Economia

L'intervista. «Così aiutiamo gli imprenditori in crisi»

Daniele Garavaglia sabato 19 marzo 2016
«Sa qual è il mio sogno? Che il 19 marzo, festa di San Giuseppe, diventi la festa di tutti gli imprenditori. Il padre putativo di Gesù era un piccolo imprenditore della Palestina, un artigiano del legno. E Gesù stesso, prima di iniziare la sua missione pubblica, ha lavorato e portato avanti l’azienda di famiglia. Noi imprenditori rivendichiamo la figura di san Giuseppe come patrono di tutti coloro che ogni giorno creano lavoro per milioni di persone. E che rappresentano ancora oggi una possibilità di futuro per i giovani»: ha le idee chiare Lorenzo Orsenigo, già titolare della Orsogril, società leader in grigliati e recinzioni metalliche per l’edilizia, che la crisi del settore delle costruzioni ha obbligato a un concordato. Dover cedere la propria attività per salvaguardare gli stipendi dei 180 addetti e le spettanze di tanti piccoli fornitori, ha portato Orsenigo a un bivio: accettare passivamente la fine dolorosa di una storia imprenditoriale giunta alla quarta generazione, oppure mettere a disposizione la propria esperienza per aiutare altri imprenditori alle prese con le conseguenze della recessione mondiale. «Ho scelto la vita, la speranza di una ricostruzione, la possibilità di una condivisione, perché per un imprenditore in difficoltà il primo rischio è la solitudine, il sentirsi abbandonato e lasciato in balia di derive tragiche o, nella migliore delle ipotesi, di professionisti privi di scrupoli che se ne approfittano». Così è nata l’Asgi - Associazione San Giuseppe Imprenditore, con sede a Como e una rete di imprenditori già aggregati in tutta Italia, che oggi ad Asti (vedi box) si presenta illustrando obiettivi e servizi. Perché è nata l’Asgi? Per ridare valore e dignità all’immagine dell’imprenditore, che per colpa di pochi disonesti è spesso considerato soltanto un evasore o uno sfruttatore del lavoro altrui. In realtà, il cosiddetto 'datore di lavoro' non ha mai goduto di buona considerazione neppure nei documenti della dottrina sociale della Chiesa. È forse difficile coniugare messaggio evangelico e produzione della ricchezza? Nei momenti più tormentati successivi alla fine della mia vita da titolare d’azienda, ho riscoperto la lettura del Vangelo e ho trovato qualcosa di nuovo, passaggi che non avevo mai considerato: in diverse parabole o nel racconto di alcuni episodi vissuti insieme agli apostoli, Gesù vede nell’imprenditore una figura positiva, non un ladro o uno schiavista. E mette in luce personaggi, come il padre del figliol prodigo, che vivono nell’agiatezza in quanto imprenditori e che sono autori di gesti di grande gratuità e carità. Di questo si parla nel Suo libro 'Rabbi. La buona imprenditoria nei Vangeli': è la premessa della missione dell’Asgi? Papa Francesco ha detto che il lavoro unge l’uomo di dignità. Giustissimo. Ma creare lavoro può ungere di dignità l’imprenditore? Noi pensiamo di sì e vogliamo aggregare attorno a questa premessa tutti quelli – agricoltori, artigiani, artisti, commercianti, professionisti e industriali – che conducendo la propria impresa nel rispetto delle leggi e, possibilmente, ispirandosi al messaggio evangelico, continuano a creare benessere economico e sociale. Oltre che un modello economico che continua a ritagliarsi le sue discrete quote nel mercato mondiale. L’Italia è ancora uno dei primi Paesi al mondo per surplus commerciale, grazie al valore delle nostre produzioni esportate. Quali sono i servizi proposti dall’associazione? Il primo, e credo anche il più urgente, è il Telefono Arancione (337.1654811), primo servizio di ascolto e aiuto gestito da ex-imprenditori, al quale possono rivolgersi imprenditori alle prese con situazioni di grave rischio personale o per l’azienda. Possono trovare consigli e il supporto gratuito di professionisti che, analizzando la situazione, suggeriscono soluzioni fattibili prima che la persona giunga a scelte tragiche. Vorrei solo ricordare che, dal 2012 al 2015, oltre un migliaio di persone si sono tolte la vita per motivi economici, e la metà erano imprenditori.