Economia

Fisco. Fondazioni, «paghiamo troppe tasse»

Luca Mazza venerdì 26 settembre 2014
Le fondazioni in Italia? Penalizzate e trattate alle stesse condizioni dei 're Mida' della finanza mondiale. A denunciare una situazione diventata ormai insostenibile – che si tradurrà con un’inevitabile diminuzione dei contributi volti a finanziare le «attività di sostegno allo sviluppo sociale ed economico» – è stato Giuseppe Guzzetti. Il presidente dell’Acri e di Fondazione Cariplo ha alzato la voce per sottolineare le differenze tra quanto avviene sul piano nazionale rispetto al resto d’Europa: «Siamo gli unici che non prevedono alcun beneficio fiscale sui rendimenti degli investimenti delle fondazioni ex bancarie e delle associazioni non profit. Siamo passati dal 12,5 al 20% ed ora siamo saliti al 26». Guzzetti ritiene che si faccia di tutta l’erba un fascio, senza operare le opportune distinzioni. E ha utilizzato un paragone effica- ce per sostenere la sua tesi: «L’investimento nelle fondazioni viene tassato come quello del signor Soros o di Warren Buffet». Ai giudizi e alle percentuali, il numero uno dell’Acri ha affiancato un po’ di cifre: «Le fondazioni pagano 149 milioni di euro all’anno di tassazione e adesso ne sborseranno 50 in più. Si tratta di risorse che vengono sottratte alle nostre attività e ci impediscono di dare un contributo maggiore alla comunità».  A proposito di crescita, non profit e bene comune, ieri si è svolto a Roma un convegno proprio su questi temi, organizzato da Confindustria e Fondazione San Patrignano. Titolo dell’evento, tenutosi nella sede della confederazione in viale dell’Astronomia, 'L’economia sociale di mercato e la finanza sociale'. Economisti, politici, rappresentanti del mondo industriale e protagonisti del settore hanno concordato sull’obiettivo da raggiungere per garantire lo sviluppo (anche sociale) del Paese: il superamento della divisione che attualmente esiste tra profit e non profit. «Serve un’integrazione tra questi due mondi» ha affermato Letizia Moratti, coordinatrice della Fondazione San Patrignano. Per dare nuova linfa al non profit, inoltre, secondo Moratti è indispensabile mettere in campo strumenti finanziari innovativi, come i social impact bond, o seguire le strade legate al crowdfunding.  «Stati Uniti, Regno Unito, Olanda, Canada e Germania sono esempi da seguire – ha aggiunto Moratti –. In Italia c’è una consapevolezza che sta crescendo. Gli investimenti, tuttavia, da soli non sono sufficienti. Va cambiata la contabilità dello Stato. Perché non basta stanziare i fondi, ma bisogna farlo in base all’impatto sociale che hanno». Dello stesso avviso è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che si è soffermato sulla riforma del Terzo Settore avviata dal governo. «Abbiamo previsto un fondo rotativo con una base di partenza di 500 milioni. Sarà composto da una parte pubblica, ma vedrà coinvolti anche altri soggetti – ha detto Poletti –. Perché se si vuole avere successo, l’agenda di lavoro deve mettere insieme strumenti diversi ». Al superamento della separazione tra profit e non profit e all’utilizzo di strumenti finanziari a carattere sociale, si è detto favorevole anche Giorgio Squinzi: «Possono avere un impatto positivo sul benessere generale e su una coesione sociale che oggi è a rischio». Altro aspetto fondamentale, secondo il numero uno di Confindustria, è la costruzione di un nuovo welfare. «La realtà dei sistemi di welfare occidentali – ha avvertito – non sarà più come quella strutturata prima della crisi».