Economia

TORINO. Fiat sale al 25% di Chrysler Sindacati divisi su Mirafiori

lunedì 10 gennaio 2011
La Fiat è salita dal 20 al 25% della Chrysler. La notizia è stata data dall'amministratore delegato Sergio Marchionne in un incontro con i giornalisti italiani a Detroit. Marchionne ha spiegato che è stata adempiuta la prima condizione per l'aumento della quota, quella relativa alla certificazione del primo motore con tecnologia Fiat per l'uso in America. «La possibilità di salire entro quest'anno al 51% c'è», ha aggiunto Marchionne. E sulle nuove scritte insultanti, apparse dopo la stella a cinque punte di ieri, l'ad di Fiat ha detto che «sono di sicuro fuori posto e riflettono una mancanza di civiltà che credo non sia opportuna per l'Italia. Siamo fiduciosi - ha spiegato - che l'aspetto razionale prevalga. Lasciamo fuori l'ideologia politica e facciamo qualcosa di buono per l'azienda e per i lavoratori come vogliamo fare a Mirafioni».Se a Mirafiori vincesse il no, per Sergio Marchionne «ci sono moltissime alternative». «Venerdì scorso - ha detto l'amministratore delegato della Fiat al Salone dell'Auto di Detroit - ero in Canada a Brampton per lanciare il charger della Chrysler. Ci hanno invitato a investire e aumentare la capacità produttiva. C'è un grande senso di riconoscimento per gli investimenti che abbiamo fatto là. Stanno aspettando di mettere il terzo turno, trovo geniale che la gente voglia lavorare, fare anche il terzo turno. Lavorare sei giorni alla settimana è una disponibilità incredibile, in Europa questo è un problema, Brampton è una possibilità, ma ce ne sono moltissime altre dappertutto come Sterling Heights».«La proposta per Mirafiori è di una chiarezza incredibile. Vogliamo mandare avanti la fabbrica e tutto l'indotto, solo questo. Cerchiamo di parlare di questo e non di altro. Non ho altre ambizioni al mondo». «Lo sviluppo del piano industriale per Mirafiori - ha osservato - è assolutamente chiaro. Vogliamo introdurre una piattaforma e una serie di modelli per mantenere l'occupazione ai massimi livelli possibili. Voglio fare vetture e farle bene. Se volete che non lo facciamo a Mirafiori, me lo dite e andiamo altrove». D'accordo il presidente della Fiat, John Elkann, per il quale «non si può dire che le condizioni per farlo non ci siano».«Con i sindacati americani si chiude l'accordo e si va avanti. Invece in Italia stiamo cercando di mettere insieme diversi punti di vista perché per ragioni storiche e ideologiche la gente non si riconosce nella nuova proposta della Fiat». «Nel 2015 - spiega Marchionne - discuterò le condizioni di lavoro con il sindacato Uaw. Hanno fatto tutta una serie di sacrifici per portarci qua e si aspettano di essere ricompensati. C'è una pace in fabbrica che ci dà la possibilità di sviluppare e di portare avanti il progetto industriale della Chrysler».«Possibilità di vendere? Nessuna, per il momento zero. Non si vende niente, assolutamente niente». L'amministratore della Fiat, Sergio Marchionne, concorda con John Elkann. «Chiuso il discorso Ferrari, chiuso quello di Iveco. Teniamo stretto tutto a cominciare dall'Alfa Romeo, resta nel perimetro di gestione, abbiamo investito troppo», osserva Marchionne. Nessuna necessità di vendere per ripagare il debito della Chrysler con il governo americano e con quello canadese? «Chrysler - replica Marchionne - non ha bisogno della Fiat in quel senso e la Fiat può fare quello che deve senza vendere niente. Aspettiamo il 27 per vedere i conti 2010».«ESSERE TRATTATI COSI' IN ITALIA È OSCENO»«La Fiat si sta sostenendo da sola e si sta assumendo rischi enormi, ha portato un altro costruttore in Italia. Essere trattati così è veramente osceno». Lo ha detto l'ad Sergio Marchionne a Detroit, parlando dei problemi nati sul piano per Mirafiori. «Ognuno fa le sue scelte. Se il risultato del referendum a Mirafiori sarà sotto il 51% - ha aggiunto - ritorneremo a Detroit» a festeggiare i risultati ottenuti negli Usa. Quanto al governo italiano, per Marchionne, «ha fatto quello che poteva. Ci ha dato sostegno e ha condiviso l'obiettivo che ci siamo posti. Non abbiamo chiesto nient'altro. La collaborazione economica con il governo che c'é stata qui negli Usa e in Brasile - ha osservato il manager italo-canadese - in Italia sarebbe stata interpretata come l'ennesima richiesta di aiuti al governo. La Fiat si sta sostenendo da sola assumendo rischi enormi ed essere trattati così in Italia è veramente osceno».LA STELLA A CINQUE PUNTEUna scritta contro Marchionne con la stella a