Economia

Decreto Dignità. I manager bocciano le modifiche ai contratti a termine

Redazione Romana giovedì 2 agosto 2018
I manager pensano che le modifiche introdotte dal decreto Dignità sui contratti a termine danneggeranno le aziende e l’occupazione. Di fatto, la maggioranza dice che nella sua azienda le assunzioni con contratto a termine saranno disincentivate (62,3%, il 27,9% dice molto e il 34,4% abbastanza disincentivate), per il 33,9% resteranno invariate e per il 3,8% saranno incentivate. Chi pensa saranno disincentivate afferma a larghissima maggioranza (90,8%, quindi il 56,7% di tutti gli intervistati) che l’effetto sarà una diminuzione dell’occupazione complessiva nella sua azienda, solo uno su dieci (9,2%, 5,7% del totale) pensa invece che ci possa essere un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato.

Questo quanto emerge da un’indagine di Astraricerche per Manageritalia alla quale hanno risposto, dal 27 al 31 luglio via web, 578
dirigenti d’azienda, amministratori delegati, direttori generali e direttori del personale, quindi i decisori aziendali in fatto di assunzioni. Manager che hanno parlato a ragion veduta, visto che negli ultimi anni il 79,2% delle loro aziende ha utilizzato (31,3% spesso o 47,9% a volte) i contratti a termine in modo crescente al crescere della dimensione aziendale.

Una bocciatura, avvalorata anche dal fatto che tre quarti (74,4%) degli intervistati dichiara di conoscere il decreto Dignità (molto 23,4% o abbastanza 51%). Chi lo conosce di più lo apprezza di meno e questa valutazione negativa è più marcata tra i direttori del personale (93%) e aumenta al crescere della dimensione delle aziende (59% 1-19 dipendenti; 71% 20-249 dipendenti; 87% oltre 250 dipendenti). Quindi, aumenta al crescere dell’utilizzo dei contratti a termine, visto che le aziende più grandi sono anche quelle che, storicamente e dalle risposte date nell’indagine, utilizzano di più i contratti a termine.

Tra gli effetti della limitazione nella durata dei contratti a termine prevista dal decreto Dignità, più della metà dei manager intervistati (55,6%, molto 20,8% o 34,8% abbastanza) vede una riduzione degli investimenti formativi. Per quanto riguarda la reintroduzione delle causali a giustificazione del rinnovo del contratto a termine, i manager dichiarano a maggioranza (54,4%) che in passato, quando queste erano necessarie, non hanno mai avuto contenziosi, mentre il 39,7% denuncia di averne avuti a volte (30,8%) o spesso (8,1%).

Da ultimo, il tasto dolente delle situazioni di concorrenza sleale da parte di aziende che stipulano contratti irregolari con i loro collaboratori/dipendenti. Queste sono denunciate come presenti a volte/spesso dal 37% degli intervistati, mentre il 32% le nega, se non eccezionalmente, e il 31% dice di non esserne a conoscenza o di non voler rispondere. Una pratica che è più presente nel turismo.

«Con la nostra indagine – dice Guido Carella, presidente di Manageritalia – vogliamo dar voce ai manager, che sono sicuramente competenti e i decisori su questi aspetti, soprattutto nelle aziende medio-grandi, quelle di cui abbiamo più bisogno per ridare competitività e slancio alla nostra economia e al nostro sviluppo. Una mano tesa al Governo per lavorare al meglio, anche forti della competenza ed esperienza di chi tutti i giorni decide investimenti e assunzioni che hanno le principali ricadute sulla crescita dell’economia e dell’occupazione. Siamo ancora in tempo per intervenire e migliorare ulteriormente il decreto Dignità su questi aspetti determinanti e per avviare un dialogo con i manager e chi li rappresenta, sicuramente produttivo per la crescita dell’economia e del Paese».