Economia

Buone pratiche. Così il welfare aziendale non diventa una iattura

Maurizio Carucci mercoledì 28 marzo 2018

«Rischiamo di rompere il giocattolo. Anche per colpa della scarsa preparazione di alcuni imprenditori, lavoratori, sindacalisti e società di consulenza. Vanno riviste le aree d'intervento in cui si muove il welfare e puntare su norme che definiscono i servizi che coprono i bisogni sociali, piuttosto che insistere sulla scontistica». Alberto Perfumo è autocritico. Il fondatore e amministratore delegato di Eudaimon esamina la situazione del comparto, al di là delle mode e delle tendenze, partendo dalla ricerca realizzata nel 2017 insieme con il Censis. Di recente ha pubblicato anche il libro Il welfare aziendale è una iattura. Spunti per un welfare aziendale efficace per l’azienda e per le persone (Libri Este).

Perfumo è sostenuto dall’esperienza che Eudaimon ha sviluppato nel welfare aziendale, maturata in oltre 16 anni di consulenza e supporto alle imprese, alle associazioni datoriali e ai sindacati. Il settore ha un valore potenziale di 21 miliardi euro se esteso a tutti i lavoratori del settore privato. Una "torta" che fa gola a molti e che spesso spinge a improvvisare pur di sfruttare la normativa vigente che consente sgravi fiscali: in pochi mesi si è passati da poche società specializzate a circa 90 piattaforme.

«Solo se il welfare aziendale si diffonderà nel tessuto produttivo italiano, composto dalle micro e piccole imprese - continua il manager - sarà in grado di svolgere il suo ruolo sociale e di porsi come elemento di produttività e di integrazione del modello di welfare del nostro Paese.
Il mio libro è una raccolta di spunti di approfondimento e di riflessione su un argomento che tira ma che, finora, è stato troppo spesso al centro di un dibattito superficiale. Sono spunti che possono essere utili sia alle imprese che ai lavoratori e alle loro organizzazioni di rappresentanza».

Purtroppo - secondo il Rapporto Censis-Eudaimon - solo il 17,9% degli occupati sa esattamente cos’è il welfare. Anche se per il 58,7% sono meglio le prestazioni degli aumenti retributivi. Favorevoli soprattutto i dirigenti, i laureati e gli occupati con redditi elevati, meno consenso tra operai e lavoratori con stipendi bassi, alle prese con una «fame» arretrata di reddito (+178% di famiglie operaie in povertà assoluta tra il 2008 e il 2016). I servizi più richiesti sono le polizze sanitarie e previdenza integrativa.

Forse anche per questo Eudaimon ha lanciato Altuofianco, un servizio progettato per rispondere ai bisogni di cura e assistenza dei lavoratori e delle loro famiglie: necessità socio-assistenziali personali e dei familiari, bisogni educativi dei propri figli, disorientamento nella gestione di situazioni legate al quotidiano.

«Vogliamo aiutare ad accompagnare il lavoratore nell’incrociare i propri bisogni con le risorse e le proposte del territorio - sottolinea il manager - orientando alla rete di servizi (pubblici e privati) e alle risorse economiche disponibili sul territorio. Altuofianco valorizza il capitale esperienziale di imprese sociali quotidianamente impegnate nella costruzione dei servizi socio-assistenziali ed educativi del territorio».

Gli ambiti del servizio vanno dalla richiesta di informazioni riguardo a specifici interventi assistenziali, fino alla ricerca di agevolazioni economiche e sussidi; ricerca di babysitter e servizi di cura per i più piccoli; assistenza specializzata – medica o infermieristica – per gli anziani o disabili; consulti psicologici ed educativi. L’offerta si declina in maniera specifica cercando la risposta sul territorio dove è presente il bisogno.

«Il servizio - precisa Perfumo -
è sviluppato attraverso la partnership con Rete ComeTe, diffusa su tutto il territorio direttamente o grazie a percorsi di collaborazione con altri consorzi e reti di cooperative. In questo modo, Eudaimon propone un modello di welfare aziendale basato su una logica di restituzione al territorio, che genera un circolo virtuoso per le risorse e gli attori che entrano nel sistema di welfare stesso».

«La cooperazione sociale – conclude il direttore di Rete ComeTe Alessandro Micich – si candida a diventare anello di congiunzione tra il welfare territoriale, espressione dei servizi pubblici locali in cui opera in regime di convenzione/accreditamento, e la ricerca di soluzioni professionali e qualificate nell’ambito del mercato privato mediante il sostegno e il contributo delle imprese. Il punto d’approdo è la ricomposizione delle risorse complessive a disposizione dei sistemi territoriali nella logica del principio di sussidiarietà».