Economia

Il rapporto. Le famiglie non bastano più, serve un nuovo welfare per anziani e disabili

Cinzia Arena mercoledì 13 dicembre 2023

Un welfare diverso più vicino alle condizioni e ai bisogni delle persone che tenga conto di due spinte contrapposte in atto a livello demografico: da una parte l’invecchiamento della popolazione, con gli anziani non autosufficienti che dai 2,9 milioni di oggi toccheranno quota cinque milioni nel 2030, dall’altra il drastico calo della popolazione attiva dagli attuali 38 milioni ai 27 milioni previsti nel 2060. Un welfare che non sia basato sul presupposto che la fatica della cura ricada prevalentemente sulle famiglie, ma che abbia uno spirito comunitario. A chiedere questo cambio di passo è l’Inapp (l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) che giovedì 14 dicembre presenta in Parlamento il suo rapporto annuale, con l’intervento, tra gli altri, della ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone.

Uno dei capitoli è dedicato al welfare inclusivo, alla possibilità, quasi una necessità visto appunto il declino demografico, di una governance diversa con un ruolo attivo degli enti del terzo settore e degli enti locali, sulla base del Pnrr che ha concepito la disabilità come un tema trasversale di impegno di risorse. In Italia la spesa pubblica destinata alla cura di anziani non autosufficienti e disabili, definita come long term care, rappresenta l’1,9% del Pil e include per il 45% le indennità di accompagnamento (14,1 miliardi) e per il 40% la componente sanitaria (12,4 miliardi). A queste cifre andrebbero sommate le spese sostenute dalle famiglie, per residenze, assistenza domiciliare, polizze assicurative, quantificata in circa 33 miliardi di euro.

La ragioneria generale dello Stato stima una crescita della spesa pubblica per la long term care fino al 2,6% del Pil, in linea con le previsioni di aumento del 30% della popolazione con disabilità. Un’analoga estensione della spesa è attesa per le famiglie.

Nel 2019 erano 3,7 milioni le persone con disabilità grave, cioè non in grado di svolgere almeno una delle funzioni della vita quotidiana, il 6,1% della popolazione. Se alle persone in condizione di disabilità grave si aggiungono quelle che hanno molta difficoltà nello svolgere le abituali funzioni quotidiane, il numero sale a 11,8 milioni di persone, pari al 19% della popolazione, ci sono poi altre 270mila ospiti delle strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie.

L’aumento previsto per il 2030 rispetto all’ultimo anno di rilevazione disponibile, il 2019, sarà del 8% e nel 2050 si osserverà un incremento del 37% del numero di persone con disabilità, corrispondenti in termini assoluti a 1,36 milioni di persone. Ad assisterli, specie nelle regioni del Sud, è quasi sempre soltanto la famiglia e tenendo conto della netta riduzione della natalità in atto da quattro decenni, ci si rende conto che questo sistema di welfare familiare diventerà a breve insostenibile. Il rapporto dell’Inapp passa in rassegna uno degli aspetti più spinosi, vale a dire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità che al momento si ferma a 540mila casi, con una percentuale del 77% di posti di lavoro nelle imprese private.

La distribuzione geografica è asimmetrica con la Lombardia che da sola, con una media annuale di circa 123mila posti dedicati, rappresenta il 23% del totale, superando ad esempio Mezzogiorno e Isole ferme al 18%. Le linee di intervento previste dal Pnrr, sottolinea l’Inapp, rappresentano un vero e proprio “acceleratore della messa a terra” delle riforme approvate in Italia negli ultimi anni. Il programma nazionale inclusione e lotta alla povertà (Pn inclusione) prevede 4 miliardi di euro da destinare all’integrazione tra servizi sociali e sanitari, rafforzando il sostegno alle famiglie che si trovano in difficoltà. Per le persone con disabilità ad esempio c’è come filo conduttore il miglioramento dell’autonomia favorendo l’accesso agli alloggi pubblici e privati e alle opportunità di lavoro.