Economia

L'intervista. «Non bastano sconti e bonus. Ora servono gli investimenti»

Maurizio Carucci sabato 13 agosto 2016
Per Andrea Goldstein, managing director di Nomisma, la «risposta a un’economia stagnante può arrivare solo con gli investimenti». Dall’Olanda, dov’è in vacanza, interviene dopo la pubblicazione delle stime Istat per la crescita del Pil nel secondo trimestre del 2016.Cosa sta succedendo?In un panorama economico internazionale che si è fatto più complicato, l’Italia conferma le sue difficoltà di lungo periodo. Crescita congiunturale zero, come in Francia, ma molto al di sotto della Germania: la situazione dell’economia nazionale non può che destare preoccupazione. Soprattutto perché cala il valore aggiunto dell’industria, mentre dal lato della domanda il contributo della componente nazionale è lievemente negativo. Per l’ennesima volta, a tenere sono le esportazioni, favorite dal prezzo ancora debole dell’energia.Gli investimenti sono il vero rimedio?Non bastano più detassazioni o bonus per rilanciare i consumi. Questo tipo di intervento è servito per un certo periodo. Senza l’aumento dei salari, però, permane il rischio deflazione. Il nostro Paese deve invece recuperare la capacità di attrarre investitori dall’estero e anche dall’interno. Solo così il contesto può migliorare e diventare più dinamico.Come possiamo attirare capitali?Intanto deve cambiare l’atteggiamento degli italiani nell’affrontare la crisi. Con una variazione acquisita per il 2016 pari a un modesto +0,6%, lo spazio per una manovra espansiva ad autunno si riduce ulteriormente. Ecco perché dobbiamo puntare sugli investimenti, sia in beni materiali che immateriali. La crescita economica dell’Italia deve ripartire dalla competitività. Il governo deve capire che occorrono riforme strutturali. Gli investitori italiani e stranieri chiedono certezze. A cominciare dalla necessità di ottenere prestiti agevolati, anche se il nostro sistema bancario sta vivendo un momento difficile.Quindi servono riforme ancora più coraggiose?Non c’è alternativa a una politica economica nel segno delle misure strutturali e del recupero della competitività erosa da troppi anni di timidezza. Il ritardo nell’approvare la legge sulla concorrenza è emblematico: si teme di attaccare i poteri forti. In questo modo il mercato e i consumatori risultano danneggiati. Invece è necessario più coraggio. Con la liberalizzazione si può favorire l’afflusso di capitali. Gli investimenti possono rivitalizzare le imprese e crearne di nuove, garantendo posti di lavoro. I benefici ricadrebbero anche sui salari e sui consumi. In questo modo l’economia ripartirebbe.