Economia

Libere professioni. Ecco come stanno cambiando

Maurizio Carucci giovedì 25 gennaio 2024

Sempre più giovani scelgono il lavoro autonomo

Sono tante le nuove professioni che si affacciano sul mercato. Dal social seller all'insegnista, dal traduttore dei segni all'esperto in intelligenza artificiale. Il social seller: è una componente essenziale nel mondo delle vendite moderne, poiché consente di stabilire connessioni autentiche con i potenziali clienti attraverso i social media e di sviluppare relazioni di fiducia che alla fine si traducono in vendite. Un social seller deve comprendere i social media, creare contenuti di qualità, identificare potenziali clienti e costruire relazioni professionali. L'influencer: una professione che non accenna a calare la sua attrattività ma che richiede competenze da mantenere sempre aggiornate. Un influencer deve ovviamente saper offrire contenuti di qualità al suo pubblico, ma anche conoscere le strategie di marketing e di analisi dati. Una formazione continua è indispensabile per mantenersi competitivi. Il mediatore familiare: la mediazione familiare è un procedimento attraverso il quale i coniugi che intendono porre fine agli effetti civili del matrimonio possono raggiungere un accordo, o una serie di accordi, riguardo ai vari aspetti conseguenti alla separazione, come l'affidamento dei figli, il mantenimento o l'assegnazione della casa familiare. Si tratta di una figura che ha ricevuto una notevole considerazione grazie alla Riforma Cartabia (legge n. 206 del 2021). Il disability manager: il mondo del lavoro deve puntare sempre più all'inclusione e in quest'ottica risulta fondamentale la figura del disability manager. Questo professionista si impegna attivamente a rimuovere le barriere e a creare un ambiente che favorisca la partecipazione piena e l'uguaglianza per tutti. È importante conoscere leggi e normative nazionali e internazionali che proteggono i diritti delle persone con disabilità, e al tempo stesso possedere empatia e una comprensione autentica delle sfide affrontate dalle persone con disabilità. Il digital marketing specialist: si tratta di un professionista altamente specializzato nel campo del marketing digitale. Questa figura ha una vasta gamma di competenze che gli consentono di pianificare, implementare e gestire strategie di marketing online efficaci per promuovere prodotti, servizi o marchi. Saper programmare la giusta strategia è importante tanto quanto essere aggiornato sulle ultime tendenze e novità nel campo del marketing digitale. Una gestione mirata del budget a disposizione e tanta creatività sono altre due caratteristiche indispensabili. Il coach: un coach eccellente dimostra empatia genuina e pratica l'ascolto attivo, creando un ambiente in cui i clienti si sentono compresi e supportati. Possiede abilità comunicative avanzate per trasmettere concetti complessi in modo chiaro e aiuta a definire obiettivi chiari e sviluppare piani d'azione realistici per raggiungerli. L'insegnista: dare vita a messaggi visivi unici attraverso insegne (luminose e non) sia esterne che interne. Questo è il compito dell'insegnista. Un professionista capace di esprimere la propria passione per il design visivo, attirando l'attenzione e comunicando messaggi efficaci per aziende e attività commerciali. L'Hse advisor: per le aziende la sicurezza dei propri lavoratori deve essere una priorità. Per centrare quest'obiettivo è necessario affidarsi a un esperto Hse advisor in grado di garantire la sicurezza e la protezione dei lavoratori in diversi ambienti. Le responsabilità non mancano: dall'analisi dei rischi alla progettazione del piano di formazione. La sua missione è fornire competenze e conoscenze che possano fare la differenza nella salvaguardia della salute e dell'incolumità dei lavoratori. Il traduttore dei segni: una figura richiesta in ambiti scolastici, giuridici, sanitari e altro ancora. L'interprete e traduttore della lingua dei segni è in grado di fornire servizi di alta qualità in molteplici ambiti passando dall'attività di traduzione in convegni e conferenze al lavoro di interprete per cinema, teatro, home video e testi vari. La versatilità è fondamentale e le doti di tutor uno strumento in più per istruire e supportare altri interpreti. L'Ia expert: l'intelligenza artificiale fa sempre più parte del quotidiano e cresce la richiesta di esperti del settore. Sono richieste competenze in diverse aree che vanno dallo sviluppo di algoritmi, all'analisi di dati, alla consulenza.

