Economia

Guerrini: «Senza crescita, rischi sociali»

Francesco Riccardi venerdì 30 settembre 2011
«Non mi rassegno al declino dell’Italia. Che può e deve tornare a crescere. Questa classe politica – governo e opposizione – non è stata capace di fronteggiare la crisi, si è comportata in maniera irresponsabile. E dunque: se non sono in grado nei prossimi giorni di imprimere una svolta, va trovata un’altra soluzione, che siano le elezioni o altro». Giorgio Guerrini, presidente della Confartigianato, lancia un grido di allarme per la condizione delle imprese – «la pressione fiscale è a livelli insopportabili, i consumi sono fermi, la liquidità scarseggia» – e un ultimatum al governo «perché se non si torna a crescere avremo seri problemi di ordine sociale».Nel frattempo è stata resa nota la lettera della Banca centrale europea inviata al governo a inizio agosto. Come giudicate le richieste che vi sono contenute?Non ci sono novità particolari. Bisogna però fare una premessa: quella lettera viene da un’istituzione economica, anzi finanziaria e dunque riflette una certa visione, mentre governare significa anche sapere tener conto di una prospettiva sociale. In ogni caso, partirei dall’esigenza di una riduzione dei costi e uno sfoltimento della rappresentanza politica. Risparmi che invertano la spirale attuale a "spendere e tassare" per arrivare invece a sostenere davvero le famiglie e le imprese. Oggi la pressione fiscale per chi paga le tasse è teoricamente al 45%, in realtà supera il 51%. Un livello insostenibile. E ancora, abbiamo un’inflazione al 2,8% e una crescita stimata allo 0,6%. Il potere d’acquisto dei lavoratori non potrà che essere ulteriormente eroso, mentre le famiglie hanno quasi finito le scorte di risparmio accumulato. Se non si torna a crescere sarà un disastro sociale.Siamo al nodo di sempre: perché non riusciamo a crescere?Perché evidentemente ci siamo dati delle regole sbagliate e non si rimuovono le zavorre che frenano la crescita. Occorre un arretramento dello Stato, con la cessione di asset non strategici e la piena liberalizzazione dei servizi pubblici. E invece per gli interessi dei partiti – ieri Rifondazione, oggi la Lega – o particolarismi locali, non si riesce a farlo. Sarebbe utile anche per non dover arrivare, come pure indica la Bce, al taglio degli organici e dei salari dei dipendenti pubblici.La Bce sottolinea la necessità di una riforma delle pensioni e di una revisione delle norme su assunzioni e licenziamenti. Sono punti che troveremo anche nel "Manifesto delle imprese" che presenterete oggi?Da tempo abbiamo indicato la necessità di una riforma della previdenza, agendo anzitutto sulle anzianità. Con l’eliminazione delle troppe deroghe che creano poi disparità a danno soprattutto dei giovani. Su questo occorre superare i tabù di alcune forze politiche come la Lega, che teme di perdere qualche voto di persone vicine alla pensione e non si accorge che la sua base di piccole imprese del Nord è in rivolta. Come Confartigianato, invece, non pensiamo sia una priorità il tema del mercato del lavoro. Sia perché ci siamo dotati di un efficace sistema contrattuale – con una parte del salario legata alla produttività del territorio ed enti bilaterali che fanno sanità e previdenza integrativa – sia perché in questi anni una delle poche eccezioni positive è stato il rapporto col ministro Sacconi. E con la nuova legge sull’apprendistato c’è lo strumento per promuovere nuova occupazione di qualità.Confartigianato è tra i fondatori del Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica del mondo del lavoro, come vi sentite interpellati dalle ultime parole del presidente della Cei?Ci sentiamo anzitutto confortati. Abbiamo valutato con soddisfazione anche un cambio di attenzione, perché il Forum lavora su questi temi da 2 anni e mezzo, da quando siamo nati sotto lo stimolo dell’enciclica Caritas in veritate. Da allora abbiamo messo insieme delle forze – datori e sindacati, patronati e movimenti – che prima erano divise. Qualcosa di utile per il Paese, perché si tratta di soggetti che nei momenti di difficoltà hanno saputo essere responsabili e dare il loro apporto per far avanzare la società. L’Italia ha delle grandi potenzialità che restano soffocate. Ed è necessario cambiare la legge elettorale per ritornare a una politica che sia mediazione fra interessi diffusi e non personali. Uscendo dalle sterili contrapposizioni "o bianco o nero", utilizzando invece tutte le sfumature del grigio. Un maggiore protagonismo delle forze sociali può dare un contributo fondamentale alla crescita del Paese nell’ottica degli interessi comuni e non particolari.