Economia

Banca d'Italia. Il 5% delle famiglie italiane possiede quasi la metà della ricchezza

Ilaria Solaini lunedì 8 gennaio 2024

Si può dire che gli italiani si siano impoveriti? La Banca d’Italia, in collaborazione con la Bce, con un report sui conti distributivi riguardo alla ricchezza delle famiglie italiane ed europee sostiene che «i principali indici di disuguaglianza siano rimasti sostanzialmente stabili tra il 2017 e il 2022, dopo essere aumentati tra il 2010 e il 2016».

Ma c’è un dato che è in calo e che fa pensare a un possibile aumento della disuguaglianza economica e sociale che ha colpito le famiglie del nostro Paese: si tratta del valore mediano della ricchezza netta, che è sceso da quasi 200mila euro a poco più di 150mila euro.

Le famiglie italiane hanno visto questo calo della propria ricchezza, a partire dalla crisi dei debiti sovrani, senza più riuscire a tornare ai livelli di benessere e ricchezza del 2011. Complessivamente nell’area dell’Euro la ricchezza netta mediana ha raggiunto un minimo di circa 100mila euro nel 2013 per poi salire gradualmente fino a superare i 140mila euro nel 2022.

Nello stesso periodo, tra il 2011 e il 2022, l’indice di Gini, una misura sintetica del grado di disuguaglianza della distribuzione, di fatto ha avuto un andamento stabile, aumentando solo da 0,67 a 0,71. Invece, la quota di ricchezza netta posseduta dal cinque per cento più ricco delle famiglie è passata dal 40% al 48%, mentre il 50% più povero ne possedeva meno dell’8%.
Ciononostante l’Italia risulta sotto la media Ue per la concentrazione della ricchezza, sugli stessi livelli della Francia e dietro la Germania che appare «il Paese con il maggior grado di disuguaglianza in termini di ricchezza netta» si legge nello stesso report di Bankitalia.

Se si guarda alla ricchezza netta delle famiglie, si può leggere tra i dati un aumento nell’area Euro del 29% negli ultimi 5 anni, con dati di crescita migliori per chi possiede una casa rispetto a chi non è proprietario.


L’aumento della ricchezza delle famiglie è accompagnato solo da un modesto calo della disuguaglianza, in parte perché i proprietari di casa, che rappresentano più del 60% della popolazione, hanno beneficiato dell’aumento dei prezzi delle abitazioni. La ricchezza netta, per queste famiglie che possiedono un immobile, è aumentata del 27% negli ultimi cinque anni. Mentre la ricchezza di chi non è proprietario di casa (il 40% della popolazione) è salita solo del 17%.

Il 5% più facoltoso della popolazione, invece, ha visto calare “leggermente” la sua ricchezza tra il 2016 e il 2023, ma comunque possiede oltre il 43% di tutta la ricchezza delle famiglie della zona Euro.
Considerazioni analoghe valgono anche per il nostro Paese, dove la metà della ricchezza degli italiani è rappresentata dalle abitazioni: nello specifico, le case di proprietà rappresentano i tre quarti della ricchezza per le famiglie sotto la mediana, vale a dire per il 50 per cento più povero. Per la classe “centrale” o “intermedia”, che corrisponde a quelle famiglie, la cui ricchezza netta è compresa tra il 50° e il 90° percentile, gli immobili rappresentano il 70% del patrimonio. Mentre per quello che è 10% delle famiglie più ricche, la ricchezza prodotta dal patrimonio immobiliare rappresenta poco più di un terzo.

Se le famiglie meno abbienti, assieme alla classe media che si è vista erodere in questi anni patrimonio e potere d’acquisto, possono contare principalmente sui depositi e sul possesso dell’abitazione come fonte di ricchezza, maggiormente diversificato è il portafoglio delle famiglie più ricche «per le quali – si legge nel report di Bankitalia – quasi un terzo della ricchezza è rappresentato da capitale di rischio legato alla produzione, in altre parole azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione; mentre un quinto della ricchezza è costituito da fondi comuni di investimento e polizze assicurative».