Economia

LA STORIA/1. In rete per tenere aperti 16 poliambulatori

mercoledì 31 luglio 2013
​Cinquantamila pazienti tra cui anche bambini autistici e malati di sclerosi multipla rischiavano di rimanere senza assistenza. Dopo il fallimento del 2009, però, i 16 centri poliambulatoriali "SanStefar" dell’Abruzzo sono stati salvati dalla cordata di cooperative Isosan (Integrazione-socio-sanitaria) che ha rilevato il ramo relativo alla riabilitazione dal nuovo proprietario, l’imprenditore Nicola Petruzzi, vincitore dell’asta. Il subentro risale allo scorso agosto. E assieme alla cure garantite per i pazienti sono stati salvaguardati anche 330 posti di lavoro. In questo caso i dipendenti non hanno contribuito direttamente a finanziare il progetto – come avviene solitamente nei workers buy-out – ma nella lunga fase di passaggio da una gestione all’altra hanno dovuto fare sacrifici e convivere con le inevitabili difficoltà causate dalla mancanza di un sistema di organizzazione unitario. «Nei primi due anni di crisi aziendale molti fisioterapisti, logopedisti, neuropsichiatri e assistenti sociali hanno continuato a lavorare senza ricevere lo stipendio per lunghi periodi – racconta Teodora Di Santo, presidente di Federsolidarietà Confcooperative Abruzzo –. Oggi stiamo cercando di sopperire alle mancanze del passato organizzando anche corsi di formazione e di aggiornamento per il personale».  Al salvataggio hanno contribuito il consorzio Futura, il Consol e la cooperativa sociale Verdeacqua: le tre realtà locali legate a Confcooperative che hanno dato vita a Isosan. Il costo complessivo dell’operazione è stato di circa 5 milioni di euro, una cifra raggiunta attraverso un mutuo concesso da Banca Prossima, del gruppo Intesa Sanpaolo. Dal 2009 al 2012 i centri si sono praticamente "autogestiti", ma il ricorso alla cassa integrazione ha comportato liste d’attesa sempre più lunghe e una sensibile riduzione delle prestazioni. «Già nel primo anno sono stati ripristinati i livelli occupazionali del periodo pre-crisi, dando priorità ai professionisti finiti in mobilità o in part time – prosegue Di Santo –. I tempi delle liste si sono sensibilmente ridotti e siamo riusciti a chiudere il fatturato annuale con un piccolo utile di 300mila euro». Oggi l’80 per cento dell’attività si svolge a livello ambulatoriale, ma sono in crescita anche le prestazioni domiciliari e la domanda privata, «a testimonianza di un ritrovato rapporto di fiducia con i pazienti». La nuova proprietà promette, a breve, significativi investimenti per il potenziamento delle strutture. In particolare ci si concentrerà sulle problematiche riabilitative dell’età evolutiva. «Una patologia di cui soffrono sempre più persone – conclude Di Santo – e che spesso il pubblico non riesce ad affrontare con attrezzature innovative». (L.Maz.)