Economia

Lavoro. Gli strumenti giusti per lo smart working

Pietro Saccò sabato 14 marzo 2020

Una tipica postazione di telelavoro: computer, telefono, una tazza di caffè

Molte delle organizzazioni che ancora non avevano voluto o potuto sperimentare forme di smart working o "lavoro agile" adesso si trovano a dover mettere in piedi rapidamente un qualche sistema che permetta ai collaboratori di continuare a lavorare senza essere fisicamente in ufficio. Non sempre è possibile.

Le stime dei consulenti del lavoro parlano di 8,3 milioni di italiani occupati in attività che si possono fare anche a distanza. Sono molti ma non moltissimi: il totale degli occupati italiani, secondo le ultime rilevazioni Istat, è di 23,3 milioni di persone tra dipendenti (18,1 milioni) e autonomi (5,2 milioni). Com’è ovvio, ogni lavoro è storia a sé, ma azzardando una generalizzazione si può dire che in generale tutte le occupazioni che consistono nel lavorare al computer su sistemi non eccessivamente complessi, cioè con programmi che possono girare su un normale pc, sono potenzialmente indipendenti dal luogo geografico in cui ci si trova.

La prima necessità per il neo-telelavoratore è ovviamente quella di avere un computer e una connessione potente e affidabile. Questo non dovrebbe essere un problema: il 67,1% delle famiglie italiane ha un personal computer, mentre il 75% ha una connessione a banda larga. Anche nelle Regioni dove la diffusione delle nuove tecnologie è più bassa, come Basilicata e Molise, le quote di disponibilità di connessioni veloci sono attorno al 67%. Oltre a computer e accesso alla rete occorrono i software per poter lavorare. Eventuali carenze dei programmi da ufficio sono spesso facilmente compensabili con l’intervento delle aziende, che possono offrire ai lavoratori le applicazioni necessarie per permettere di portare avanti l’attività.

Questa però è solo l’infrastruttura di base, davvero lo stretto indispensabile. Il passaggio successivo che tante aziende e lavoratori sperimentano in queste settimane è l’uso di software di collaborazione lavorativa, sistemi disponibili da qualche anno che le aziende più innovative hanno già imparato a utilizzare. lI primo software collaborativo per aziende ad avere successo è stato Slack, creato dall’omonima startup di San Francisco nel 2014. Slack assomiglia a una chatroom: uno spazio online con accesso a inviti dove i collaboratori di un’azienda si connettono e discutono delle attività da svolgere. Lo scambio di messaggi in tempo reale permette di risparmiarsi l’invio e la ricezione di decine di email. La funzione innovativa introdotta da Slack è la possibilità di creare dei canali specifici su cui organizzare il lavoro di gruppi di dipendenti: a fianco della chatroom generale ci possono essere anche centinaia di "stanze" dove si lavora, con numeri più ridotti, su progetti diversi. Nelle aziende dove Slack è ormai una presenza fissa ci sono anche stanze per le chiacchiere extra lavorative o per i programmi della serata. Tutto, sulla piattaforma, è pensato per agevolare al massimo il flusso di informazioni necessario alla collaborazione in azienda. Slack permette anche di integrare altri software, come sistemi di scrittura, calendari, posta e decine di altri servizi.


Qualche anno fa Microsoft, che con il pacchetto Office è da sempre l’indiscusso leader dei programmi per ufficio, aveva valutato se tentare l’acquisto dell’intera Slack (che dall’estate scorsa è quotata a Wall Street con la sigla WORK e oggi capitalizza 11 miliardi di dollari). L’operazione non sarebbe stata delle più agevoli e alla fine il colosso di Redmond ha scelto piuttosto di crearsi in casa la sua piattaforma collaborativa. Il risultato è stato Microsoft Teams, lanciato nel 2017 con Office365. Anche questo è un software che parte da una chatroom per permettere la collaborazione tra lavoratori a distanza. Come Slack, Teams permette anche di fare conversazioni uno-a-uno così come riunioni in teleconferenza tra decine di utenti. Lo scorso luglio Teams ha raggiunto i 13 milioni di utenti attivi ogni giorno, superando Slack (che dichiara 12 milioni di utenti quotidiani) e confermando il primato di Microsoft nei software per ufficio. Con l’emergenza coronavirus, l’azienda ha da poco deciso di offrire gratis per sei mesi alle aziende anche le funzioni a pagamento del servizio Teams, con «funzionalità complete per riunioni, collaborazione e flussi di lavoro».

Anche Google e Facebook stanno cercando di farsi spazio in questo ambito tecnologico che anche quando la crisi del Covid-19 sarà risolta continuerà la sua crescita. Google propone il servizio di conferenza Hangout Meet all'interno della piattaforma "da lavoro" G Suite: permette incontri video che coinvolgono fino a 250 persone e anche questo è stato reso temporaneamente gratuito per aiutare le aziende in difficoltà per l’emergenza coronavirus. Facebook ha lanciato nel 2016 Workplace: un’organizzazione può avere la sua versione "chiusa" del social network per ospitare le interazioni tra i suoi collaboratori. Nessuno dei due servizi, ad oggi, ha avuto un riscontro paragonabile a quello di Microsoft e Slack, a conferma che nel mondo digitale il primo che arriva con una soluzione che funziona "prende tutto" lasciando poco spazio per i rivali.