Economia

POLITICA ECONOMICA. Fmi, accordo storico: più potere a economie emergenti

sabato 6 novembre 2010
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) adotta la riforma proposta dal G20, accordando maggiori poteri di voto alle economie emergenti e facendo della Cina il terzo Paese più importante all'interno dell'istituto.«È una decisione storica, la più decisiva nei 65 anni di vita del Fondo e quella che rappresenta il maggiore spostamento di influenza in favore delle economie emergenti e quelle in via di sviluppo, riconoscendone un ruolo crescente nell'economia mondiale» afferma il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, commentando il via libera del board dell'istituto alla riforma della governance e delle quote, che prevede un raddoppio del capitale del Fondo e cambi nella ripartizione dei diritti di voto.La riforma «è stata un nodo che ha richiesto molto tempo ed energie negli ultimi anni, e sono contento che ora sia stato sciolto: il problema di lunga data della legittimità del Fondo è stato risolto» osserva Strauss Kahn, che ha fatto della riforma del Fondo la propria priorità sin dal suo arrivo alla guida dell'istituto nel 2007.L'accordo approvato dal board del Fmi prevede che il 6% dei diritti di voto venga trasferito dalle economie industriali a quelle dinamiche. E questo si traduce anche nell'affermazione della Cina al terzo posto in termini di diritti di voto, alle spalle di Stati Uniti e Giappone, e all'ascesa di India e Brasile nella top-ten dei paesi con maggiore voce.Della top-ten faranno quindi parte gli Usa, il Giappone, quattro economie europee (Germania, Francia, Regno Unito e Italia) e i Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Fra gli elementi più importanti della riforma, la soppressione del G5, ovvero dei Paesi che hanno diritto per statuto a un posto nel board: si tratta di Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna.Il board del Fondo viene confermato a 24 seggi, con l'Europa che rinuncia a due su nove. La riforma prevede anche che le quote dei membri aumentino, così da raddoppiare il capitale del Fondo a 755,7 miliardi di dollari.Per entrare in vigore, la riforma dovrà essere approvata dagli stati membri del Fmi: per il via libera servono almeno l'85% dei voti favorevoli. In alcuni Paesi sarà necessario che la riforma venga approvata per via legislativa. È il caso degli Stati Uniti. Strauss-Kahn non ritiene che la Camera americana, ora in mano ai repubblicani, ritardi l'approvazione.