«Sempre più persone abbracciano professioni intellettuali non regolamentate da albi, Ordini o Collegi professionali. Si tratta di attività dove spesso la creatività e l'innovazione giocano un ruolo chiave. Questi professionisti necessitano sia di tutela legislativa sia di avere a disposizione un network che li supporti e che permetta di condividere esperienze, scambiare idee e stabilire collaborazioni proficue», spiega Luciana Barone, presidente di Formazione24H, associazione riconosciuta dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, che s'impegna a promuovere l'eccellenza e la qualità nel mondo professionale. La strada dell'autonomia lavorativa sembra dare soddisfazioni anche a livello personale. Un sondaggio realizzato dal Pew Research Center negli Stati Uniti, dove i cosiddetti self-employed sono circa 15 milioni, evidenzia un maggior appagamento nei liberi professionisti rispetto ai lavoratori dipendenti. Il 62% dei lavoratori autonomi dichiara di essere estremamente o molto soddisfatto del proprio lavoro, rispetto al 51% dei lavoratori dipendenti. Questi ultimi sono anche più propensi a dichiarare di trovare il loro lavoro stressante e opprimente. Grande divario anche se si parla di gratificazione: il 48% dei freelance afferma che il proprio contributo sul lavoro è molto apprezzato, rispetto al 25% di coloro che non sono autonomi. E se la cosiddetta Gig Economy basata sul lavoro a chiamata si appresta a chiudere l'anno con 455 miliardi di dollari di ricavi (dato più che raddoppiato rispetto ai 204 miliardi del 2018), nascono ed emergono nuove professioni destinate a essere protagoniste nel 2024. «Tra le professioni in crescita - prosegue Barone - stiamo notando una forte richiesta di mediatori familiari: a seguito della riforma Cartabia, la nostra associazione sta ricevendo numerose richieste dai tribunali per fornire elenchi dei nostri soci specializzati in tale settore Continuano ad aumentare anche gli influencer e si fanno strada professioni come l'insegnista e il social seller. Il nostro obiettivo è creare un'alleanza di successo nei campi dell'intelligenza non regolamentata offrendo supporto e formazione senza dimenticare gli aspetti etici e sociali. L'associazione, infatti, promuove la responsabilità sociale d'impresa, sostenendo progetti beneficenza e iniziative comunitarie».

Nel 2022 hanno lasciato 53mila liberi professionisti

Tuttavia nel 2022 poco più di 53 mila liberi professionisti hanno gettato la spugna. Dopo oltre dieci anni di crescita continua, interrotta solo dalla pandemia, si ferma la corsa dei liberi professionisti in Italia, che nel 2022 si attestano a 1.349.000 unità, segnando una flessione del 3,7% rispetto al 2021. Il bilancio diventa ancor più pesante se si considera che negli ultimi quattro anni circa 76mila professionisti hanno abbandonato la loro attività, con una variazione negativa del 5%. Il settore professionale si muove in netta controtendenza rispetto alle dinamiche occupazionali della forza lavoro in Italia. Tra il 2018 e il 2022, infatti, il numero di occupati è cresciuto dello 0,6% ma è stato assorbito quasi esclusivamente dal lavoro dipendente, che aumenta di oltre 765 mila unità, a scapito di quello indipendente che nello stesso periodo perde 291 mila posti di lavoro. Non solo, il calo del comparto professionale si ripercuote anche a livello europeo, dove l’Italia con 48 liberi professionisti ogni mille occupati perde la leadership e cede il passo ai Paesi Bassi, che detengono il primo posto per tasso di presenza della libera professione, con 50 liberi professionisti ogni mille occupati. L’incertezza di un quadro economico assai complesso, insieme con il preoccupante declino demografico del Paese, sta modificando profondamente le caratteristiche del settore, che se da una parte vede ridursi il numero degli iscritti a un Ordine professionale; dall’altra non riesce più ad attrarre le giovani leve.

