Economia

INTERVISTA. «Questa Italia ha bisogno di coraggio» La ricetta di Farinetti per il rilancio

Giuseppe Matarazzo martedì 5 novembre 2013
«Coraggio, sì. L’Italia ha bisogno di coraggio. E di galantuomini, capaci di dare il buon esempio. Di testimoniare, oltre che di raccontare la rivoluzione delle coscienze di cui ha bisogno il nostro Paese». Oscar Farinetti, patron di Eataly, il gruppo che sta portando nel mondo l’eccellenza del food e della tradizione gastronomica italiana, ha ricette «semplici» ma «profonde» per rilanciare l’economia. Ad astrusi algoritmi matematici e complicate manovre finanziarie, risponde con un mix straordinario di coraggio e di ottimismo, di valori e di onestà. Le curve della crescita partono da qui. Idee che Farinetti ha raccolto girando l’Italia per incontrare i dodici grandi del vino (in libreria con «Storie di coraggio», edito da Mondadori). «Sono loro i migliori testimoni del coraggio – aggiunge –. Storie "normali" ma speciali, autentiche, di chi lavora nei territori, ha una grande passione e la coltiva fino in fondo».Esempi di coraggio, ma non solo?Il coraggio non è soltanto saper superare le paure e avere determinazione. Ci vogliono anche rispetto e senso civico. Servono bontà e onestà. Senso di responsabilità. E una grandissima dose di ottimismo. Tutte qualità che ritrovo nel mondo del vino. E che per me rappresenta l’immagine di un’Italia che può farcela.I numeri del nostro Paese non sembrano però così ottimistici. Fotografano più il declino...Il declino dell’Italia è cominciato secoli fa. Ma in mezzo ci sono stati periodi di grande creatività. Ci sono stati il Rinascimento e il boom economico degli anni Cinquanta. L’Italia resta un grande Paese, e se i numeri sono negativi, vuol dire che abbiamo grandi opportunità di crescita.Ma come si fa a essere ottimisti?Innanzitutto è un atto di egoismo verso sé stessi, per vivere meglio. Che non significa dire che va tutto bene. Ma che tutto è migliorabile. Che i problemi sono risolvibili. Significa godere di ciò che hai e, come insegnava Winston Churchill, non arrendersi mai.Tradotto in politiche economiche?Non farsi scoraggiare dai trend negativi, ma guardare alle nostre potenzialità. Non a quello che stiamo perdendo, ma a quello che possiamo conquistare. Abbiamo il più grande patrimonio artistico del mondo, ma i francesi accolgono più turisti? Abbiamo il meglio dell’agroalimentare ma gli olandesi esportano di più? Invece di piangerci addosso, possiamo impegnarci per cambiare i numeri e i risultati.Quali sono i punti di forza del nostro Paese?L’Italia ha cinque vocazioni: l’agroalimentare; la moda e il design; il patrimonio artistico; l’industria manifatturiera e di precisione; il turismo. Basta mettere a capo di queste macro aree persone competenti e perbene e il gioco è fatto.Illuminante. Ma anche utopistico, in questa Italia.Dobbiamo provarci, la strada è obbligata. Veniamo da decenni brutti, dove l’Italia non ha perso solo punti di Pil, ma soprattutto valori. La caduta dei valori, delle regole, del rispetto: questo sta uccidendo il nostro Paese. Per cambiare davvero dobbiamo cambiare le coscienze. E non si può fare con una legge. Si fa con le testimonianze. La rivoluzione culturale deve essere condivisa, popolare. Si fa con il buon esempio.Una ricetta morale, dunque.La partita si gioca su questo livello. E in questo la Chiesa ci dà un grandissimo insegnamento. Nel pieno delle difficoltà c’è un Papa, Benedetto XVI, che compie un grande atto di amore con la sua rinuncia, e c’è il successore, Francesco, che conquista tutti dal primo «buonasera», con uno stile e dei gesti che meravigliano. Testimoni di una Chiesa che sa rinnovarsi. L’Italia ha tanto da imparare dalla Chiesa.Persone giuste e ottimismo?Con le infinite meraviglie dei territori, con i vini e le storie che l’Italia sa esprimere, non possiamo non essere ottimisti. E sa un’altra cosa?Dica.L’ottimismo è contagioso. Genera altro ottimismo. E ti fa trovare entusiasti compagni di viaggio. Questa Italia ce la può fare. Basta un calice di coraggio.