Economia

Happy Planet Index. Felicità: Costa Rica ancora al primo posto

Silvia Guzzetti venerdì 22 luglio 2016

​Il Costa Rica ha battuto gli Stati Uniti nella classifica dei paesi più felici del mondo per la terza volta consecutiva. La piccola nazione tropicale conferma che la ricchezza non garantisce automaticamente benessere. E' stato il centro londinese  "New Economics Foundation", dove è nato l'"Happy Planet Index", a misurare, ancora una volta, la qualità della vita di 140 paesi in tutto il mondo. Criteri usati la longevità degli abitanti e il rispetto che hanno per l'ambiente che li circonda. Insomma via dal Prodotto Interno Lordo verso il Bes, il benessere equo e sostenibile. Purtroppo l'Italia si colloca al sessantesimo posto, dietro la maggior parte delle altre nazioni occidentali. Benchè godiamo di una vita lunga - con una media di 82,7 anni siamo al terzo posto - arriviamo al cinquantunesimo posto per benessere e andiamo malissimo per impronta ecologica, il valore che calcola quante risorse naturali l’uomo ha bisogno e le confronta con la capacità della Terra di rigenerare quelle risorse. Collocati al centoseiesimo posto diamo un pessimo esempio quanto a distruzione del pianeta anche se peggio di noi fa il Lussemburgo e meno di un terzo dei paesi riesce a stare entro i propri limiti ambientali. L'Italia va molto meglio, invece, per quanto riguarda la disuguaglianza tra ricchi e poveri, un'altra misura chiave della felicità della popolazione. Il nostro paese si colloca in una buona posizione al ventottesimo posto. Insomma siamo una società nella quale le disparità sono ancora contenute. L'indice della felicità del mondo conferma che i paesi dell'America Latina, dell'Asia e del Pacifico possono essere più felici degli Stati Uniti e dell'Europa. Nel 2012 nove dei dieci paesi in cima alla classifica erano latino americani mentre questa volta quattro sono della regione Asia Pacifico, Vanuatu, Vietnam, Bangladesh e Tailandia. I paesi europei sono saliti nella loro posizione nella classifica a causa della crisi economica del 2008 che ha limitato la quantità dei consumi dei cittadini riducendo, così, anche il loro sfruttamento dell'ambiente che li circonda.