cinque punte è stata tracciata, con vernice rossa a Torino su un grande manifesto pubblicitario nel centro cittadino, sul cavalcavia di corso Sommellier. Altre scritte sono state tracciate, sempre con vernice rossa e sempre con la stella a cinque punte, su due manifesti pubblicitari vicini al primo. Sul posto sono intervenuti gli investigatori della Digos che hanno avviato indagini.Secondo gli investigatori della Digos della Questura di Torino la stella a cinque punte non può essere tradotta immediatamente con collegamenti, più o meno diretti, con presunte o sedicenti Brigate rosse. A parere degli investigatori, si tratta di «una simbologia forte», non così «inedita» neppure negli ultimi tempi, usata comunque per «alzare il tono» e per attirare la massima attenzione. D'altronde - rilevano gli stessi investigatori - il dibattito sulla questione Fiat-Marchionne è a tinte forti anche a livello istituzionale, politico e televisivo, da non far meravigliare se alcune persone, magari anche tra i più giovani e comunque tra i cosiddetti antagonisti, cerchi di «calcare la mano». Il livello di attenzione da parte della Digos e delle forze dell'ordine nel loro complesso - hanno riferito fonti investigative - è comunque alto, soprattutto in considerazione del fatto che siamo a pochi giorni dal referendum di giovedì e venerdì prossimi sull'accordo su Mirafiori.La condanna per le scritte è stata subito unanime, a partire dalla Fiom e dalla Cgil («Netta condanna di ogni forma di violenza e di ogni forma di critica e di battaglia politica antidemocratica», in «un momento troppo delicato per dare spazio a provocazioni di qualsiasi natura e da qualsiasi parte provengano», con l'invito «a non cadere in trappole mediatiche o peggio folcloristiche»). Il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota invita a «non abbassare la guardia»; per il Pd non ci deve essere alcun «pretesto per la violenza, neanche simbolica», mentre per il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli «lo sdegno della sinistra è ipocrita».VERSO IL REFERENDUMIntanto riparte la produzione a Mirafiori, dopo tre settimane di cassa integrazione, a pochi giorni dal referendum sul futuro dello stabilimento, fissato per giovedì e venerdì prossimi. Da mercoledì saranno nello stabilimento tutti i 5.500 operai. I primi a rientrare, stamani, sono stati gli operai dell'Alfa Mito (300 con il primo turno, alle 6; altri 500 negli altri due turni della giornata).Ai cancelli hanno trovato tre diversi volantini: quello del fronte del sì all'accordo del 23 dicembre di Fim, Uilm, Fismic e Ugl («Mirafiori c'è, ora dipende da te»), quello della Fiom, presente con il camper metalmeccanico alla porta 2, che ha distribuito l'intero testo dell'accordo (70 pagine) con un commento, e quello dei Cobas («Siamo tutti Mirafiori, nessuna resa»).«La Fiom ha deciso di distribuire l'intero accordo - ha spiegato Federico Bellono, segretario generale delle tute blu torinesi della Cgil - perchè noi, a differenza degli altri sindacati, abbiamo deciso di fare le assemblee (in programma domani e mercoledì, ndr) e quindi abbiamo deciso di privilegiare l'aspetto informativo».«I lavoratori - ha sottolineato Vincenzo Aragona, segretario della Fismic Piemonte - sono consapevoli di come votare il 13 e il 14: sceglieranno il sì per tutelare l'investimento, l'occupazione, i diritti». Il volantinaggio proseguirà anche al cambio turno delle 14 e a quello delle 22. Davanti alla porta 2 di Mirafiori oggi pomeriggio è atteso il segretario generale Fismic, Roberto Di Maulo.ANCORA NESSUNA INTESA SU MIRAFIORIAncora nessuna intesa tra Cgil e Fiom sulla linea da adottare per l'accordo sullo stabilimento Fiat di Mirafiori, che verrà sottoposto a referendum dei lavoratori giovedì e venerdì. Ieri, dopo una riunione fiume delle segreterie, il leader della Fiom, Maurizio Landini, ha assicurato che «non c'è nessuna spaccatura» con la Cgil, ribadendo però che in caso di vittoria dei sì la Fiom non apporrà alcuna firma tecnica. D'altronde, ha spiegato, «l'evenutale firma tecnica non è stata particolare oggetto della discussione perchè c'è stato un pronunciamento del comitato centrale della Fiom e per noi quell'accordo resta non firmabile».