Economia

Indagine. Congedi parentali, confronto tra Paesi

martedì 27 dicembre 2016

Dividersi tra lavoro e famiglia o dover scegliere. È la difficile situazione che tanti neo genitori si trovano a dover affrontare, cercando di conciliare orari, disponibilità economica ed esigenze del bambino. Ma l’Italia è un Paese che aiuta i neo genitori lavoratori ad avere figli? Prendendo in considerazione i congedi e le remunerazioni, secondo l’analisi dello Studio legale Daverio & Florio, che in Italia rappresenta Innangard, il network internazionale specializzato nel diritto del lavoro, emerge come il sistema giuridico italiano, rispetto ad alcuni Paesi, è a tutti gli effetti tutelante, soprattutto per le donne.

Se la Gran Bretagna offre alle donne maggiori tutele per quanto riguarda congedi e retribuzioni, l’Italia è senza dubbio all’avanguardia rispetto ad altri Paesi come Francia, Spagna, Olanda, Germania. Non è così invece per i neo papà italiani, dato che al momento gli spettano solo due giorni: un numero nettamente inferiore rispetto ai francesi, agli spagnoli e agli irlandesi.

La ricerca ha messo a confronto esclusivamente la situazione sui congedi e sulla remunerazione in Italia e in vari altri Paesi (Francia, Regno Unito, Germania, Spagna, Irlanda, Olanda, Australia e Argentina), e non considera le politiche di welfare pubbliche e private.

«Nonostante il pensiero comune, il sistema italiano tende a tutelare la donna sul lavoro sia durante la gravidanza sia dopo il parto – commenta Bernardina Calafiori, socio fondatore dello Studio Legale Daverio & Florio -. Oltre al congedo obbligatorio di 5 mesi, periodo superiore a quello concesso da altri Paesi, pensiamo anche ai controlli prenatali in gravidanza, che il datore di lavoro deve concedere, o al divieto di licenziamento sino al compimento dell’anno di vita del bambino. Ma se l’Italia è allineata con l’Europa per le tutele femminili, c’è tanto da fare per i neo papà, anche se, grazie alla legge di Bilancio pubblicata il 21 dicembre 2016 sulla Gazzetta Ufficiale, la durata del congedo aumenterà a due giorni per il 2017 e a quattro per il 2018».

Nel nostro Paese alle neo mamme spettano cinque mesi di congedo obbligatorio (circa 21 settimane) retribuiti totalmente, a cui si possono aggiungere, su richiesta ed entro i 12 anni di età del figlio, ulteriori sei mesi (quasi 26 settimane) retribuiti al 30%. Inoltre, sono concessi permessi per allattamento pagati fino a un anno di età del bambino. Al rientro dalla maternità il datore di lavoro è tenuto a riaffidare la posizione, i compiti e le funzioni svolte prima del congedo. Per quanto riguarda le tutele in caso di licenziamento, esiste un periodo di protezione che va dall'inizio della gravidanza fino a un anno di vita del bambino. In tal caso la lavoratrice, qualora venisse licenziata, dovrà essere reintegrata.

Tra le nazioni esaminate, meglio solo il Regno Unito, che dà diritto a 52 settimane, di cui 26 obbligatorie e 26 aggiuntive, a prescindere dall’anzianità di servizio. La retribuzione, obbligatoria per le prime 39 settimane, è del 90% per le 6 settimane iniziali mentre per le successive 33 settimane lo stipendio non può superare le 139,58 sterline a settimana.

In Francia sono di norma solo 16 settimane, ma le tutele aumentano nel caso la lavoratrice madre abbia più di due figli (26 settimane) o se partorisca gemelli (34 settimane). In questo periodo si riceve un’indennità determinata sulla media degli ultimi tre mesi di stipendio, diminuito del 21%, ma non può superare i 3.218 euro. Le neomamme possono ottenere fino a tre anni di “congedo protetto” con sovvenzioni per baby-sitter a domicilio e assistenza ai bambini.


Anche in Spagna le settimane sono 16 e retribuite integralmente: di queste solo sei sono obbligatorie e da godere dopo il parto, le altre sono a discrezione della lavoratrice.

In Olanda 16 settimane obbligatorie pagate al 100%, a cui si possono aggiungere, fino agli 8 anni del bambino, ulteriori 26 settimane non remunerate.

In Germania le settimane di congedo sono solo 14, di cui sei prima della data prevista del parto e otto dopo la nascita del bambino. In caso di gemelli le settimane dopo il parto diventano 12. Per quanto riguarda lo stipendio, deve essere di almeno dello stesso importo calcolato sulla base di una media di 13 settimane di salario o degli ultimi tre mesi prima della gravidanza.

Spostandosi in altri continenti, come cambia la situazione? In Argentina sono previsti 90 giorni obbligatori (quasi 13 settimane), coperti completamente a livello economico, a cui è possibile richiedere un periodo non pagato di 3/6 mesi (quasi 13/26 settimane).

In Australia la lavoratrice ha diritto a una remunerazione solo se prevista da contratti individuali / collettivi. Dopo il parto sono previsti ben 12 mesi (circa 52 settimane) più altri 12 mesi (circa 52 settimane) non pagati. Tra i diritti della lavoratrice madre quello di chiedere la modalità di lavoro flessibile.

I Paesi europei offrono in genere maggiori tutele a livello di congedi, anche se in Italia la legge di Bilancio prevede che la durata del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente è di due giorni per il 2017 e quattro giorni per il 2018, che possono essere goduti anche in via non continuativa.

Nel Regno Unito, dove i neo papà che abbiano maturato almeno 26 settimane di lavoro consecutivo hanno diritto a una o due settimane di congedo, è allo studio la possibilità di far condividere i permessi parentali anche ai nonni che ancora lavorano.

La Francia prevede invece per il padre tre giorni facoltativi alla nascita e 11 consecutivi a scelta (diventano 18 in caso di parto plurigemellare o di adozione); la Spagna 13 giorni di congedo che dal 2017 potrebbero passare a 4 settimane; l’Irlanda 2 settimane di congedo (a partire dal mese di settembre 2016). La Germania, al contrario, prevede solo un giorno, salvo eccezioni previste da accordi individuali o collettivi.