Economia

Istat. L'inflazione a marzo fa un balzo in avanti, «colpa» di alimentari e tabacchi

Cinzia Arena venerdì 30 marzo 2018

Balzo in avanti dell’inflazione a marzo. E se i livelli europei sono ancora lontani anche in Italia gli effetti delle ripresa economica cominciano a far salire i prezzi, soprattutto dei beni alimentari. Un fattore di crescita considerato l’ultimo baluardo per il cambio di strategia della Banca centrale europea in tema di Quantitave easing. Secondo le stime preliminari dell’Istat diffuse oggi l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, a marzo è aumentato dello 0,4% su base mensile e dello 0,9% su base annua (era a +0,5% a febbraio).

La ripresa dell’inflazione si deve a diverse componenti. La più rilevante è l’inversione di tendenza fatta registrare dai prezzi dei beni alimentari, trainata dal rialzo degli alimentari lavorati (+2,5%, da +1,3% di febbraio) e favorita dall’ampia riduzione della flessione degli alimentari non lavorati (-0,4% da -3,2%). A contribuire all’accelerazione anche i prezzi dei tabacchi (+2,2% da +0,3%) e dei servizi relativi ai trasporti (+2,5% da +1,9%). Rallentano di contro i prezzi dei beni energetici (+3,0% da +3,7%), soprattutto quelli non regolamentati (+1,1% da +2,1%). É soprattutto il carrello della spesa diventa più caro. I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto salgono dello 0,4% in termini congiunturali e dell’1,1% in termini tendenziali (in consistente accelerazione da +0,3% del mese precedente). L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta del 2,5% su base congiunturale e dell’1,1% su base annua (da +0,5% di febbraio). Il marcato rialzo congiunturale - spiega l’Istat - è in larga parte dovuto alla fine dei saldi invernali di abbigliamento e calzature, di cui il Nic non tiene conto. Sul piede di guerra le associazioni dei consumatori che parlano di un aggravio di spesa per le famiglie di 273 euro su base annua, che salgono a 352 euro nel caso in cui si consideri un nucleo familiare con due figli.

Molto positivi, dopo la sorpresa del calo della Germania (con inflazione annua all’1,5%) i dati che arrivano dalla Francia: a marzo i prezzi al consumo hanno segnato un rialzo dell’1,1% sul mese precedente e dell’1,7% su base annua. Stesso andamento anche oltre oceano con l’inflazione Usa all’1,8% in un anno. Se il trend europeo dovesse consolidarsi nei prossimi mesi segnerebbe di fatto la fine del Quantitative easing. La Bce sta valutando come e quando porre fine al programma di acquisto titoli. I mercati si aspettano che Francoforte abbandoni il Qe nel quarto trimestre del 2018 per poi alzare i tassi di interesse ad aprile o maggio 2019. «Per chiudere il Qe occorre che ci sia una condizione chiara: dobbiamo vedere una correzione sostenibile nel percorso dell’inflazione verso il nostro obiettivo, ossia vicino al 2%» è la posizione che il presidente della Bce, Mario Draghi ha ribadito più volte. Anche se la crescita nell’Eurozona si è rivelata «più forte delle attese e la fiducia è aumentata, non possiamo ancora dire di aver completato il lavoro» ha sottolineato Draghi ricordando che la politica monetaria dovrà essere “calibrata” per centrare l’ultimo obiettivo, quello appunto dell’inflazione. «L’inflazione (in Italia come nell’eurozona) sembra ormai aver superato definitivamente i recenti minimi, anche se il trend di risalita appare lento e irregolare su base mensile. Ciò lascia ampi margini di gradualità alla Bce nella sua strategia di uscita dalle misure non convenzionali di politica monetaria» commenta Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo.