Economia

Cesvi. Il cambiamento climatico "alimenta" la fame: 828 milioni i malnutriti nel mondo

Paolo M. Alfieri venerdì 4 novembre 2022

Un'immagine della mostra The Last Drop di Fabrizio Spucches, visitabile all’Acquario Civico di Milano da venerdì 4 novembre a domenica 11 dicembre 2022

Cambiamenti climatici, guerre e pandemia aggravano ancora di più l’emergenza fame nel mondo: nel 2021 il numero di persone malnutrite è salito a 828 milioni, 46 milioni in più rispetto all’anno precedente e 150 milioni in più rispetto a prima della pandemia di Covid-19, con effetti evidenti in Africa subsahariana, Asia meridionale, America centrale e Sudamerica. L’indice globale della fame (Global hunger index, Ghi), curato da Cesvi e presentato stamattina a Milano insieme a una mostra fotografica di Fabrizio Spucches, è redatto annualmente dalle due organizzazioni umanitarie Welthungerhilfe e Concern Wordlwide. L’analisi ha preso in considerazione 121 Paesi in cui è stato possibile calcolare il punteggio Ghi sulla base dell’analisi di quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni.

L’Indice Globale della Fame determina la fame su una scala di 100 punti, dove 0 rappresenta il miglior punteggio possibile (assenza di fame) e 100 il peggiore. Il punteggio di ogni Paese è classificato per gravità, da basso a estremamente allarmante. Secondo i punteggi e le designazioni provvisorie del Ghi 2022, in 9 Paesi la fame è di categoria allarmante e in 35 grave. I Paesi con punteggi 2022 di livello allarmante sono 5 – Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen – mentre altri 4 sono provvisoriamente classificati come tali nonostante non ci siano dati sufficienti per calcolarne i punteggi di Ghi: Burundi, Somalia, Sud Sudan e Siria.

L’Indice Globale della Fame 2022 quest’anno ha misurato a livello mondiale un valore di 18,2 – moderato (17,9 nel 2021). Il dato si mostra in leggero calo rispetto a 19,1 del 2014, ma anche in rallentamento rispetto al passato: il punteggio nel 2000 era 28, nel 2007 era 24,3. L’indicatore di maggiore impatto è rappresentato dalla denutrizione, dato che mostra un’inversione di tendenza dopo oltre un decennio di progressi. In continuità con il passato, si rileva che 46 Paesi non raggiungeranno entro il 2030 un livello di fame basso e che anche più in generale il dato mondiale non sarà più positivo. Attualmente sono 44 i Paesi con livelli di fame gravi o allarmanti e, tra quelle con fame di categoria moderata, grave o allarmante, 20 hanno punteggi Ghi più alti di quelli del 2014. «La situazione è in ulteriore peggioramento: le ultime stime di Fao-Wfp prevedono che 45 milioni di persone in 37 nazioni nel gennaio 2023 avranno così poco cibo da essere gravemente malnutrite e rischiare la morte», ha sottolineato Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi. «È inaccettabile – ha aggiunto – ed è necessario intervenire subito per invertire questa drammatica rotta».

Rispetto al 2014 la fame è aumentata in 20 Paesi di varie regioni del mondo, raggiungendo un livello moderato, grave o allarmante. L’incremento più deciso è del Venezuela, dove la fame è passata da 8,1 punti (bassa) del 2014 a 19,9 nel 2022 (tra moderata e grave). Secondo le conclusioni del GHI 2022, in 9 Paesi la fame è ora allarmante (tra cui Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen) e in 35 grave. In Etiopia, Somalia e Kenya, una delle peggiori siccità degli ultimi quarant’anni sta mettendo a rischio la vita di milioni di persone: 18,4 milioni di abitanti nel giugno di quest’anno vivevano una grave insicurezza alimentare. In particolare, in Somalia, si prevede che entro la fine dell’anno 1,5 milioni di bambini (il 45% del totale) soffriranno la malnutrizione acuta, di cui 386.400 di tipo grave, e che, entro settembre, 2,1 milioni di abitanti si troveranno in stato di emergenza alimentare e 213mila in stato di carestia.

Il Paese con il punteggio Ghi peggiore è lo Yemen con 45,1 (allarmante), a causa del conflitto interno iniziato nel 2015 e delle conseguenze della guerra in Ucraina, tra cui le difficoltà di approvvigionamento alimentare. Segue la Repubblica Centrafricana con 44 (allarmante), dove il 52,2% della popolazione è denutrito, dato più alto del mondo per il 2022, e la mortalità infantile è al 10,3%. Si registra indice 38,7 (allarmante) in Madagascar, dove, nel biennio 2019-2021, il 48,5% della popolazione era denutrito e nel 2021 il tasso di arresto della crescita infantile riguardava il 39,8%, con il 5% di mortalità sotto i 5 anni.

Ad aggravare il quadro incidono le conseguenze di cambiamenti climatici, guerre e pandemia. Il cambiamento climatico causato dalle attività antropiche sta provocando eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi, riducendo la disponibilità di cibo e acqua. Negli ultimi mesi si sono susseguiti forti alluvioni in Pakistan che hanno sommerso un terzo del Paese e ucciso almeno 1.300 persone, un supertifone in Giappone che ha costretto 9 milioni di persone a evacuare le loro case, un’anomala ondata di caldo che in Cina, Europa e Usa ha prosciugato i fiumi e provocato incendi boschivi. Secondo le proiezioni, i cambiamenti climatici rappresenteranno l’ostacolo chiave al raggiungimento dell’obiettivo 2 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, finalizzato a porre fine alla fame nel mondo entro il 2030.
Anche i conflitti armati, che ugualmente contribuiscono all’insicurezza alimentare, sono aumentati. Su 193 milioni di persone esposte a conflitti, 139 milioni hanno vissuto condizioni di insicurezza alimentare. Ai conflitti in corso, molti dei quali complessi, prolungati e spesso trascurati dall’occidente, si aggiunge quello in Ucraina, caratterizzato da un forte impatto su forniture alimentari e prezzi, oltre che da un forte legame tra guerra e fame.

La mostra


Il rapporto nell’edizione italiana a cura di Cesvi è stato presentato in occasione dell’inaugurazione della mostra fotografica “The last drop” di Fabrizio Spucches e con la curatela di Nicolas Ballario, che suggerisce un interessante spunto di riflessione attraverso un parallelismo fra il conflitto in Ucraina e l’insicurezza alimentare nel Corno d’Africa. Su uno sfondo di guerra, siccità, bombardamenti e fame, la provocatoria domanda: è più grave la morte di un bambino in Ucraina o quella di un bambino in Kenya? L’esposizione, curata da Nicolas Ballario, è visitabile all’Acquario Civico di Milano da venerdì 4 novembre a domenica 11 dicembre 2022.