Economia

LAVORO. Ritorno ai campi

da «è Lavoro», Carmen Morrone mercoledì 7 ottobre 2009
Rudi voleva coltivare arance e spinge i suoi amici Ponchia, Cedro, Marco e Paolino a partire da Milano per Marrakech. Nel film Marrakech Espress, Gabriele Salvatores ha scelto di far fare il contadino a chi impersonava la fuga dal mondo occidentale. Un clichè che pare invece essere diventato il mestiere che sempre più giovani vogliono fare. Non per spirito ribelle. Lo rivelano i dati di Coldiretti-elaborazione Infocamere, secondo cui nel 2009 sono nate 18.863 imprese agricole contro le 15.556 industriali, quindi i giovani con spirito imprenditoriale hanno preferito l’agricoltura. Avviare un’impresa agricola è molto impegnativo a partire dall’investimento economico e dalla complessità che l’organizzazione imprenditoriale esige, ma come vedremo, è un settore redditizio e che dà molta soddisfazione personale. Tanto lavoro in azienda, spesso quella di famiglia, è il requisito fondamentale. «Perché nessuna scuola ti insegna a fare l’imprenditore – commenta Donato Fanelli, presidente nazionale Giovani agricoltori della Coldiretti e vice presidente dei Giovani agricoltori al Consiglio europeo –. La strada più semplice è quella di seguire chi già lo sta facendo e poi eventualmente diventarne socio o aprire una propria attività solo dopo una collaudata esperienza».«Le imprese agricole oggi non si dedicano più soltanto alla produzione, spesso trasformano il prodotto e vanno direttamente sul mercato. Oltre essere competenti dal punto di vista delle tecniche di agricoltura o di zootecnia si deve sapere amministrare dal punto di vista burocratico l’azienda, che vuole dire conoscere e applicare le normative relative ai lavoratori, all’igiene e sicurezza dei luoghi e del prodotto. Fare marketing e collaborare direttamente con i clienti», afferma Marco Saraceno, presidente dell’associazione nazionale giovani agricoltori di Confagricoltura. La nuova generazione di imprenditore agricolo si prepara all’Università. Ma non solo. «Le Università offrono percorsi tradizionali in agraria, ma anche corsi di laurea e master più specialistici, come quelli relativi al settore enologico. Alcuni corsi poi danno nozioni anche di management. La formazione universitaria dà buone basi, poi però è necessario conoscere il mercato, sapere gestire fornitori esteri, esportare i prodotti. Ci sono anche nuove coltivazioni come per esempio le biomasse. Per questo occorre avere valide informazioni e essere inseriti in una rete di imprenditori grazie a associazioni e organizzazioni di categoria», dice Fanelli. L’immagine del contadino che coltiva ortaggi o riso è preistoria? «Il riso è ancora redditizio perché in Italia si produce riso di altissima qualità – illustra Saraceno –. Discorso diverso per le cerealicole, anche se ci sono giovani imprenditori che hanno ricominciato a coltivare tipi di grano eccellente con cui confezionano pasta di elevata qualità. Gli ortaggi sono ancora un buon investimento, soprattutto se si intercetta direttamente il cliente con l’apertura di spacci o con la raccolta diretta sul campo da parte dei consumatori. Chi coltiva ortofrutta oggi la refrigera, la confeziona e spesso la trasforma». La sfida di questi anni raccolta dalle nuove generazioni di imprenditori è legata alle fonti alternative di energia. «Si tratta delle coltivazioni di biomassa e degli impianti di biogas – dice Saraceno –. Nel primo caso l’agricoltore pianta, cura e taglia le piante che vengono acquistate dai gestori di energia. Nel secondo la trasformazione dei liquami avviene già in azienda e l’energia eccedente rispetto ai bisogni dell’impresa viene ceduta».Pur nel romanticismo del film Marrakech Espress anche Rudi, l’aspirante coltivatore di arance, ha bisogno di finanziare la sua impresa. Per gli agricoltori ci sono importanti opportunità. «Non si tratta di elargizione di tipo assistenzialista come avveniva qualche anno fa – tiene a precisare Donato Fanelli –. Si tratta di finanziamenti erogati sulla base di un determinato progetto imprenditoriale, che una volta approvato e avviato va rendicontato. Le misure del primo insediamento si rivolgono ai giovani che si insediano, cioè iniziano l’attività, e vanno dai 40 ai 70mila euro in parte a fondo perduto, in parte in conto interessi e sono misure finanziarie dell’unione europea erogate dalle regioni».Nel 2007 è stato istituito il Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura con una dote di 5milioni di euro annui dal 2009 al 2011. Solo la metà dei giovani imprenditori agricoli è proprietario dei terreni. «L’affitto della terra è una questione aperta – conclude Saraceno –. Le tariffe dovrebbero essere riviste per agevolare i giovani per poter anche allargare l’appezzamento. In Italia un appezzamento in media è di sei ettari, che a Sanremo sono redditizi se si installa una serra, in Lucania anche con il grano della migliore qualità non lo sono. In Europa un’azienda agricola conta in media fra i 20 e i 40 ettari di terreno».