Banche. Partenza faticosa per l'aumento di capitale di UniCredit
Una veduta della torre UniCredit, la più alta d'Italia (Ansa)
Chi non partecipa secondo le stime della banca subirà una diluzione del 72,22% della sua partecipazione. Sempre che la ricapitalizzazione abbia successo. Se le difficoltà dovessero essere superiori al previsto c’è comunque un ricco pool di oltre trenta banche italiane e straniere pronte a garantire l’operazione, capitanato dalla stessa Unicredit Corporate & Investment Banking assieme a colossi come Morgan Stanley e Ubs.
L’apporto reale di capitale per UniCredit sarà di 12,5 miliardi, perché le spese relative all’aumento ammontano a circa 500 milioni di euro «comprensivi di spese per consulenza, spese vive e delle commissioni di garanzia calcolate nella misura massima», come ha scritto la stessa UniCredit nella Nota Informativa sugli Strumenti Finanziari che fa parte del prospetto di aumento.
Tra i grandi soci, la Fondazione Cariverona (azionista di Unicredit con il 2,2%) ha deciso di sottoscrivere l'aumento al 73% (e quindi scenderà all’1,8%). La Fondazione Crt dovrebbe aderire per la quota pari al 2,3%. Il primo socio, Capital Research, azionista con il 6,7%, dovrebbe sottoscrivere tutti i diritti di opzione. Mentre non non si conoscono ancora le intenzioni di Mubadala investment company pjsc, il fondo sovrano di Abu Dhabi che ha il 5%, di BlackRock e la volontà della Banca centrale libica e del fondo sovrano Lia che hanno in totale circa il 4%. C'è poi Leonardo Del Vecchio, azionista al 2% attraverso la finanziaria Delfin, che dovrebbe partecipare per intero mentre Francesco Gaetano Caltagirone non avrebbe ancora deciso nulla.
Nella notte di venerdì 3 febbraio la banca ha risolto una delle principali incognite riguardo il suo piano di rilancio, trovando l’intesa con i sindacati l'accordo sui 3.900 esuberi previsti (oltre ai 6mila già stabiliti): le uscite saranno su base volontaria con incentivi, mentre vi saranno 1.300 assunzioni e la stabilizzazione di 600 contratti di apprendistato.