Economia

Il bilancio. Giovani, un anno vissuto senza Garanzia

Francesco Riccardi mercoledì 29 aprile 2015
Si può vedere il bicchiere mezzo pieno, come fa il ministro del Lavoro  Giuliano Poletti, per il quale l’Italia che partiva da zero con le politiche attive è riuscita ad avviare una macchina che sta dando risposte concrete ai giovani senza lavoro, «anche meglio che in altri Paesi europei ». Oppure vedere la metà vuota di quello stesso bicchiere di Garanzia giovani: gli impegni disattesi, le difficoltà delle Regioni, i ritardi nell’implementazione del programma. Ma forse per trarre un bilancio il più realistico possibile a un anno dall’avvio, il 1° maggio 2014, occorre guardare solo a due cose: i dati oggettivi da un lato e le impressioni dei ragazzi, i destinatari dell’intervento, dall’altro. Due aspetti che, purtroppo, parlano se non di un vero e proprio fallimento, quantomeno di un’operazione che per mantenere fede al suo nome di 'Garanzia' ha bisogno ancora di molti, molti interventi di aggiustamento. Di come i giovani hanno vissuto quest’anno testimonia il sondaggio svolto da Adapt e Repubblica degli stagisti. Quanto ai numeri, quelli parlano da soli. I DATI NAZIONALI  Stando al monitoraggio settimanale diffuso dal ministero del Lavoro, al 24 aprile erano 530.007 i giovani che si sono registrati. L’incremento, circa 10-15mila ragazzi a settimana, fa dire al ministero stesso che è ormai vicino il target prefissato di 560mila giovani Neet (quelli che non lavorano, né studiano, né sono in formazione) che si voleva e poteva raggiungere in base alle risorse disponibili. Significa – almeno teoricamente – che se la misura non viene rifinanziata chi si iscrive da ora in poi potrebbe non ricevere alcun servizio. Ma siamo ancora molto distanti dall’intaccare seriamente il bacino dei Neet tra i 15 e i 29 anni, che in Italia sono ben 2,2 milioni. Senza contare che molti, probabilmente la maggior parte dei giovani che ha aderito al programma, non era inattiva ma in cerca di lavoro o alla ricerca di una prima occasione dopo la fine di un ciclo di studi. In ogni caso, dei 530mila registrati solo 270.914 sono stati presi in carico (cioè hanno svolto almeno un primo colloquio con i Centri per l’impiego o le agenzie private convenzionate e sono stati profilati). Siamo a una quota del 58% (al netto di 69mila cancellazioni). Ma se si considera che il programma europeo prevede che questa prima tappa si svolga entro due mesi dall’iscrizione, la quota dovrebbe essere superiore all’80%. In ogni caso, almeno questa operazione è stata velocizzata in molte Regioni, mentre l’offerta concreta di un percorso di formazione, un tirocinio o un contratto vero e proprio rimane al palo. Secondo il ministero del Lavoro questa opportunità è stata data a 80.012 giovani, poco più del 17% dei registrati (sempre al netto delle cancellazioni). Se si considera che, secondo il programma europeo, l’offerta concreta doveva arrivare entro 4 mesi dall’iscrizione, questa quota doveva essere intorno al 66% o almeno il 50% se si volesse considerare un periodo più lungo di 2 + 4 mesi per colloquio e offerta. E I DATI DELLE REGIONI   Il ritardo, insomma, si avverte. Nonostante il ministero abbia sottolineato più volte negli ultimi report che i dati sono in forte accelerazione: le offerte ad esempio sarebbero cresciute del 40% nelle ultime 4 settimane. Specificando, però, che l’«incremento va letto unitamente al costante e progressivo consolidamento degli standard del sistema informativo che ha permesso di migliorare il flusso delle informazioni dai sistemi regionali a quello centrale». Stato e Regioni, infatti, hanno faticato a lungo a 'parlarsi' e il monitoraggio almeno finora non specifica