Economia

INTERVISTA. Il ministro cipriota: crescita zero nell'Ue, emergenza sociale

Luca Geronico venerdì 8 giugno 2012
Tutto in salita il prossimo semestre per Cipro, dal primo luglio presidente di turno dell’Unione Europea. A una manciata di giorni dal nuovo voto di Atene, l’isola si prepara a guidare tutta l’Europa oltre i marosi della crisi finanziaria. La crescita è la “nuova frontiera” mentre la vecchia frontiera, segnata dal muro che delimita ancora i territori occupati dai turco-ciprioti, resta una promessa non esaudita di pace con la Turchia nella nuova Europa. Promessa in stallo, come i negoziati con Ankara, ma è la crisi globale a preoccupare il ministro degli Esteri cipriota Erato Kozakuo-Maurcoullis, mercoledì a Roma per firmare un accordo con il sovrano Ordine di Malta.Ministro Kozakou-Mercoullis, è reale il rischio che Atene esca dall’euro?La crisi economica sta colpendo, più o meno tutti i nostri Paesi: Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e Cipro e per questo dobbiamo insieme cercare la soluzione. Questa è la priorità della nostra presidenza: costruire politiche sostenibili fra gli Stati. Atene sta probabilmente affrontando i peggiori effetti e noi rispetteremo il voto dei cittadini greci il 17 giugno: la speranza, certo, è che adottino le soluzioni giuste.Anche perché la crisi finanziaria greca ha ripercussioni dirette su Cipro...Vi è l’esposizione di una della delle nostre banche, la Banca popolare di Cipro, con i bond del governo greco. Una difficoltà che riguarda solo il settore bancario, gli altri settori sono sotto controllo. L’anno scorso abbiamo preso importanti misure di austerità riducendo il deficit dal 6.5% al 5.5% mentre il debito pubblico è al 72%, uno dei più bassi in tutta l’Unione. Ovviamente anche per noi è necessario introdurre delle misure che producano più crescita e ci aspettiamo molto dal Consiglio europeo del 28 e 29 giugno.Il dibattito verte attorno al binomio rigore-crescita. Qual è l’obiettivo specifico della presidenza di Cipro?Una crescita sostenibile, con interventi concreti perché una disciplina di bilancio, politiche fiscali rigorose sono molto importante, ma le misure di austerità non bastano. Quanto avviene in Grecia, Spagna, Portogallo prova che dobbiamo supportarle con un progetto di sviluppo: centinaia di migliaia di cittadini europei disoccupati, il 55% dei giovani in Spagna, il 25% dei giovani a Cipro sono dati inaccettabili. Siamo di fronte a un problema sociale non solo economico che affligge tutte le nostre società.Resta poi la questione della riunificazione di Cipro. Van Rompuy ha auspicato una «storica riconciliazione». Dopo il fallimento del referendum del 2004, la vostra presidenza apre una reale possibilità?La nostra presidenza non riguarda i negoziati per la riunificazione di Cipro ma la promozione delle politiche comunitarie, cosa che faremo. Premesso questo, la questione di Cipro è l’esito dell’occupazione da oltre 40 anni del 47% del territorio della Repubblica di Cipro, ora anche territorio dell’Ue: 200mila cittadini dell’Ue non possono tornare alle loro case mentre si registra l’insediamento di circa 300mila coloni dalla Turchia, il triplo rispetto dai turco-ciprioti autoctoni (90mila). La Turchia ha il controllo di questa parte dell’isola con i coloni e con 45mila militari. Intanto continua l’inaccettabili distruzione dell’eredità culturale dell’isola, uno dei più antichi insediamenti della cristianità. Questo nonostante un accordo che impegna a unire Cipro in uno stato federale e a cui noi ci siamo pienamente attenuti. La recente leadership turco-cipriota e la Turchia operano per formare due stati separati che si possono unire solo in una confederazione. Di recente la Chiesa ortodossa ha denunciato una serie di violazioni della libertà religiosa in particolare nella penisola di Karpasia. Un nuovo nervo scoperto?Violazioni non nuove, come dimostra l’esodo dei 20mila cristiani nella penisola di Karpasia ridotti ora a circa 300. In particolare a Pasqua al vescovo Christoforos, inserito in una lista nera, è stato impedito di raggiungere la sua comunità. Cipro ha denunciato questa situazione a tutti i governi e siamo molto grati alla Santa Sede per tutto il suo aiuto, come per il sostegno giunto dall’Italia, dagli Stati Uniti e da molti altri Paesi.Ministro Kozakou-Marcoullis, con questi segnali di tensione, pensa che sia possibile un futuro della Turchia nell’Ue?Nel 2004 a Cipro si è dibattuto molto se appoggiare la candidatura della Turchia nell’Ue e noi siamo favorevoli a un ingresso di Ankara nell’Unione perché pensiamo possa favorire una sua trasformazione, come del resto è avvenuto per il nostro ingresso nell’Ue. Noi vogliamo la Turchia nell’Ue, ma è Ankara che dimostra con il mancato rispetto del protocollo di Ankara che chiede il riconoscimento della Repubblica di Cipro e con lo stallo degli altri capitoli negoziali di non voler procedere. Il negoziato è bloccato penso perché non c’è da parte di Ankara una reale volontà di assumere le responsabilità necessarie a qualsiasi Paese candidato.