Economia

Economy of Francesco. «Così insegno l'economia dell'altruismo»

Paola Del Vecchio sabato 18 settembre 2021

«Ci muove l’appello di papa Francesco: come essere lievito del cambio, trasformare l’economia perché sia più giusta, inclusiva e sostenibile. Individualmente non possiamo fare molto, ma quando ci uniamo nessuna comunità è troppo piccola, nessun luogo al mondo troppo remoto per contribuire a un nuovo paradigma». Carolina Betancur, cilena, 39 anni, fa parte del vasto movimento The Economy of Francesco (EoF), ideato due anni fa dal Papa per sollecitare giovani economisti e imprenditori a un lavoro di squadra per il bene comune. L’economista è da poco rientrata a Conceptión, nel lontano emisfero sud, da Gubbio, dove ha partecipato alla prima 'International Summer School' diretta a 35 docenti e dottorandi in tutto il mondo, organizzata da EoF con l’Università Lumsa.«Un’esperienza che mi ha arricchito enormemente» assicura, alla vigilia dell’evento globale del 2 ottobre al quale parteciperà in streaming.

Laureata in ingegneria commerciale e con master in business administration, insegna Economia e Finanza all’Università di Conceptión, inanellando contratti semestrali. Prima, è stata responsabile del sistema di acque per l’ottimizzazione delle risorse idriche nell’area rurale di Portezuelo, dove l’acqua come nel resto del Cile è un bene privato, amministrato dalla comunità locale senza supporto pubblico. «Attualmente - spiega - sono nel gruppo dell’AoF su Lavoro e uguaglianza di genere, e sto ultimando la tesi in economia sull’accesso al mercato del lavoro delle donne di alto livello accademico. Oltre, naturalmente, a prendermi cura di tre figli, dai 18 ai 6 anni», aggiunge. Con il marito Carlos Pares, dottore in macroeconomia, Carolina è avanguardia di una piccola comunità di docenti, teologi, filosofi e attivisti comunitari, che nella 'capitale meridionale' cilena condividono la riflessione sui valori ispirata da Bergoglio. «La nostra chiave – dice – è la speranza amorosa di cui parla papa Francesco: ognuno di noi può essere agente di cambiamento, anche quando non sembra possibile. Sapendo che, seppure non ne vedrà i risultati, avrà contribuito a rendere il terreno fertile e accogliente per nuovi modelli». Puntano a promuovere progetti di intervento sociale, accademico, comunitario e lavorativo, trasformativi. «Dietro e al di sopra delle cifre macroeconomiche c’è l’umanità, ci sono le persone, famiglie con necessità – osserva la docente –. Sta a noi riuscire a trasmettere la rilevanza sociale delle scelte economiche. Del fatto che ogni individuo può contribuire all’affermazione di una logica di sviluppo integrale e non escludente». Ma come tradurre la volontà in pratica, trasformare l’economia in strumento all’altezza dei tempi nuovi, dai luoghi che occupiamo? «La risposta è complessa, ma individuo almeno tre possibilità – dice Betancur –. In primo luogo, come docenti ed educatori, anche in classe di Finanza, assieme alla teoria possiamo insegnare etica finanziaria, l’umanesimo dell’economia civile del professor Luigi Bruni, ai ventenni che prenderanno le decisioni, e le enormi conseguenze che queste avranno sulla vita delle persone».

In secondo luogo attraverso il social business: «Chi fa impresa può diventare cosciente che agire per il bene comune non è puro altruismo, ma che questo può essere 'effetto collaterale' di scambi che traggono profitti e beneficiano la collettività». Infine, con l’esempio. «Se noi, che dedichiamo ricerche allo studio di un’economia ecologicamente e umanamente sostenibile, siamo capaci di diffonderle non solo nella comunità scientifica, ma di avvicinarle alla gente, potremo allora cambiare il paradigma della 'economia del proprio interesse' in quello 'del bene comune', che include e non esclude, moltiplica e non divide, somma e non sottrae». È il caso della tesi cui lavora sulla discriminazione nell’accesso al lavoro delle donne di alto livello accademico in Cile, che ha ispirato uno dei suoi contributi alla 'Economy of Francesco', a partire dalla sua esperienza docente precaria. «Non sono un’eccezione – avverte –. Al contrario di Paesi in cui le donne fin da bambine non hanno accesso all’istruzione, in Cile tutti gli indicatori confermano che le differenze fra uomini e donne si sono andate azzerando nell’educazione di base, media e universitaria. Tuttavia, quanto più alto è il grado di formazione accademica, tanto più forte diventa la vulnerabilità e precarizzazione femminile. È una realtà molto dura, soprattutto nel mondo dell’impresa, dove le Ceo sono rarissime, nonostante gli incentivi a impiegare donne negli incarichi manageriali».