Nonostante l’aumento del numero di laureati, infatti, si registra una scarsa propensione verso la libera professione soprattutto tra le attività giuridiche, gli architetti, gli agronomi e i veterinari. Tra il 2018 e il 2022 il numero di laureati che hanno scelto la libera professione è passato da 20.795 a 18.644, registrando un calo del 10,3%. All’appello mancano 2.151 laureati, che hanno preferito un lavoro dipendente. La flessione degli iscritti colpisce quasi tutte le categorie professionali e risulta più marcata nel Mezzogiorno, che sconta una massiccia ondata migratoria verso le regioni del Centro e del Nord. Un fenomeno che ridisegna la configurazione degli studi professionali. Se durante la pandemia i più penalizzati erano stati gli studi con dipendenti, nel 2022 si inverte la tendenza, con il recupero di quasi 11mila professionisti datori di lavoro (e sono le donne a trascinare la crescita); mentre cala di circa 63 mila unità il numero di professionisti senza dipendenti. Un dato che indica una tendenza a rafforzare i livelli occupazionali e, quindi, una spinta verso i processi aggregativi degli studi professionali. «Calo demografico, basso appeal delle libere professioni tra i giovani laureati e flessione del numero complessivo degli iscritti agli ordini professionali. L’VIII Rapporto sulle libere professioni in Italia ci consegna un quadro fedele e piuttosto preoccupante di una realtà economica che subisce le conseguenze di una congiuntura negativa proprio quando l’intero settore è alle prese con una difficile transizione dettata dalla forza dirompente delle tecnologie digitali, che impongono notevoli investimenti per ridisegnare i modelli organizzativi all’interno degli studi professionali - commenta il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella -. In questo scenario, la contrazione del numero di iscritti agli albi professionali diventa ancor più preoccupante alla luce della scarsa propensione dei giovani neo laureati verso la libera professione. Un fenomeno aggravato dagli squilibri demografici e dal profondo divario tra le regioni del Sud e quelle del Nord. Tuttavia, all’interno del Rapporto ci sono segnali incoraggianti, per esempio, sul fronte dell’occupazione e l’aumento dei datori di lavoro professionisti è un chiaro sintomo della necessità di accelerare i processi di aggregazione, anche tra discipline diverse, per favorire la crescita dimensionale degli studi professionali e sostenere la loro competitività sul mercato nazionale e internazionale. L’insieme di questi fattori ci spinge a sottolineare l’esigenza di un intervento della politica per rendere più attrattivo e competitivo il nostro settore. E i segnali che arrivano in questa direzione dalle forze di governo e dalle opposizioni ci lasciano ben sperare».

Il mercato del lavoro e la riscossa delle donne
Le dinamiche occupazionali che hanno caratterizzato il settore professionale negli ultimi due anni incidono sulle caratteristiche demografiche del comparto stesso, dove si assiste a un chiaro ribilanciamento di genere all’interno della libera professione, che si tinge sempre più di rosa. Al di là del calo numerico complessivo che coinvolge sia la popolazione maschile (-4,6%) sia quella femminile (-2,1%), il Rapporto di Confprofessioni segnala come le donne siano cresciute maggiormente rispetto agli uomini. Nel 2022 si contano infatti 135 mila professioniste in più rispetto al 2010, mentre l’incremento dei professionisti si ferma a quota 28 mila unità. La presenza femminile spicca soprattutto tra le professioni sanitarie e socio-assistenziali (53,2%) e nelle attività legali si è quasi raggiunta la parità di genere (45,5%). In ritardo, invece, le professioni tecniche dove la quota di libere professioniste non raggiunge il 24%. Da questo punto di vista le regioni più virtuose sono l’Emilia Romagna, Lazio e Piemonte; mentre le regioni dove si registra il maggior squilibrio di genere sono la Calabria, la Liguria e la Campania.

