Economia

NOSTRA INTERVISTA. Passera: «Avanti così l'unità del Paese vale più dell'anti-spread»

​Angelo Picariello e Nicola Pini lunedì 17 settembre 2012
L’Italia ha bisogno di un lavoro di anni per recuperare competitività ma oggi ha tutti i numeri per restare in serie A, tenendo dritta la barra sul rigore nei conti e le riforme strutturali. «Se convinciamo il mondo che questa impostazione va avanti anche dopo le elezioni, funzionerà molto più dello scudo antispread», afferma in questa intervista il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera. Sul caso Fiat c’è «massima attenzione» e si chiede chiarezza, ma si tratta di una società quotata e, spiega, non ci sarà una «telecronaca dei contatti in corso». Boccia come «cicaleccio politichese» le voci sulle sue intenzioni future chiede ad aziende e sindacati «concreti risultati» sulla produttività. Risorse dal governo? Prima vediamo i fatti.Ministro, la tempesta sui mercati finanziari si attenua, ma i dati sull’economia reale restano molto negativi. Lei vede una luce in fondo al tunnel?Abbiamo sempre detto che sarebbe stato un anno particolarmente difficile. Arriviamo da oltre 10 anni di crescita bloccata, aggravati da due crisi finanziarie. Mettere a posto strutturalmente i conti pubblici era il nostro presupposto, gran parte del mondo aveva deciso che l’Italia andava commissariata. Però c’è stata una reazione forte e coesa di istituzioni, governo, parti sociali e opinione pubblica e il giudizio sul Paese è cambiato velocemente. Non solo all’estero. Anche in Italia percepisco una maggiore fiducia nel futuro e uno slancio a volersi riappropriare del grande ruolo che il nostro Paese ha svolto nel passato. La speranza del cambiamento, l’affermazione del merito come criterio selettivo, la voglia di tornare a progettare diventano motori potenti. Oggi diamo per scontato che siamo seduti a tutti i tavoli decisionali. Ma eravamo fuori, non contavamo più, mentre oggi l’Europa fa passi avanti anche grazie al ruolo decisivo dei due Mario, Monti e Draghi.Il giudizio sull’efficacia dei provvedimenti per la crescita è controverso. Il ministro Grilli sta per ridurre le stime sul Pil.Ma restiamo nell’ambito delle previsioni: certo non avevamo previsto un tale ritardo da parte dell’Europa nell’affrontare il problema del debito. Io scommetto ancora sul ritorno al segno “più” nella seconda parte del 2013. La febbre comunque c’è, e il misuratore finale è il disagio occupazionale che riguarda, l’ho già detto, almeno 7 milioni di persone, soprattutto concentrati tra i giovani, le donne e nel sud. Certo, se qualcuno si aspettava soldi a pioggia è stato deluso, ma abbiamo concentrato alcune decine di miliardi in infrastrutture (che possono essere tutte seguite sul nostro sito), in garanzie per il credito alle Pmi, in bonus fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per l’efficienza energetica e potrei continuare. E poi semplificazioni, liberalizzazioni. È chiaro che gli effetti si avranno nel tempo, ma sono interventi che rafforzano strutturalmente il Paese anche dove non si era mai osato, ad esempio, con lo scorporo di Snam da Eni. Entro settembre poi, ci saranno nuovo misure concrete per dare una forte spinta all’innovazione e alla semplificazione: agenda digitale, agevolazioni per gli investimenti dall’estero e le nuove imprese.Insomma: lavoro serio e vero, non una pioggia di soldi che illude. Ma dopo la crisi dell’Alcoa c’è il nuovo allarme per la Fiat. Cosa intendete fare?Stiamo seguendo con la massima attenzione la vicenda di Fiat in Italia, vista la rilevanza economica e occupazionale del gruppo di Torino. Attenti però: massima attenzione non significa fare la telecronaca dei contatti e del lavoro in corso tra governo e azienda. Fiat è una società quotata e l’informativa da dare al mercato deve seguire precise regole e tempistiche.Ma avete intenzione o no di convocare Marchionne?Non è questo il punto. Problematiche annose di questo tipo non si risolvono in un colpo solo con una convocazione, ma con un lavoro serio di tutte le parti in causa. Per questo abbiamo chiesto al vertice Fiat di approfondire e chiarire la sua informativa al mercato e al nostro Paese perché, certamente, la serie di annunci che si sono succeduti nel tempo non permette di comprendere le intenzioni del gruppo Fiat in Italia e la coerenza con progetti più volte confermati. Non vogliamo certo sostituirci alle scelte di investimento aziendali, ma faremo quanto in nostro potere per richiamare Fiat alle sue responsabilità nei confronti del Paese e per valorizzarne il ruolo nel quadro delle strategie globali del gruppo.Che risultati può dare il tavolo sulla produttività che è sotto la sua regia?