Economia

Economia. Economia, scienza della felicità

MARCO GIRARDO martedì 15 marzo 2016
Ci è arrivata persino la regina delle 'scienze dure', la Fisica, a capire che alla base di tutto c’è la 'relazione'. Scavando nei segreti ultimi della materia, oltre le particelle elementari, la meccanica quantistica afferma che non c’è realtà senza relazione fra sistemi fisici. Di più: sono le relazioni – interazioni e processi – che danno origine alla nozione stessa di realtà, che determinano le 'cose', a partire dai mattoncini più piccoli di cui son fatte. Negli ultimi anni ci sta per fortuna provando anche la 'scienza triste', l’Economia, a ritrovare la strada che permette di superare quel suo tipico sguardo di sorvolo, capace solo di quantificare, per andare al cuore del problema: non è la mera crescita della ricchezza l’oggetto di studio e il fine delle politica (economica), ma lo sviluppo del benessere e della felicità, essenzialmente beni relazionali. Beni comuni. Roma per tre giorni sarà la capitale di questo cambio di paradigma. Che allunga per altro le sue radici nel pensiero italiano, nella Napoli di Antonio Genovesi, fondatore dell’«Economia civile», e nella Milano di Pietro Verri, il quale definì la nascente disciplina 'Scienza della pubblica felicità'. Studiarne le determinanti per capire meglio il benessere – ed individuare quindi fattori rilevanti trascurati dalle misure tradizionali, a partire dal Pil – è esattamente l’obiettivo del quarto «Rapporto Mondiale sulla Felicità». Domani la presentazione presso il centro convegni della Banca d’Italia, all’interno delle iniziative della «Happiness Conference 2016». Il Rapporto, alla cui stesura hanno contribuito le Università Tor Vergata e Lumsa, è fondato sull’indagine Gallup, l’unica a disporre di dati qualitativi a livello individuale su quasi tutti i Paesi del mondo. Come funziona? Individua sei variabili, in grado di intercettare il 75% delle differenze di felicità tra gli abitanti del pianeta. Misura inoltre le diseguaglianze di felicità, la variazione delle diseguaglianze e il loro rapporto con la felicità individuale, indicando anche la classifica dei Paesi sia in termini di livelli di felicità media sia di tassi di variazione (quelli con maggiori aumenti e riduzioni). Mostra infine in che modo la politica ha un impatto rilevante sulla felicità. «Chi punta solo sul Pil rischia di avere brutte sorprese – spiega Leonardo Becchetti, tra gli organizzatori della Conferenza – : le recenti elezioni irlandesi, in cui il governo è stato sonoramente sconfitto nonostante una crescita sulla carta del 7%, lo dimostrano chiaramente. La soddisfazione di vita è una misura sintetica a cui la politica e i media dovrebbero fare particolare attenzione, perché in grado di catturare tutti i fattori che incidono sulla soddisfazione dei cittadini ». Per Luigino Bruni è molto importante che quest’anno il Rapporto, realizzato dagli studiosi del Sustainable Development Solutions Network, venga presentato in Italia: «Tanto il nostro Paese – afferma – quanto l’Europa hanno un bisogno enorme di bene comune. L’aumento delle diseguaglianze ci sta dicendo ormai da tempo che il bene dei singoli cittadini più ricchi può crescere a scapito dei più poveri». Insomma: non si può certo essere felici da soli, perché l’economia è relazione e la felicità è una forma alta di bene comune.