Economia

La svolta di Draghi. La Bce prepara 1.000 miliardi

Pietro Saccò sabato 5 aprile 2014
Al  quantitative easing  della Banca centrale europea manca un ingre­diente essenziale: qualcosa da comprare. È stato lo stesso Mario Draghi ad ammetterlo nella conferenza stampa di giovedì, quella in cui ha rivelato che tra i membri del direttivo della Bce c’è unani­mità sulla possibilità di usare strumenti “non convenzionali”, compreso l’allenta­mento quantitativo, cioè la creazione di moneta attraverso l’acquisto di titoli di de­bito. Draghi ha fatto capire che l’allentamento quantitativo che hanno in mente alla Bce servirebbe principalmente a fare arrivare denaro fresco alle imprese della zona euro. Tutte le politiche espansive adottate dalla Banca centrale in questi anni di crisi, in­fatti, non ci sono riuscite. Il taglio dei tassi fino al minimo storico, i prestiti Ltro, la pro­messa del piano Omt per gli Stati in diffi­coltà: le mosse della Bce hanno aiutato le banche a evitare una drammatica crisi di li­quidità e gli Stati a ridurre in maniera dra­stica il costo del loro indebitamento. Ma le famiglie e le imprese, soprattutto nella “pe­riferia dell’euro”, continuano a finanziarsi con molta fatica e a prezzi alti.  Ecco perché una misura drastica come il  quantitative easing,  che avrebbe convinto anche i tedeschi, avrebbe senso solo se riu­scisse a finanziare la cosiddetta 'economia reale”. Lo strumento per farlo, Draghi lo ci­ta esplicitamente, sarebbero gli Abs, i deri­vati che le banche costruiscono mettendo assieme i crediti concessi per poi “cartola­rizzarli”, cioè venderli. Il problema è che il mercato europeo degli Abs praticamente non esiste più: con soli 65,4 miliardi di dol­lari di nuovi titoli il 2013 è stato il suo se­condo anno peggiore dal 1998. Il secondo dopo il 2009, l’anno del panico da crisi sca­tenato dagli Abs pieni di mutui  subprime a­mericani  che popolavano i bilanci delle banche di mezzo mondo. Diversamente dagli Stati Uniti, l’Europa non si è più ri­presa  da quel terrore. La Bce però ci sta lavorando. Vuole ripor­tare il mercato della cartolarizzazioni in u- na condizione di funzionamento “norma-­le”, in cui gli Abs siano relativamente sem­plici e quindi chiaramente valutabili. La re­visione degli attivi delle banche, partita al­l’inizio di marzo e da concludersi durante l’estate, avrà un ruolo decisivo in questo senso. Una volta che il mercato sarà ripar­tito, la Banca centrale potrà intervenire comprando, con euro “freschi”, i titoli che mettono assieme i crediti concessi alle im­prese europee. Sarebbe il “quantitative easing” di Draghi, e per essere efficace dovrebbe essere mas­sicio. Magari non mastodontico come quel­lo da 4mila miliardi di dollari della Federal Reserve americana, ma nemmeno troppo minuto. Secondo indiscrezioni riportare ie­ri dal quotidiano economico tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung gli econo­misti della Bce avrebbero calcolato che se la Banca centrale comprasse debiti privati per mille miliardi di euro otterrebbero un aumento dell’inflazione compreso tra gli 0,2 e gli 0,8 punti percentuali. Mille miliardi in più in circolazione po­trebbero bastare ad aiutare le economie più fragili della zona euro a combattere la de­flazione, grande spauracchio d’Europa. A febbraio, secondi i dati raccolti dall’Euro­stat, l’indice dei prezzi era in calo in Grecia, Slovacchia, Croazia e Portogallo. Spagna, Irlanda e Italia si stanno pericolosamente avvicinando all’inflazione-zero, il tasso me­dio della moneta unica è un +0,5%, un rit­mo dimezzato rispetto alla fine del 2013. Se i prossimi dati sull’inflazione – attesi per il 30 di aprile – non dovessero mostrare u­na svolta la Bce potrebbe accelerare e pre­disporsi a lanciare il suo allentamento quantitativo nei mesi estivi. Gli investitori ci scommettono, e si prepa­rano comprando ancora di più titoli di Sta­to periferici. Ieri il tasso dei Btp è precipi­tato di 9 decimi, al 3,15%, nuovo minimo storico. Ora siamo a 162 punti di distanza dal Bund tedesco. Da gennaio il rendimento è sceso quasi di un 1%. Un calo che per il Tesoro significa più o meno 2-3 miliardi di euro di interessi risparmiati, ogni anno, sui 300 miliardi di Bot e Btp da raccogliere da qui a dicembre.