È un altro capitolo che può contribuire alla crescita e che si aggiunge agli altri. La produttività del lavoro in Italia è lontana decine di punti da nostri diretti concorrenti come Francia e Germania. La competitività dipende da tanti fattori ma anche da questo. Il costo per le imprese dello spread della produttività vale almeno dieci volte quello dello spread finanziario. Per questo auspichiamo una sana concertazione tra aziende e sindacati per recuperare risorse da dividere tra imprese e lavoratori.Il governo darà un contributo?Cercheremo di reperire risorse aggiuntive per aumentare l’effetto dei concreti risultati che verranno raggiunti dalle parti sociali. Ma ognuno faccia la sua parte. L’accordo sindacati–imprese del giugno 2011 è solo uno strumentario, che ora va applicato. Il nostro contributo sarà in funzione di quanto verrà dalla trattativa. Vedremo se con misure normative o fiscali, e comunque sempre senza mettere a rischio i conti.Un intervento sulla produttività del lavoro è sufficiente con mercato interno e investimenti in caduta?Nessuno dice che basta da solo, è uno dei capitoli. ma bisogna evitare derive demagogiche. I “benaltristi”, che dicono sempre che ci vorrebbe ben altro, e quelli del “basterebbe”, che vedono sempre la responsabilità in campo altrui quando invece è necessario il contributo di tutti.L’Italia avrà bisogno di ricorrere allo scudo antispread?All’estero si chiedono se la politica del rigore e delle riforme strutturali in Italia continuerà. Il giorno che convinceremo il mondo che questa filosofia andrà avanti anche dopo il voto, vi assicuro che non ci sarà più bisogno dell’antispread. Abbiamo di che essere ottimisti sul futuro. Restiamo uno dei Paesi manifatturieri più forti d’Europa, uno dei principali esportatori mondiali. Dobbiamo toglierci le zavorre insopportabili della burocrazia, togliere pietre dagli zaini delle imprese. Ma la capacità di stare sul mercato c’è tutta, lo dicono i numeri. Per questo penso che non avremo bisogno dello scudo. Se poi l’Europa e non noi, considererà che il mercato non funziona e mantiene gli spead troppo elevati con danni per l’euro e si vorrà intervenire, vedremo. Ma il trend è già nella direzione giusta.Nei due partiti maggiori affiorano spinte diverse in vista del voto. È preoccupato?I partiti della maggioranza hanno tutti sostenuto le nostre proposte senza eccezioni e in taluni casi i provvedimenti sono usciti dal Parlamento anche migliori di come erano entrati. Siamo determinati a utilizzare al meglio i mesi restanti per completare il lavoro programmato e assicurare la concreta attuazione di quanto fatto fino ad oggi.Ma può servire una “lista per l’italia” più ancorata all’Agenda Monti?Bisogna convincere tutti, non un solo partito, che il lavoro fatto deve andare avanti. Qualcuno ha elencato anche lei fra i “tonni finiti nella rete” dell’Udc, a Chianciano.Non ho letto, e comunque questo cicaleccio politichese mi sembra di nessuna rilevanza. Non mi appassiona, mi pare legato a logiche vecchie e superate. A Chianciano sono andato a rispondere alle domande dei giovani. Punto. Mi attribuiscono frasi mai dette, ma non mi interessa, ripeto, entrarci. Oggi faccio il ministro e su questo si concentra tutto il mio tempo.È importante che anche il futuro governo si basi su una larga intesa?Mi auguro che dalle urne possa uscire una coalizione coesa e stabile, in grado di mandare avanti questo lavoro, accelerandolo al massimo. Per questo, lo dico da cittadino, è indispensabile una nuova legge elettorale comprensibile da tutti e che garantisca adeguata governabilità. Ci aspetta un periodo lungo, di qualche anno almeno, in cui l’Italia dovrà ridisegnarsi facendo grande politica, suddividendo sacrifici e benefici. Serve soprattutto grande sostegno popolare per le riforme di cui l’italia ha bisogno e che travalicano i tempi del nostro governo, e tanto più forte sarà questo sostegno tanto più esse saranno realizzabili. Saranno comunque gli italiani a decidere Per sapere del suo futuro chiede pazienza...Occuparsi di cosa pubblica è uno dei lavori più complessi e che assorbe più energie, ma devo dire che è appassionante. Specie in un un Paese che ha tutte le carte per rimanere “di serie A” come qualità della vita, livello di coesione sociale, ruolo e spazi per il terzo settore. Credo che serviranno ancora persone che portino in politica le loro esperienze di vita vissuta nel mondo del lavoro. Dopodiché, non conosciamo neppure la legge elettorale... Ma, se decido, lo dirò con chiarezza, statene certi.C’è chi dice che ha sbagliato scelta dei tempi accettando di fare il ministro, con tutte le difficoltà che comporta. Altri aspettano...Tempi non scelti da me. Napolitano e Monti mi hanno chiamato a contribuire al salvataggio dell’italia, quasi una mission impossible. Non c’era tempo per ragionamenti del tipo: mi conviene/non mi conviene. Ho accettato troppo presto? In verità abbiamo temuto, a un certo punto, di essere arrivati troppo tardi. Ma ora sono certo che l’Italia se la può giocare alla grande. Ci sono tante forze da coinvolgere, per superare tante resistenze. Ci vuole una mobilitazione collettiva diffusa per il recupero dei tanti ritardi accumulati in decenni e tanta gente credo sarebbe pronta ad impegnarsi in prima persona.I sondaggi dicono che tanti italiani, anche cattolici impegnati, sono tentati dall’astensione o dal voto di protesta.Io invece percepisco tanta voglia di impegno e partecipazione. Magari fino ad oggi si è espressa più nel terzo settore, nelle comunità. Spetta soprattutto ai cattolici dimostrare che servire è un dovere soprattutto in politica e che la contaminazione arricchisce.Non serve un partito cattolico, lei dice.Quei valori servono in tutti i settori dell’economia, della società e della politica. Non vedo perché ghettizzarsi in un partito solo, chiuso e alternativo agli altri. Per cambiare l’Italia bisogna coinvolgere il più alto numero di forze sane possibile.