Anche le donne iscritte alle Casse di previdenza dei professionisti sono mediamente più giovani degli uomini (l'età media delle donne è di circa 46 anni, contro i 51 degli uomini). Le donne under 40 sono circa il 38% del totale delle donne contro il 21% degli uomini. Negli ultimi 17 anni la percentuale di iscritte donne è cresciuta notevolmente. Le iscritte donne rappresentano, al 2022, quasi il 41% del totale. È quanto emerge anche dal Rapporto annuale dell'Adepp, l'associazione degli enti previdenziali privati dei professionisti. Tra gli ''under 40'' sono circa il 54%, percentuale che decresce con l'aumentare dell'età. Tra i nuovi iscritti sono al 52% donne. Considerando solo gli ''under 40'' le nuove iscritte superano i colleghi uomini di quasi il 7%. «Buoni segnali arrivano sulle differenze di genere - afferma il presidente dell'Adepp Alberto Oliveti -. Molto apprezzabile infatti che tra i nuovi iscritti il numero di uomini e donne sia equilibrato, mentre lo sbilanciamento maschile appare solo tra i professionisti d'età avanzata. C'è invece ancora strada da fare sul fronte dei redditi, che sono ancora sbilanciati a svantaggio delle donne».

Continua inoltre l'impegno delle Casse di previdenza dei professionisti a sostegno degli iscritti: 450 milioni di euro per il welfare, quasi nove miliardi di euro per le prestazioni. Aumentano gli iscritti, volano i pensionati attivi alle casse previdenziali private dei professionisti. L'ultimo dato annuale riporta 1.501.778 iscritti attivi (un incremento del 0,93% rispetto al 2021) e 110.062 pensionati attivi (un aumento dell'8,7% rispetto al 2021), totalizzando così 1.611.840 iscritti attivi, con un aumento complessivo dell'1,43%. «Questo rapporto - evidenzia Oliveti - mostra che il mondo delle libere professioni rappresentato dall'Adepp è solido e ha creato più occupazione. Il nostro mondo ha visto infatti aumentare il numero degli attivi, in maniera sensibilmente più marcata di quanto sia accaduto in Italia tra i lavoratori dipendenti, e in assoluta controtendenza rispetto ai lavoratori indipendenti iscritti all'Inps».

Particolare rilevanza riveste l'incremento dei pensionati attivi nel periodo di analisi che evidenzia la tendenza dei liberi professionisti a proseguire l'attività lavorativa anche in età avanzata. È da sottolineare che, sebbene i professionisti pensionati attivi costituiscano solo circa il 6,8% del totale degli iscritti, l'incremento percentuale cumulato dal 2005 si attesta intorno a 160 punti percentuali. Nel medesimo periodo, l'incremento percentuale totale degli iscritti attivi è stato del 24,64%. Il numero medio di professionisti per mille abitanti è circa 27 e per lo più le regioni sono allineate su questo valore (oscillando tra 21 e 31). La regione con la maggiore percentuale di professionisti è il Lazio con 31 professionisti ogni mille abitanti.

La composizione dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza si è notevolmente modificata nell'arco degli ultimi 18 anni: gli under 40 rappresentavano, nel 2005, quasi il 41% del totale degli iscritti, scendendo a circa 27,1 punti percentuali nel 2022. Sicuramente hanno influito le riforme previdenziali che hanno comportato l'innalzamento dell'età pensionabile e la sempre maggiore propensione a continuare l'attività lavorativa anche oltre l'età pensionabile. Altri fattori vanno ricercati nell'invecchiamento della popolazione italiana e nella diminuzione degli iscritti alle università. La classe d'età più popolata è quella compresa tra i 50 ed i 60 anni, di seguito la classe d'età tra i 40 ed i 50 anni. Più del 50% degli iscritti alle Casse ha una età compresa tra 40 e 60 anni. Molto importante è anche la distribuzione per classe d'età tra le diverse Casse. Per esempio, consideriamo la classe 30-40 anni: dai numeri si osserva che il minimo è dato dal 4% mentre il massimo è circa il 38%. Questo vuol dire che, il peso degli iscritti tra i 30-40 anni per alcune Casse è vicino al 4% mentre per altre è intorno al 40%. Se analizziamo i dati relativamente alle differenze di genere, Gpg (gender pay gap), tra i liberi professionisti iscritti agli enti previdenziali, nel 2022, si registra una differenza di reddito pari a circa il 45%. Esaminando la percentuale di reddito per le diverse fasce d'età, ulteriormente suddivisa per genere, si evince come la differenza di reddito dovuta al genere sia persistente per tutte le fasce d'età ma con delle importanti differenze. In particolare, si può notare come questa differenza sia meno rilevante per i redditi più bassi e per le professioniste sotto i 30 anni. In questa fascia d'età, infatti, la differenza di reddito tra le professioniste donne e i loro colleghi uomini risulta essere circa il 28%. Nonostante il reddito medio delle libere professioniste sia di circa 27.848 euro, il 50% di queste ha un reddito inferiore ai 17mila euro. Da sottolineare anche una maggiore differenza tra reddito e fatturato nei professionisti uomini rispetto alle loro colleghe donne. Il fenomeno è ascrivibile a diverse cause. Tra queste possiamo ipotizzare che, in molti casi, l'attività professionale sia in realtà un'attività svolta in favore di altri professionisti (rendendola più simile a quella di lavoro dipendente/collaboratore) e ciò comporta che il fatturato coincida quasi completamento con il reddito. Quanto appena descritto è, in particolar modo, rilevante per i giovani e le donne. Altre cause possono essere ricercate nelle diverse specializzazioni scelte dalle professioniste donne per poter conciliare vita familiare e lavoro professionale.

