Economia

Lavoro. La strada giusta tracciata dall'Unione Europea

Daniela Rondinelli * mercoledì 2 febbraio 2022

Caro direttore, ho letto anch’io con grande preoccupazione l’intervista ad Andrea Garnero, economista dell’Ocse, che ha lavorato all’ultimo rapporto commissionato dal ministero del Lavoro, e pubblicata sul suo giornale il 19 gennaio scorso. Dinanzi a un mercato del lavoro in sofferenza, in cui aumentano i lavoratori e le lavoratrici che percepiscono salari non dignitosi, sono convinta che ci attenda una strada in salita per agganciare la ripresa post-pandemica e realizzare la ricostruzione socio-economica di cui sentiamo tanto parlare col Pnrr. Ritengo che la qualità occupazionale sia il vero nodo da sciogliere. Spetta ora a noi politici chiudere la stagione delle promesse e accelerare sulle azioni urgenti da intraprendere. Vedo nel salario minimo uno strumento adeguato sul quale non ci si può più interrogare.

L’Italia ne ha bisogno, con tre milioni di lavoratori poveri e precari, spesso costretti a sottostare a un mismatching di competenze che svilisce le professionalità acquisite da anni. La politica italiana ha il dovere di intervenire contro le distorsioni del mercato del lavoro. Prima di tutto, rivedendo il Jobs Act che penalizza i giovani, assunti con contratti di tirocinio che prevedono retribuzioni di alcune centinaia di euro a fronte di una reale prestazione lavorativa. Ci sono poi le donne, le più colpite dalla pandemia: è molto triste la fotografia, scattata a dicembre scorso dall’Istat, con una occupazione femminile stagnante e un aumento tra le giovani donne dei contratti a termine e del part-time involontario che ostacolano la loro piena indipendenza e realizzazione. Per il nostro Paese il danno è incalcolabile. Siamo alle prese con la peggiore crisi demografica di sempre che non potremo risolvere se non adottiamo politiche attive per il lavoro e strumenti specifici di welfare per consentire alle donne di conciliare la vita professionale con quella familiare.

In questi ultimi due anni, ho seguito i lavori parlamentari sulla direttiva salari minimi adeguati ed equi, su cui in sede europea sono iniziati fortunatamente in modo molto rapido i negoziati tra Commissione, Parlamento e Consiglio. Sin dal primo giorno, ho detto che abbiamo bisogno di un accordo ambizioso che superi le resistenze non ancora sopite di alcuni Stati europei, in particolare quelli scandinavi e quelli dell’Est. Oggi, grazie alla presidenza di turno della Francia, l’Europa ha maggiori chance di approvare in via definitiva la direttiva del Parlamento europeo, grazie anche all’azione della presidenza Sassoli. Convengo, dunque, con Garnero quando dice che il salario minimo è urgente e che è necessario trovare un metodo.

La direttiva ha già tracciato la strada. Non solo perché ammette l’adozione del salario minimo per legge o in base alla contrattazione collettiva, ma anche perché riconosce finalmente che questa misura è un’arma contro gli squilibri dell’attuale modello di economia di mercato. Parliamo prima di tutto della leva rappresentata dalle differenze salariali tra i Paesi membri, leva sfruttata dalle multinazionali che alimentano concorrenza sleale e delocalizzazioni di tipo predatorio, giustificate solo dalla cinica logica del profitto. Da questo punto di vista sottolineo che la direttiva salario minimo va a beneficio delle imprese italiane che competono lealmente nel mercato interno. Ritengo, infine, che ipotizzare l’avvio di una introduzione del salario minimo in quei settori soggetti oggi al precariato, specie rispetto al lavoro giovanile o femminile, o ai modelli di business, come la gig economy, non sia più rinviabile. Negli Stati Uniti, per esempio, questo tipo di metodo ha già prodotto importanti risultati. Gli stessi su cui poi l’economista David Card ha condotto i suoi studi che non a caso gli hanno valso il Premio Nobel.

La giornata in cui l’Eurocamera ha approvato il mandato negoziale è stata storica: ero lì a Strasburgo e tutte le forze politiche italiane hanno votato a favore della direttiva sul salario minimo. A Roma bisogna essere coerenti con quanto votato a Strasburgo. L’Italia scelga, finalmente. Si converga sul salario minimo, prima che sia troppo tardi per portare a termine questa battaglia storica ineludibile per una riforma del sistema delle relazioni industriali e del modello di contrattazione collettiva in linea con la fase di trasformazione epocale come quella che stiamo vivendo.

* Parlamentare europea del M5s

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