«Il tema - ha sottolineato anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso - non è mai stato una soluzione tecnica, ma come garantire la libertà dei lavoratori di avere un sindacato e di eleggere i propri rappresentanti». Perché, ha proseguito, «continuamo a giudicare negativo» l'accordo di Mirafiori, «i lavoratori dovrebbero votare no». Dunque, il nodo resta quello delle iniziative da adottare nei prossimi giorni. Ed è proprio su questo che continuerà il confronto. Intanto, la Cgil ha confermato l'appoggio alla Fiom per lo sciopero generale indetto per il 28 gennaio: «La Cigl - ha precisato la Camusso - è impegnata con la Fiom per la massima riuscita dell'agitazione».Sul tema dell'accordo di Mirafiori è intervenuto anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, il quale è tornato ad auspicare una vittoria  dei sì al referendum «in modo da garantire questo importante investimento» che «consoliderebbe l'investimento nell'industria automobilistica e allo stesso tempo sarebbe una garanzia di posti di lavoro e di crescita dei salari».Per il vicepresidente di Confindustria con delega alle relazioni industriali, Alberto Bombassei, quello di Marchionne «non è un ricatto» ma sono «le condizioni minimali» per poter investire. E su questo ha aggiunto che «Marchionne finora ha fatto quello che ha detto e, se si è impegnato sugli investimenti, vi terrà certamente fede». Ma a surriscaldare il clima attorno alla vertenza Mirafiori sono state proprerio le scritte apparse a Torino contro l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, firmate con la stella cinque punte.LANDINI, VERTENZA APERTA, PARTITA PUO' ESSERE VINTALa vertenza sullo stabilimento Fiat di Mirafiori «è ancora aperta» e la partita «può essere vinta e risolta positivamente». Lo ha detto il segretario generale della Fiom Cgil Maurizio Landini nel corso di una conferenza stampa. Landini ha ribadito «il pieno sostegno della Cgil» sulla vertenza a partire dall'impegno nella riuscita dello sciopero del 28 gennaio. Il segretario generale Susanna Camusso sarà in piazza con i metalmeccanici il 27 a Bologna poiché l'Emilia Romagna anticipa di un giorno la protesta a causa di una festività. Landini ha annunciato a sostegno della vertenza contro l'accordo sullo stabilimento di Mirafiori firmato dagli altri sindacati una sottoscrizione straordinaria e una raccolta di firme. Landini ha ribadito che la Fiom non firmerà comunque l'accordo indipendentemente dal risultato del referendum del 13-14 gennaio.CAMUSSO, ACCORDO SBAGLIATO, LAVORATORI VOTINO NOQuello di Mirafiori è «un accordo sbagliato. È bene che i lavoratori si esprimano con un no al referendum». Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ai microfoni del Tg3. «Bisogna difendere il diritto dei lavoratori di essere liberi di poter scioperare e di votare i propri rappresentanti sindacali», ha affermato, sottolineando che per queste «ragioni saremo con loro - ha aggiunto riferendosi alla Fiom - allo sciopero generale del 28 gennaio».BONANNI, SE FIOM FOSSE MAGGIORITARIA AZIENDA GIA' ALTROVE«Dal mese di giugno la Fiom sta tentando di creare confusione nelle fabbriche con scioperi mal riusciti». Lo ha dichiarato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale se il sindacato dei metalmeccanici della Cgil «fosse maggioritario, e non lo è, avrebbe spinto la Fiat ad andarsene dall'Italia». Parlando a Mattino Cinque su Canale5, Bonanni ha aggiunto che «quando si parla di flessibilità si fa confusione. Marchionne ci ha chiesto una sola cosa: non meno salario, non taglio di alcuni diritti, ma solo di permettere una organizzazione del lavoro in grado di sfruttare al 100% gli impianti. I dipendenti lavoreranno otto ore come prima, ma in tre turni giornalieri, è tutto lì». Quanto infine alla ricomparsa della stella a cinque punte, Bonanni ha affermato che «purtroppo la storia d'Italia è stata sempre così: si comincia con le invettive, si continua con calunnie e minacce, ma dentro questo gioco di fantasmi ci possono essere situazioni torbide».STABILIMENTO TERMINI IMERESE RIAPRE DOPO CIGRiapre lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, dopo tre settimane di cassa integrazione: tornano in fabbrica 2.200 lavoratori dell'azienda e dell'indotto. Già dalla prossima settimana si prevede un nuovo periodo di stop alla produzione. Il 17 e il 24 gennaio i lavoratori saranno in cassa integrazione per l'intera giornata lavorativa, mentre dal 28 gennaio al 6 febbraio per una settimana. Intanto è atteso nei prossimi giorni l'incontro tra il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani e le organizzazioni sindacali sui dettagli dell'accordo di programma quadro e del piano di investimenti per il rilancio dello stabilimento siciliano, che la casa automobilistica torinese ha deciso di chiudere dal 1 gennaio 2012.