I redditi dei professionisti
Nel 2022 il reddito medio annuo dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza private è salito a quota 38.752 euro, in aumento rispetto ai 33.269 euro del 2021 e con un balzo del 14,2% rispetto al periodo pre-crisi pandemica. A beneficiare della crescita dei profitti sono soprattutto le professioni tecniche, grazie anche alla spinta del Superbonus. In cima alla classifica si collocano i geometri con un incremento del 37,7% sul 2010, seguiti a ruota dai geologi (+29,8%), architetti (+28,4%) e ingegneri (+25,9%). In base ai dati delle casse private, le professioni più redditizie sono quelle degli attuari (con un reddito medio di 96.306 euro) e dei commercialisti (74.330 euro); in calo, invece, i consulenti del lavoro (49.202 euro). In fondo alla classifica si collocano agrotecnici, giornalisti e psicologi. L’aumento dei redditi è confermato anche dai dati Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale) del Mef che, a differenza dei dati delle Case private escludono i contribuenti che adottano il regime forfettario, le nuove partite Iva, i contribuenti che hanno riportato cali dei compensi superiori al 33%. In questo caso, le attività che registrano l’incremento maggiore nei redditi medi sono gli studi notarili (+19,2%) seguiti dagli psicologi (+15,6%) e dalle professioni paramediche indipendenti (+13,5%). In questo scenario, tuttavia, si allarga ulteriormente la forbice reddituale tra uomini e donne, soprattutto nelle professioni giuridiche, dove le donne guadagnano oggi meno della metà degli uomini. Ma il problema coinvolge trasversalmente diverse categorie professionali. Tra i commercialisti, per esempio, il divario reddituale tra maschi e femmine sfiora i 40 mila euro, mentre tra gli ingegneri le donne guadagnano 22 mila euro in meno rispetto ai colleghi maschi. Passando ai professionisti iscritti alla gestione separata Inps, la musica cambia. A fronte dell’aumento del numero degli iscritti (dai 260 mila del 2010 ai 476 mila del 2022), il Rapporto di Confprofessioni sottolinea una costante contrazione del reddito medio, che scende dai 19 mila euro pro capite del 2010 ai 17 mila euro del 2022. Anche in questo ambito si registra un persistente divario di genere a sfavore della componente femminile che al 2022 guadagnano circa 5 mila 800 euro in meno rispetto agli uomini. Il divario reddituale appare ancor più marcato tra Nord-Sud e si attesta intorno a 6-7 mila euro, con Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto in testa alla classifica dei redditi più alti; fanalini di coda: Sicilia, Calabria e Campania.

La frattura tra Nord e Sud
Il divario Nord-Sud è la spina nel fianco dell’economia italiana. Nel 2022 il tasso di occupazione in Italia ha superato di poco il 60%, un dato più basso di quasi 10 punti rispetto alla media europea. Tuttavia, il problema italiano non è generalizzato ma è in grandissima parte la conseguenza della persistente frattura Nord-Sud. Riduzione della natalità e saldi migratori interni costantemente in perdita sono le cause principali che aggravano gli squilibri demografici, anche nel settore professionale. Ci sono infatti ben 23 punti percentuali di differenza tra la percentuale di occupati nel Mezzogiorno (nel 2022 avevano un tasso di occupazione del 45,6%) e nelle regioni del Nord (che vantano un’occupazione pari al 69,0%). Analogo discorso per la questione di genere. Il fenomeno non è nuovo e affonda le sue radici nella struttura demografica che nel Sud è cambiata in modo drammatico. Nel 2022 il numero di residenti in età 0-29 anni si è ridotto del 30% rispetto al 2002, mentre la popolazione over 60 del meridione aumenta in modo sostenuto (+35%).

La duplice transizione
In uno scenario caratterizzato da poche luci e molte ombre, il rilancio delle libere professioni si gioca sulla transizione digitale ed ecologica per promuovere la sostenibilità e lo sviluppo della dimensione imprenditoriale degli studi professionali. In questa direzione, la revisione del Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza e il meccanismo del REPowerEU rappresentano un nuovo impulso per valorizzare le competenze dei professionisti e per recuperare il ritardo nella “messa a terra” di una strategia di sviluppo del sistema professionale italiano. La duplice transizione impone una risposta adeguata del tessuto professionale rispetto alla domanda crescente del mercato di figure lavorative con competenze avanzate nell’ambito delle discipline Stem e in settori ad alta innovazione, anche per risolvere il problema del mismatch tra domanda e offerta di competenze. In questo campo, occorre spendere energie e creatività per immaginare nuove figure professionali ibride, che sappiano impiegare le competenze di area Stem e metterle al servizio delle nuove esigenze del mondo del lavoro professionale. «Le professioni sono al servizio delle sfide dalla transizione digitale ed ecologica - sottolinea Stella -. La digitalizzazione della pubblica amministrazione, la sanità territoriale, la rigenerazione urbana, l’agricoltura sostenibile, la riduzione del rischio idrogeologico e lo sviluppo delle energie rinnovabili sono obiettivi ambiziosi che il nostro Paese può raggiungere con lo sviluppo delle competenze e delle infrastrutture professionali. Per rendere più attrattiva la libera professione tra i giovani occorre introdurre un incentivo fiscale che preveda, come già avviene per le imprese, l’azzeramento delle imposte per i primi tre anni di attività. Al tempo stesso, bisogna accrescere le nuove competenze dei professionisti, facendo leva sulla formazione e sulla digitalizzazione, per generare valore e rendere più competitivi gli studi nel mercato del lavoro». Affermando l’importanza dello sviluppo digitale all’interno degli studi professionali, Stella sottolinea come «l’impatto dell’intelligenza artificiale rappresenti una formidabile opportunità di investimento per i grandi studi, ma non si possono lasciare indietro gli studi di più piccole dimensioni che, anche attraverso gli incentivi del Pnrr, potranno affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale e allinearsi al mutato scenario competitivo del mercato dei servizi professionali». Aiutare i giovani che scelgono l'attività indipendente ad entrare prima possibile nel mercato del lavoro - rivedendo le regole del praticantato - nonché favorire lo sviluppo delle Società tra professionisti (Stp), permettendo ai componenti di godere del regime fiscale forfettario. E, ancora, modificare l'attuale modalità formativa, superando la logica dei crediti, e finanziando la trasmissione di nuove competenze anche con i fondi del Pnrr. È quanto emerso durante la riunione del tavolo promosso dalla ministra Marina Calderone, che ha incontrato i vertici degli Ordini delle varie categorie, insieme ad alcuni esponenti dei dicasteri della Giustizia, delle Imprese e del made in Italy, della Salute e dell'Agenzia delle Dogane. A giudizio di Calderone, visto che il comparto è sempre meno giovane (in Europa un professionista su due ha più di 50 anni), è oramai necessario ragionare sulle regole da aggiornare in merito alla formazione e all'avvio dell'attività. Ecco perché, ha spiegato, sono state poste le basi per «un percorso congiunto da sviluppare nei prossimi mesi, che sarà condiviso dal ministero del Lavoro con gli altri dicasteri competenti». Fondamentale, poi, ha riferito il presidente di ProfessionItaliane (l'organismo degli Ordini) Armando Zambrano, è «ampliare il raggio d'azione della legge sull'equo compenso», in vigore dallo scorso mese di maggio, perché «il principio non può valere soltanto per alcuni soggetti (le imprese con oltre 50 dipendenti o con dieci milioni di euro di fatturato, ma va esteso a tutta la pubblica amministrazione».

