Economia

LA POLEMICA. La precisazione di Befera: «Le spese per l’istruzione non sono un lusso»

maurizio Carucci mercoledì 29 aprile 2009
L’indicazione dell’A­genzia delle Entrate ai propri uffici di a­vere attenzione, ai fini degli accertamenti fiscali 'sinteti­ci', per alcune spese dei con­tribuenti, come quelle per l’i­struzione privata «non ha as­solutamente l’intento di qua­lificare le spese per l’istruzio­ne come un genere di lusso né che il loro sostenimento sia sempre e comunque indice di una particolare agiatezza e­conomica. Le spese in questione vengono infatti prese in considerazione solo qualora siano di ammontare partico­larmente rilevante». Lo precisa in una lettera il direttore dell’Agenzia delle En­trate, Attilio Befera, sottolineando che l’attenzione è sulle scuole «esclusive» che richiedono «significative disponibi­lità economiche». «È ovvio – rileva ancora Befera – che nes­suno pensa di equiparare chi sostiene le spese più alte a un evasore fiscale». In ogni caso «la libertà di educazione dei propri figli non è proprio in discussione». «Una retta sco­lastica di poche centinaia di euro – fa notare Befera – è com- patibile anche con redditi di non elevato ammontare, mentre l’i­scrizione a scuole esclusive e par­ticolarmente costose richiede si­gnificative disponibilità econo­miche ». Ma non spiega che cosa siano le «scuole esclusive» di cui parla, termine vago quan­to quello di «scuole private». La precisazione dell’Agenzia delle Entrate arriva dopo che mercoledì scorso Avvenire aveva per primo dato spazio al­la lettera aperta di nove associazioni – cattoliche e laiche – rappresentative del mondo scolastico paritario (Agesc, Fi­dae, Agidae, Cnos-Fap, Ciofs­scuola, Fism, Foe-Cdo, Aninsei e Msc), che, riferendosi alla circola­re dell’Agenzia delle Entrate dello scorso 6 aprile, inserisce tra i ser­vizi di lusso anche le scuole 'pri­vate'. «Prendiamo atto della precisazione dell’Agenzia del­le Entrate – spiega Maria Grazia Colombo, presidente del­l’Agesc –. Condividiamo la lotta all’evasione fiscale, ma ri­badiamo che bisogna fare chiarezza, poiché la circolare sembra comunque mettere sullo stesso piano servizi per il tempo libero e servizi educativi, puntando il dito contro le famiglie che mandano i figli nelle scuole cosiddette priva­te. È necessario che venga chiarito a quali scuole si rife­risce la circolare dell’Agenzia quando parla di 'scuole pri­vate', termine che non ha ri­ferimenti legislativi. Ci si au­gura che queste indicazioni non intendano segnalare le scuole paritarie che, secondo la legge 62/2000, fanno parte del sistema nazionale pubbli­co di istruzione». «In un momento così grave di crisi morale ed economica – si chiede la Colombo – in cui le famiglie stanno cercando di sopperire a uno Stato ina­dempiente circa il riconoscimento della libertà di educa­zione, garantita invece in tutti i Paesi europei, cosa vuol di­re evidenziare quale indicatore di situazioni 'di lusso' la fre­quenza a 'scuole private'?». «In ogni caso – conclude la presidente dell’Agesc – vogliamo essere costruttivi. Occor­re, però, fare chiarezza: si tratta di una questione culturale e di un pregiudizio nei confronti di quelle scuole che fan­no risparmiare allo Stato. Purtroppo in Italia esiste ancora un sistema centralista, che non tiene assolutamente con­to della sussidiarietà».