Economia

INTERVISTA. Fassina: «Il prossimo premier dovrà essere Bersani»

Arturo Celletti martedì 3 luglio 2012
​«Il prossimo premier deve essere Pier Luigi Bersani». Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, boccia con otto parole l’idea di un reincarico a Mario Monti: «Serve discontinuità. E serve una maggioranza con un orientamento politico chiaro. Una riedizione dell’attuale governo sarebbe un errore imperdonabile, non avrebbe credibilità e non ci farebbe fare passi avanti»Letta e Casini però non la pensano come lei.E sbagliano. Ripeto: per affrontare i problemi del Paese e dell’Europa serve discontinuità programmatica. Bisogna saper mettere al centro dell’azione del governo che verrà le politiche del lavoro, le questioni sociali, l’equità...L’equità è mancata nell’azione di Monti?L’equità è mancata certamente sulle pensioni e sull’Imu... Monti ha cercato di affrontare il problema, ma spesso non ne è stato capace. Ora si può voltare pagina ma rendendoci conto che equità è un concetto politico, non tecnico. E che le visioni di Bersani e di Alfano sono opposte.Bersani dice che Monti è una risorsa.È stato chiamato per gestire un’emergenza difficilissima, l’Italia era a un centimetro dal baratro. E ha lavorato tra mille difficoltà. Sostenuto da una maggioranza fatta da partiti con programmi e visioni alternative ha dovuto costruire un punto di equilibrio e ha fatto quello che ha potuto. È riuscito a farci recuperare credibilità a livello europeo. E a far fare passi avanti alla politica economica dell’area euro che non va ancora bene ma che incomincia a correggere gli errori più graviMa ora toccherà a Bersani...Monti è una figura autorevole e potrà continuare a dare un contributo. Ma, ripeto, serve un governo politico e una guida politica. Noi lavoriamo in questa direzione. A un’alleanza tra progressisti e moderati, ma che abbia l’agenda dei progressisti europei, quella che Bersani ha discusso a Parigi con Hollande. Ecco, è quella che serve all’Italia e all’Europa.Nell’alleanza ci sono Vendola e Di Pietro?Non si parte dalle alleanze per arrivare al programma, si parte dal progetto per il Paese e poi si definiscono le alleanze. Noi dopo l’assemblea nazionale che faremo tra una decina di giorni discuteremo con forze sociali, movimenti, forze politiche e metteremo a punto un programma per l’Italia. Su questo si definirà la coalizione.Insomma il Pd deciderà il programma della coalizione.Siamo il primo partito italiano e abbiamo dunque il dovere di partire da una nostra griglia di proposte. Poi certo discuteremo con tutti e arriveremo a una proposta su cui misurarci con gli alleatiInsisto: anche Vendola e Di Pietro?Vendola ha capito la funzione complicatissima del Pd. Di Pietro con una dose sempre più elevata di populismo cerca di lucrare presentandoci come il partito dell’inciucio e del tradimento. Questo atteggiamento condiziona la possibilità di stringere alleanze.Sta mettendo l’ex pm alla porta?Noi non mettiamo alla porta a nessuno, ma è complicato fare un’alleanza credibile con chi sostiene che ci siamo venduti a Berlusconi. A Vendola dico: aspettiamo che Di Pietro cambi rotta, ma non possiamo rifare gli errori del 2006; abbiamo il dovere di costruire un’alleanza credibileLei parlava di voto anticipato.Non più, il governo ha fatto uno scatto importante. Ora il problema è il Pdl, ma credo si debba andare a scadenza naturale.I tagli alla spesa però agitano il Pd.Non conosciamo i contenuti del provvedimento, non abbiamo avuto nessuna interlocuzione con il governo, non c’è stato un confronto di merito che certamente serviva e ci doveva essere. Detto questo non faremo mancare le nostre valutazioni, le nostre proposte e discuteremo in Parlamento. Ma una cosa deve essere chiara: sui tagli alla spesa non ci può essere l’ennesimo decreto accompagnato dall’ennesima fiducia.Eppure il decreto sembra la strada già scelta.Noi valuteremo con attenzione e poi faremo le nostre proposte. I decreti devono essere convertiti dal Parlamento. C’è sempre la possibilità di correggere. Ma mi preme fissare un punto: il governo insiste (giustamente) sul fatto che bisogna scongiurare l’aumento dell’Iva, ma tagliare la spesa ha lo stesso effetto recessivo di un aumento dell’Iva.Ma qualcosa bisogna pur fare.In questa fase in cui la recessione si aggrava e in cui la disoccupazione giovanile segna un nuovo record il governo dovrebbe contrattare con la Commissione europea margini di manovra sui conti pubblici tali da consentire una cancellazione dell’aumento dell’Iva per il 2012. Poi utilizzare ogni risorsa disponibile per sostenere il fondo per le politiche sociali che è stato azzerato. E far ripartire gli investimenti pubblici per dare ossigeno a imprese e lavoro.Teme che appoggiare senza condizioni la linea del governo sui tagli alla spesa possa portare a uno strappo con i sindacati?Lo ammetto: siamo preoccupati perché il governo sottovaluta la rilevanza del dialogo con le forze economiche e sociali. Ma ora non si può sbagliare: va definitivamente archiviata la stagione dei tagli orizzontali alla Berlusconi-Tremonti e va fatta un’operazione di riorganizzazione e di ristrutturazione di ciascuna macchina amministrativa. Purtroppo non mi pare che il governo si stia muovendo in questa direzione.