Tante partite Iva, ma bassa produttività

Secondo dati raccolti da Statista, rispetto all’Europa l’Italia è il Paese con più lavoratori freelance. Nel 2022 il lavoro autonomo in Italia ha coinvolto più di 4,7 milioni di persone, nel Regno Unito poco più di 4 milioni mentre in Francia e Germania il dato si aggira attorno ai 3 milioni. Un’istantanea che attesta quanto la dinamica del mondo del lavoro continui a evolvere senza sosta e che dovrebbe dar la possibilità alle persone di avere un rapporto migliore con il proprio lavoro. Tuttavia, secondo dati Ocse, nonostante gli italiani lavorino circa 46 ore in più della media europa la produttività nel nostro Paese rimane la più bassa. Il lavoro da freelance attrae perché consente di scegliere con maggiore libertà orari e luoghi lavorativi, ma secondo Luigi Nigro, giovane professionista del digitale e content creator, il lavoro autonomo diventa spesso una trappola perché la maggior parte dei professionisti non ha la capacità di gestirlo in maniera efficiente. Per Nigro uno degli errori più grandi per un freelance è considerare ogni task, ogni mansione e ogni incombenza un’urgenza. Saper riconoscere le priorità tra le numerose cose da fare è alla base di una buona gestione del proprio lavoro. Per Nigro, per esempio, le urgenze non esistono proprio: ciò gli consente di prendere ogni decisione professionale per migliorare la qualità del proprio lavoro sul lungo termine ed evitare qualsiasi tipo di stress; la priorità nel lavoro deve sempre essere l’output di qualità, che si ottiene riducendo al minimo gli sprechi di tempo, sia per sé stesso che per i propri clienti. Questo perché i professionisti, a differenza dei dipendenti, vendono la propria competenza e non il loro tempo. Ecco il vero vantaggio del professionista: la possibilità di scalare i propri guadagni e il proprio tempo. Un consiglio per scalare il proprio tempo è diventare “cinture nere” di lavoro asincrono, riducendo al minimo le call di allineamento (preferendo piuttosto le email) o pianificando all’inizio del lavoro solo quelle davvero necessarie. Uno sbaglio commesso da molti professionisti è quello di fare un po’ tutto senza specializzarsi, non capendo che è proprio la specializzazione che permette di diventare più bravi in ciò che si fa. Più ci si specializza, più si diventa abili e competenti in un settore e meno tempo si impiega. Per esempio un lavoro che inizialmente richiede 50 ore, dopo alcune settimane grazie alla specializzazione può essere concluso nella metà del tempo e permette di conseguenza di alzare i prezzi. Un’altra buona pratica è la standardizzazione dei propri servizi. Creare per la gestione della propria operatività una checklist che aiuti a tenere traccia di tutti i passaggi e per i clienti una libreria video in cui ha raccolto tutte le informazioni standard e i dubbi che i clienti solitamente si pongono. Tempo risparmiato per sé e per il cliente e un valore percepito aumentato a dismisura. Imparare cos’è un conto economico e uno stato patrimoniale risulta fondamentale per un professionista che vuole far crescere la propria attività. Tramite il conto economico è possibile monitorare i costi della propria attività e classificarli per tipologia. Saper gestire il denaro permette al professionista di slegarsi dalla sua necessità impellente e poter scegliere con quali clienti lavorare, evitando quelli che non condividono il proprio metodo. Uno dei punti critici del lavoro da dipendente è l’assenza di orari. È molto facile che un professionista lavori 12 ore al giorno inseguendo task completamente inutili e che potrebbero essere gestite in modo molto più efficiente. Per Luigi funziona benissimo l’organizzazione del tempo a fasce: qualsiasi cosa succeda, alle 18 devo chiudere l’unica task importante della giornata. Ogni giorno stabilisce una sola cosa importantissima a cui dedicarsi, più altre task accessorie, minori e non importanti. Non importa a che ora inizia a lavorare, ma entro le 18 la task importante deve essere portata a termine. Ciò gli permette di decidere liberamente se staccare da lavoro a quell’ora o se continuare a lavorare su task minori, come per esempio emettere fatture, burocrazia ecc. Per la gestione delle task non esistono tecniche particolari di produttività ma il consiglio di Luigi è conoscere la matrice di Heisenower e applicarla in modo rigido. «La fusione di queste 6 abitudini (che si possono riassumere in buona organizzazione del lavoro, buona gestione dei flussi di cassa e buona gestione del tempo) secondo me sono alla base della piramide per poter affrontare in modo sano il lavoro da professionista. Dovrebbero istituire un esame di apertura Partita Iva in cui vengono testate le conoscenze dei candidati su queste tre materie, perché è pieno di professionisti in giro che aprono partita iva ma continuano a lavorare con un approccio da dipendente, accollandosi i contro di tutte e due le figure e senza beneficiare di nessun vantaggio», conclude Nigro.

