Economia

Il caso. L'inchiesta sulla Saras e il petrolio del Daesh

Pietro Saccò giovedì 8 ottobre 2020

Navi petroliere all'orizzonte

Il petrolio dei pozzi iracheni finiti sotto il controllo dei curdi e poi del Daesh (il sedicente Stato islamico) potrebbe essere finito anche nei motori delle nostre auto. Secondo la ricostruzione di un’inchiesta della Direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari offerta oggi da Repubblica, la Saras – una delle principali società italiane ed europee della raffinazione – è accusata di avere comprato tra il 2015 e il 2016 petrolio iracheno di contrabbando a prezzi stracciati e di avere evaso il fisco per almeno 130 milioni di euro. L’azienda, quotata in Borsa e controllata al 40% dalla famiglia Moratti, «respinge fermamente ogni associazione del nome della società al contrabbando di petrolio e di carburante», sottolinea che sta collaborando con i magistrati e si riserva «ogni iniziativa» a sua tutela.

La ricostruzione dell’inchiesta è confusa. È noto che negli anni della guerra civile irachena diversi pozzi di petrolio sono sfuggiti al controllo del governo di Baghdad e sono stati gestiti illegalmente da milizie curde e poi dal Daesh. Nel 2015 la Russia aveva pubblicamente accusato la Turchia di aiutare il Daesh a esportare il petrolio che aveva conquistato. Le indagini si inseriscono in questo contesto. Da quanto lasciato filtrare a Repubblica, Saras sarebbe sospettata di avere comprato petrolio illegale iracheno da un’azienda di trading di materie prime chiamata Petraco Oil, che a sua volta se lo sarebbe procurato tramite Edgewaters, una sua controllata. Edgewaters avrebbe comprato il petrolio in Iraq, prima dai curdi e poi dall’Isis, avrebbe prodotto documenti falsi per fare risultare che il greggio fosse stato comprato in Turchia e con questa documentazione Petraco lo avrebbe venduto a Saras perché lo lavorasse nella sua raffineria a Sarroch, in Sardegna. Qualche numero non torna: si parla di un bonifico di Saras da 14 miliardi di euro, cifra spropositata e certamente incompatibile con le dimensioni dell’azienda dei Moratti, che fattura poco più di 10 miliardi di euro. Petraco Oil è di certo un’azienda poco cristallina: l’uomo d’affari croato specializzato in petrolio Branko Srenger, che l’ha fondata a Milano negli anni ‘70, ha avviato diverse società nei paradisi fiscali. Delle quattro società del gruppo Petraco, tre hanno sedi in località considerate paradisi fiscali (una sull’isola di Guernsey, un’altra in Svizzera e una a Singapore) mentre l’altra è russa. Edgewaters ha sede alle Isole Vergini.

Nei giorni scorsi sono stati perquisiti gli uffici di Saras, dove sono stati raccolti documenti che riguardano questa operazione. Il cuore dell’inchiesta sarebbe comunque contro ignoti, con l’ipotesi di finanziamento al terrorismo. Per Saras, sempre secondo quanto lasciato filtrare da Cagliari, le ipotesi di reato sarebbero riciclaggio, falso e reati fiscali. La notizia ha provocato il calo in Borsa delle azioni della società dei Moratti (-7,5%). La notizia dell’inchiesta è uscita proprio nel giorno in cui Saras ha annunciato la cassa integrazione per i 1.300 dipendenti della raffineria di Sarroch a causa della crisi dei consumi petroliferi.