Economia

Israele. Volano i prezzi di petrolio e gas. Borse europee in affanno

Cinzia Arena lunedì 9 ottobre 2023

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La guerra esplosa tra Israele e Hamas rischia di danneggiare l'economia mondiale ed europea, in un quadro globale già messo a dura prova dal conflitto tra Russia e Ucraina e dalle tensioni tra Cina e Taiwan. Il ritorno delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente è monitorato attentamente dai mercati che mostrano una certa debolezza, mentre al contrario sono balzati i prezzi del greggio e di asset rifugio come l’oro e il dollaro. Le tensioni sui prezzi del petrolio già emerse venerdì potrebbero avere ripercussioni sull’inflazione influenzando le politiche monetarie in senso restrittivo. Nuovi rialzi dei tassi da parte della Bce e della Fed potrebbero incidere sulla crescita mondiale già in fase di rallentamento.

Borse europee aprono in affanno. Apertura di settimana in fibrillazione per i mercati azionari europei. Resta alta l'attenzione sui titoli di Stato mentre è in corso la riunione in Marocco della Banca Mondiale e del Fondo monetario, con l'intervento dei banchieri centrali che offriranno spunti sulle prossime decisioni sulla politica monetaria. Chiuso oggi il mercato obbligazionario statunitense per il Columbus Day. I principali listini hanno aperto in rosso, ma a metà mattinata le perdite erano in parte rientrate.

Dollaro forte, lo shekel ai minimi da sette anni Sul fronte valutario il dollaro torna ad apprezzarsi sull'euro e sulla sterlina. La moneta unica scende a 1,05 sul biglietto verde. In forte calo lo shekel israeliano, con la Banca centrale che ha lanciato un programma di vendite di dollari fino a 30 miliardi per "calmiera la volatilità del mercato”. La valuta israeliana è scesa dell'1,8% a 3,9 per dollaro, il valore più debole degli ultimi sette anni. L'attacco militare, intanto, spinge gli acquisti delle materie prime. L'oro è oggetto di acquisti in ottica di bene rifugio e guadagna l'1,5% a 1.849 dollari l'oncia.

Corrono i prezzi di petrolio e gas. Il petrolio beneficia dei rischi di destabilizzazione in Medio Oriente, in particolare se il conflitto si estendesse all'Iran che nonostante le sanzioni rimane uno dei principali produttori di petrolio. Il greggio stamattina ha avviato le contrattazioni in forte rialzo, per poi rallentare, con 87 dollari al barile per il Brent e 85,3 per il Wti, ai livelli di settembre, anche se un allargamento del conflitto nei prossimi giorni potrebbe innescare un nuovo shock sui prezzi del greggio. Quest’estate il prezzo del petrolio si è avvicinato nuovamente ai 100 dollari al barile, per poi invertire la tendenza. In aumento anche il gas che risente sia del conflitto in Israele e sia delle minacce di sciopero dei lavoratori di alcuni impianti di Gnl in Australia. Inoltre, è stata trovata una perdita sospetta in un gasdotto sottomarino che collega Finlandia e Estonia. Ad Amsterdam le quotazioni salgono del 6,7% a 40,8 euro al megawattora.

L'Opec: domanda globale di petrolio in aumento. Intanto, questa mattina l’Opec ha aumentato le previsioni sulla domanda globale di petrolio fino al 2045 e questo nonostante la crisi climatica. Il consumo di petrolio aumenterà del 16% nei prossimi due decenni raggiungendo i 116 milioni di barili al giorno nel 2045, circa 6 milioni al giorno più di quanto precedentemente previsto. A guidare questo incremento, saranno i trasporti stradali, i prodotti petrolchimici e l’aviazione. Secondo l'Opec (13 Paesi membri, tra cui l'Arabia Saudita, gli Stati del Golfo e il Venezuela), la domanda globale di petrolio sarà trainata dai Paesi non Ocse, con l'India come principale motore, mentre diminuirà a partire dal 2025 nella zona Ocse.