Economia

L'inchiesta/6. Karim torna in Senegal da imprenditore

Francesco Dal Mas martedì 22 dicembre 2015
Ventidue dicembre, ultimo giorno di lavoro nel «gigante del freddo» per Karim Camara, nato in Senegal 45 anni fa, povero e contadino. Con i 50mila euro di incentivo alle dimissioni, pardon all’autoimprenditorialità dall’Electrolux, e con l’aggiunta del Tfr, avvierà nella sua regione, la Bassa Casamas, un’azienda agricola, con 6 dipendenti, più altri 15 stagionali. Coltiverà dal riso agli ortaggi, dal frumento ai mango che venderà sia nella vicina città di Kedougou, sia a quella «miniera d’oro» – così la definisce – di una multinazionale americana.  Il Governo potrebbe aiutarlo, perché cerca in tutti i modi di favorire l’insediamento agricolo. E la Regione Veneto, come assicura l’assessore Elena Donazzan, potrebbe fare altrettanto, incentivando questi percorsi a ritroso per quelli immigrati che volessero rientrare. Oggi gli amici operai gli faranno una grande festa, l’azienda pure. Molti hanno giurato che andranno a trovarlo proprio laggiù, nei suoi campi. Lui dice che continuerà a frequentare l’Italia, «non da povero contadino come sono arrivato, ma da piccolo imprenditore». Imprenditore di ortofrutta. Una vita di sacrifici, quella di Karim Ultimo di quattro fratelli, sposato con 4 figli di 5, 8,11 e 24 anni, due maschi e due femmine, i primi tre studenti delle scuole coraniche, la più piccola in una cattolica, anche se mussulmana, Karim non vede l’ora di ritornare  definitivamente in famiglia, a cui è molto legato. Arrivato in Italia via Parigi nel 2000, con visto turistico, il giovane ha fatto l’ambulante a Milano e, fortunosamente, è approdato in seguito all’Electrolux. Per 14 anni ha lavorato in una linea di premontaggio, tra i frigo, fianco a fianco con un collega, pure lui migrante, cinese. «Un affiatamento che non ha visto mai screzi – confessa, sorridendo –. Un lavoro semplice che mi ha permesso di realizzare il sogno di coltivare quella terra che sono riuscito a mettere insieme, metro dopo metro». In questi anni di risparmi il metalmezzadro senegalese ha conquistato 40 ettari, tutti coltivabili, con una stalla e una quindicina di mucche da latte. La moglie e la cognata a coordinare l’attività. E lui quassù a montare frigo. Aiutato da Fabrizio, un contadino di Noale, in provincia di Venezia, che gli ha insegnato come utilizzare trattori, frese, sarchiatrici, aratri, seminatrici, pompe acqua e quant’altro serve al lavoro nei campi, Karim ha acquistato i macchinari già usati – quelli nuovi non poteva permetterseli – che spedirà con container nel suo Paese, per rimontarli pezzo su pezzo. Già li conosce come fossero le componenti dei frigo maneggiati per 14 anni. Sarà lo stesso Fabrizio a spedirgli i pezzi di ricambio che eventualmente gli serviranno. Ed è pronta a collaborare anche la ditta di macchinari.  «Ringrazio l’Italia per avermi dato un futuro… a casa mia. Sono stati 15 anni di sacrifici, ma la soddisfazione di aver raggiunto il traguardo della vita, e della famiglia, è inappagabile». Per evitare licenziamenti dei lavoratori in esubero, Electrolux sta praticando da anni la strada degli incentivi, ma con un successo inferiore alle aspettative per le tute blu che avessero voluto tentare l’avventura imprenditoriale. «Karim, però, farà da battistrada», assicura Augustin Breda, delegato Rsu.