I consigli per i nuovi lavoratori autonomi

La digitalizzazione sta creando nuove figure professionali e nuove modalità di gestione dell’attività. Si tratta di un’evoluzione importante accentuatasi con la pandemia e dimostrata anche dagli ultimi dati del ministero dell’Economia e delle Finanze da cui emerge che nel corso del 2021 sono state registrate 549.500 partite Iva, in aumento del 18,2% rispetto all’anno precedente. Più del 60% di queste riguarda le persone fisiche che, da lavoratori autonomi, hanno spesso la necessità di essere sempre più raggiungibili e competitivi. In questo scenario, assume un ruolo sempre più importante anche il personal branding, in modo particolare in campo digitale. Proiettare la propria presenza online è fondamentale per far conoscere ad una platea ancora più ampia sia se stessi che il proprio business, con eventuali prodotti e servizi. Ecco quindi che GoDaddy offre un ventaglio di soluzioni calibrate a rispondere alle esigenze delle migliaia di piccole aziende, liberi professionisti, partite Iva e privati - che rappresentano appunto la spina dorsale dell’economia del Paese - fornendo tutto l’aiuto e gli strumenti necessari per avere successo online. Secondo il recente rapporto Censis-Ugl l’84% dei lavoratori vuole supporto su aspetti specifici del proprio lavoro, dalle competenze alle tecnologie utilizzate ed ecco quindi i consigli di GoDaddy per ottimizzare per il proprio personal branding anche per chi non è esperto di programmazione e informatica:

- Creazione di un dominio: una delle possibilità per essere presenti on line è crearsi un sito web per il proprio business. In questo caso, il primo tassello da considerare è la registrazione di un dominio, cioè l’indirizzo web grazie a cui le persone potranno atterrare sul sito. In generale per l’apertura di un dominio si può considerare una spesa di circa 25 euro per i primi due anni.

- Realizzare un sito attraverso una piattaforma: utilizzando piattaforme standard, i cosiddetti “costruttori di siti”, è possibile realizzare un sito in poco tempo, in maniera semplice e mantenendone sempre il controllo completo. Questa soluzione consente di creare un sito senza l’ausilio di un programmatore, con un notevole risparmio nei costi di realizzazione, lasciando aperta la possibilità di svolgere modifiche in futuro. Per chi fosse interessato a vendere prodotti e servizi sul sito, è possibile creare un negozio on line.

- Attenzione alla reputazione online: la maggior parte delle persone ha una brand identity digitale che viene alimentata dall’utilizzo quotidiano di profili social personali, blog e siti web personali, oltre alla condivisione di recensioni: non prestare attenzione a ciò che si scrive su un post social o non essere coerenti con il tone of voice può essere infatti dannoso per il proprio personal branding. Grazie agli strumenti di marketing integrati per i social media, le email e i siti, è possibile dare più visibilità e migliorare la reputazione digitale e di conseguenza il proprio business.