebook (29%) e il 9% Twitter. «Le imprese, anche se non devono assumere in tempi brevi, avviano un flusso di comunicazione verso i lavoratori. In questo modo tengono viva una relazione che aiuta a conoscere sempre di più il candidato e al momento giusto, questo scambio di informazioni si può trasformare in un colloquio e in un lavoro».
I social network sono una chance anche per le società di somministrazione. «Si aprono nuove fette di mercato per via di lavoratori che tradizionalmente non passano da noi, come ad esempio i profili dirigenziali. E Linkedin, di cui siamo clienti, ha velocizzato il nostro lavoro. Un bacino che si allarga, che offre nuovo slancio – conclude Silvia Zanella –. Noi per primi, come Adecco, crediamo nei social network, abbiamo fatto questa scelta alcuni anni fa e infatti siamo fra le community più numerose del mondo del lavoro. I social hanno anche la funzione di ascolto. Sono antenne molto sensibili ai cambiamenti, attraverso di loro si ascoltano i potenziali clienti, i loro commenti, i loro bisogni».