Economia

Economia. L’Africa in crescita e i «paperoni» pure

Paolo M.Alfieri sabato 8 marzo 2014

Nel contesto di un’economia africana che cresce più di quella di altri continenti – il Pil medio è de­stinato a salire del 6% nel prossimo decennio – ci sono settori che garantiscono più profitti di altri. E­nergia, telecomunicazioni, materie prime sono il mo­tore di un boom favorito anche dall’aumento degli in­vestimenti stranieri diretti, passati dai 15 miliardi di dol­lari del 2002 ai 37 miliardi del 2006, fino ai 46 miliardi del 2012. Non solo ciò sta favorendo l’emergere di una classe media con maggiori possibilità di consumo – se­condo la Banca africana di sviluppo la classe media cre­sce del 3,1% l’anno a fronte di un’espansione demogra­fica del 2,6% – ma anche l’irrompere sulla scena globa­le di multimiliardari con molteplici interessi e investi­menti. Di recente Forbes ha pubblicato la top ten dei super-ric­chi che maggiormente hanno tratto profitti dalla crescita dell’economia africana nel 2013. La vetta se l’è conqui­stata il nigeriano 56enne Aliko Dangote, la cui ricchez­za è passata in appena 12 mesi da 12,8 a 22,9 miliardi di dollari, con un aumento del 79%. «Quando andavo a scuola compravo pacchetti di caramelle per venderle ai miei compagni, diciamo che ho iniziato presto a fare business», racconta il numero uno di Dangote Group, conglomerato che oggi da là lavoro a oltre 21mila per­sone e ha interessi che spaziano dal cemento allo zuc­chero, dalla produzione alimentare all’immobiliare, con progetti nel campo dell’energia (petrolio e gas natura­le) e delle telecomunicazioni. Il boom del 2013 è dovu­to anche all’espansione di Dangote Cement nel resto del continente, con piani di costruzione di nuovi im­pianti in Kenya e Niger per 750 milioni di dollari.

Al se­condo posto c’è una donna, la 40enne angolana Isabel dos Santos, figlia dell’uomo forte di Luanda, José E­duardo, presidente da un quarto di secolo. Isabel ha più che triplicato nel 2013 la sua ricchezza, passando da 0,9 a 3,7 miliardi di dollari. Certo, è molto più semplice di­ventare manager super-ricchi se la famiglia di origine è quella 'giusta', sostengono i suoi detrattori. E l’Angola, d’altro canto, è tra i Paesi africani quello che cresce di più, con un incremento medio del 12% tra il 2005 e il 2012, grazie soprattutto al petrolio. Isabel ha sempre ne­gato che i suoi interessi economici abbiano qualcosa a che fare con l’attività politica del padre, ma lo stesso For­bes sostiene che il presidente abbia trasferito alla figlia azioni di diverse compagnie. In Angola Isabel è azioni­sta al 25% di Unitel, principale operatore di telefonia mobile, ed è membro del consiglio di Banco Bic, oltre a possedere azioni nella società del cemento angolana Nova Cimangola. Nell’ex madrepatria portoghese la dos Santos ha interessi rilevanti nei media, nell’energia e nella finanza. 

Terzo nella classifica Forbes è il 72enne magnate suda­fricano del commercio al dettaglio Christoffel Wiese, passato da 4,1 a 6,5 miliardi di dollari. Wiese vende pro­dotti alimentari e accessori attraverso la Shoprite Hol­dings, che ha negozi in 17 Paesi africani, e abbigliamento attraverso Pepkor. Il suo Sudafrica è la prima economia del continente con un Pil di 576,1 miliardi di dollari, gra­zie soprattutto alle risorse minerarie come il platino, di cui è il maggiore produttore mondiale. Nel 2009 Wiese fu fermato all’aeroporto di Londra mentre tentava di imbarcarsi con 674mila sterline in contanti, che gli fu­rono sequestrate. Il miliardario rispose che la dogana non avrebbe dovuto trattarlo con sospetto, visto che tut­ti quei soldi erano 'noccioline': per lui rappresentava­no meno di due settimane di lavoro. Il giudice, però, li ritenne «il frutto di attività illecite» e ne ordinò il seque­stro. Anche i ricchi, a volte, piangono.