la suddivisione per Regione delle proposte finali ai giovani. Non solo, i dati spesso non corrispondono ancora. Prendiamo il caso del Piemonte. Il report nazionale parla di 29.558 iscritti e 6.190 presi in carico. Ma per la Regione (che finora prendeva in carico solo coloro a cui era già in grado di dare una risposta) i presi in carico sono 7.136 di cui 3.500 avviati a un percorso di formazione, 3.536 hanno ricevuto una proposta di tirocinio o di lavoro e 100 inseriti in un percorso per l’autoimprenditorialità. Stesso discorso per la Lombardia. Secondo il report nazionale sono stati presi in carico 22.302 su 44.984 iscritti al 23 aprile; secondo la Regione 24.104 su 48.641 iscritti al 15 aprile; 25.246 su 50.280 al 24 aprile. Al di là della discrasia, la Lombardia evidenzia ora l’attivazione nel mercato del lavoro di 14.878 giovani (7.849 con tirocinio, 5.020 con un contratto a tempo determinato, 1.102 in apprendistato e 902 a tempo indeterminato). Piemonte e Lombardia sono due eccezioni positive, regioni nelle quali già esistevano politiche attive come la 'Garanzia giovani Piemonte' o la 'Dote unica lavoro'. Ma le differenze tra Regioni sono state notevoli e alcuni dati sembrano incoerenti. Secondo i monitoraggi regionali, infatti, Campania, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana, Umbria e Veneto avrebbero assicurato 47.418 proposte concrete ai giovani. Ma se si prende per buono il dato di 80mila del monitoraggio ministeriale, vorrebbe dire che tutte le altre 13 Regioni, tra le quali alcune molte popolose come Emilia Romagna, Calabria, Lazio, Puglia, Sicilia e Abruzzo avrebbero presentato ai giovani poco più di 32mila proposte concrete. Delle due l’una: o in alcune Regioni il programma è stato un vero disastro o i conti non tornano. LE OFFERTE SPONTANEE  Un aspetto che non sembra aver funzionato è quello dell’inserimento delle offerte di lavoro da parte delle aziende. Nella maggior parte dei casi si trattava delle inserzioni delle agenzie per il lavoro per contratti di somministrazione, che si trovano in molti siti o di ricerche del personale per nulla coerenti con il target di giovani ai quali dovevano essere riferite. O perché richiedevano anni di esperienza (fenomena- le la richiesta di «una coppia di governanti, marito e moglie, con pregresso servizio presso famiglie nobiliari o di alta borghesia», segnalata da Michele Tiraboschi) o perché si trattava di offerte di tirocinio per lavori veri e propri senza alcuna necessità di avere una formazione specifica (aiuto cameriere, banconista, venditore ambulante di gelati). I tanti accordi stretti con le associazioni imprenditoriali non sembrano aver dato risultati significativi, se non per qualche stage nelle grandi imprese para-pubbliche. I sindacati, da parte loro, si sono distinti per la loro presa di distanza dal progetto. Evidentemente i giovani che non lavorano non sono un soggetto interessante per le confederazioni. ALLA RICERCA DELL’OCCUPABILITÀSia chiaro: la Garanzia giovani non doveva risolvere il problema della disoccupazione giovanile. Nessuno poteva pretendere che fosse trovata un’occupazione per tutti. Ma ciò che doveva essere appunto garantita era una presa in carico, rapida e vera, dei giovani da parte dei servizi pubblici. Finalizzata ad aumentare il grado di occupabilità dei ragazzi. Questo è avvenuto solo in minima parte. Si sono resi evidenti, infatti, i deficit strutturali dei Centri per l’impiego e la dispersività delle 20 strategie regionali. Le politiche attive sono però uno dei pilastri ineliminabili di un moderno mercato del lavoro (non solo per i giovani visto il nuovo Contratto di ricollocazione). È urgente allora mettercisi a lavorare con idee e risorse.